Critica Sociale - XXIV - n. 20 - 16-31 ottobre 1924

308 . CRTTICA ,SOCIALE tà alla tendenza se.m,pre piitì f.ort,e di dare con– sistenza giuridica e, -anche, giudiziairia, ai rap– po:rti internazionali. Nove mesi di Governo la– bour1ista non ,sono .stati vani e ,sen21atraccia. L'opera, se pure appena abboz7.,a,ta,parla. Non è -stata costruita sulila sabbia, ma .sopra le a:s:pirazipini ,phì intime, ,pi'ù tenaci, più essen– zialmente vital:i -della ThIIl!anità. Perciò non 1sarà canoollata, neppure da una par ,ente.si di ritorno dei c01n 1 servatori. Il buon lavoratore ohe è Ram– .say Mac Don.a-Id, q9-ale che isia la pa,r,011~ del- 1'enimma chiuso neUe urne d1ella Gran Br,et– tagna, non sarà .passato ,senza av,ere marca 1 to ,pr-Qfondamente iil pl_asma dell'avvenire. CLAUDIO 'r'IlEVES. [ome ii ,uòottenern · la ri~nlmne · del prezzo del pane? ' . q,uando, nel fass;;ito marzo, in quasi tu~ta Ita– lia 11prezzo de pane fu, secondo le loeahtà, au– me:p.tato di 10 ·o 15 centesimi per chilogrammo, mi proposi di riesaminare il vecchio e sempre grave argomento di un'equa determinazione di esso prezzo. Ma erano vicine le cosidette elezioni generali politiche ed .un 'indagine ·su tale argo– mento, fosse pure serena e strettamente tecnica, poteva sembrare espediente esibizionistico verso gli elettori-consumatori. Conveniva pertanto dif. ferire, tanto più che etano già nell'aria novanta– cinque prob-:1bilità su cento di ulteriore aumento del già elevato prezzo ; e la dilazione poteva gio- . vare anche perchè, frattanto, si sarebbe delinea- · ·to in modo più chiaro l'atteggiamento delle mae– stranze aderenti ai Sindacati fascisti. Già una mia breve nota del .novembre 1923 (1), in cui si. fà– ceva l'a_ugurio che_i lavoranti 'fornai sapessero as- - surp.ere un atteggiamento.;ispirato · a una visione socialis~a deg-li interessi connessi al problema del– la pamficaz10ne, aveva dato occasione .ad osser- . vazio_niche J:?i ~onvinsero sussistere tuttora, negli stessi gruppi d1 operai panettieri che si dicono socialisti, una .ben ristretta concezione del gra– v1s(ì1moproblema e quindi occorrere ben precisi chiarimenti in proposito .. Vennero nuovi aumenti e - daiti i prevalenti criteri di politica 'econo~ica - bisognerà, pur– troppo! :3opportarne pross1mame1:ite qualche altro (2). 81 impone quindi' un più vasto esame delle regole fin qui seguite per determinare il prezzo del pane, richiamando necessariamente le strette con1;1essioni che il problema ha con quello della pro– duzione frumentaria nazionale, dell'industria mo-. litoria, delle moderne esigenze di lavorazione del dannoso moltiplicarsi degli esercizi di ·rivendita· del contratto di lavoro con le maestranze che oc; corre assolutamente rivedere. I criteri, che prevalevano nella arretrata indu– stria della panificazione, quando il pane era ven– du'to a prezzi oscillanti tra i 32 ed i 44 centesimi al chi!o '· più non valgono quando i prezzi sono balz~ti a L. 1.60 e L. 1.80 al chilo e non è. con– s~nt~to, dalla situazione finanziaria e da altre ra– g10m, sperare nè chiedere il ritorno - sia pur temporaneo - ad un prezzo politicò. Il rinnova– mento _d~llaindustria della panificazione si impo– ne, e s1 impongono anche altre provvidenze. (1) Ne La _Giu8t,izia del 25 e 28 Novembre 1923. · (2) Questo scritto è precedente al. provvedimento di sospensione del Bibliofeca t3fnnò t3iarit&ano e·in altri Comuni d'Italia. La nostra produzione frumentaria \ Il problema della· produzione del pane e rela– tivo giusto prezzo si è fatto sempre più grave dopo il 1916, perchè, nessuno fra noi, subitç> dopo la guerra, si è proposto « seriamente » la questio– ne della necessità di avere facile disponibilità della materia prima. · L'insperata abbondanza del raccolto nell'anna– ta agraria 1922-23 ha contribuito ad alimentare la nostra spènsieratezza su tanto _vitale argomen– to. Alcuni bevvero grosso, ed in istato di ebbrezza ritennero_ che, dopo la passeggiata fascista a Ro– ma, il fabbisogno Jru'mentario per l'Italia era ormai assicurato. Non badarono i gonzi che l'e– levato raccolto italiano si •ricollegava a una gene– rale elevazione del ·raccolto· in tutto il mondo; e auindi non sjgnificava a,ffatto un miglioramento della nostra situazione rispetto al problema del grano. . Il nostro fabbisogno medio ,di frumento per la panifi.c~zio~1e (escludendo quindi il grano du– ro necessario per la fabbricazione della pasta) s'aggira attorno' ai 60 milioni d1 quintali, che dànno circi 45 milioni di auintali di farina. N a– turalmente ·la aualità del frumento e il sùo ren– dimento in farina possono far aumentare o d'i.– minuire il fabbisogno. Gli stabilimenti di ma,ci– nazi'one meglio· organizzati hanno, fino al 1914, per ottenere la miirlior qualità possibile di fari– na per pane, fatto lare-o URO di miscele di grano nostrano con alcuni tipi di. grano russo, anche semiduri e teneri. Ma gli :wvenimenti posteriori al· 1914 hanno recato, anche nella, pratica delle industrie molitoria e panificatrice, un -grave scompiglio che in parte dura ancora, per la. iliffi– coltà di riorendere gl'i acalilisti sui mercati della , Russj!a del sud e Per la difficoltà di fare a,ppro– priate miscele coi tipi di grano importati dal nord . e sud America;. Si impope quindi la necessità di intensificare prontamente· la prodhzione nazionale, non gi4, però - intendiamoci' bene·- con l'estendere la superficie coltiv.ata a .grano, m'a col migliorare i sistemi ili coltivazione e col ,curare più razio– nalmente la scelta del ·senìe meglio adatto- a da– re un prodotto abhondante e ricco -di elementi favor~voli alla migliore panificazione. Pensiamo anzi. d'àccordo cot1 ..molti- esperti della ma,teria. che la supe,;-ficie coltivata ,a grano (attualinen·te -di circa 4 milioni e mezzo di ettari) possa esrner ridotta, purc;hè si abbia cura di scegliere zone vèramente adatte'. Se anche non si arriverà alla pro– duzione media, raggiunta in altri Paesi, di 25-30 quintali per etta,ro. si potrà in brevissimo temno salire dall'attuale bassissima media di 9-10 quin– tali ad una di. 17-18 anche quando la stao-ione sia sfavorevole. Cosicché, anche riducendo,., a 4 milioni di ettari lè terre coltivate a grano (3), si notrà arrivare ad una produzione di oltre 60 mi– lioni di quintali é limitare l'impòrtazione -ai gra– ni duri strettamente indispensabili pei pastifici: si recherà c;osì un forte e bene'fico contributo alla .soluzione anche del grave problema dei cambi. · · · La media accennata di 17-18 quintali è tut– t'altro. che eccessiva. Terreni anche inl)'rati ma, trattati con raz-i,onali accorgimenti ~ult~rali hanno g~à quest.'arn:;10 _re~? 15-17 quintali per e{ taro ed 1 terrem m1ghon. hanno dato rendimenti (3) SI deve però, mentre va maturando questa intensificazione della cultura, cercar di reagire contro la tendenza, manifestatasi in alcuni luo– ghi dell'Italia meridionale e insulare, a un rapido abbandono di molte terre coltivate a -grano, col pretesto che, soppresso il dazla sul grano, la· granicoltura non è più redditizia. Se pur questo è vero, non è per la sop– pressione del dazio d9ganale, ma per la Irrazionalità dei metodi culturali che debbono pertanto essere innovati.

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