Critica Sociale - XXXIII - n. 17 - 1-15 settembre 1923
!l6i CRITICA che l'imposta d1~1ane sul titqla_re di quella delle im· prese che è _colpito dalla imposta, e non può ,mai · esser trasmessa al compratore; quindi ·non entra nel costo di produzione. I suoi effetti sulla ~cono· mia dell'erede. possono essere uno di questi due:, o ridurre -il maggior reddito· che esso avrebbe ~ohse., guito cori_ la ere_dità, oppqre ·.(nel ca,i;;o eh.e egli vi- . vesse sul reddito del defunto) prende H posto dei , •consumi personali che faceva i1 defunto, e quindi ·non peggiora '1a ·sorte 'dell'-erede. In altri termini, mentre l'imposta sulla eredità (e sul-le donazioni) non colpisce il costo di produzione; essa, rion colpi· sce n:emmeno i consumi degli eredi, perchè, gròsso 'modo, inc~era quella. parte di capitale corrispon– dente ai consumi che già faceva il defunto, e che ora non fa più. Lo Statò,. in sostanza, prende il posto, col tributo, di quella bocca mancante, e si limita ad evitare un locupl:etamento ille,gittimo de– gli eredi. Ed è' questa, poi, la vera ragione per la quale la imposta sulle eredità è entrata in tutte le legislazioni, è stata sostenuta da tutti i 'partiti, ed è pienamente giustificata dalla coscienza pubblica. Non vi· è -Stato al mondo eh~ non vi abbia fatto e non vi faccia ricorso. Tutti vi attingiono, tutti lro· vano non solo giustificato l'attingervi, ma la ma· neggiano in ,guisa che, per mezzo della progressi• , · vità,, dia il massimo rendimento, ed ormai anche in questa reversioHe l'Italia brilla per la sua eccezio- nalità( · · · Sostànzialmenfe r aboliziond' delÌa i~posta sùlle trasmissioni ereditarie equi.vale a far crescere Ta capacità _di con.mmo degli eredi._ Altrove io l'ho n'e· finita la fina~za di Falstaff. ]j:ssa non giova e. no;1 puo giova_re all'economia generale del paese., Togfie all'erario un' reddito cospicu9 vàlutabile intorno a duecentocinqu;mta milioni. Serve a far star meglio, , chi già sta bene•: perfetto esempi.o -di quella finànza di classe (2)-, che parte dal p'I'incipio che i pesi dello Stato debbono grava~e soltanlci ,sulle ·.spalle dei po._ veri. Si 'diceva · altra volta: « la,. noblesse combat,' le clergè prie, le tiers-ètat paie ». 'Ma ora il prole– tariato fa tutto. esso: combatte, prèg,a e paga. In· discutibilmE:ntè la civiltà italiana fa progressi SP'.3-· ventevoli ... , JII. Se non che l'on. De. Stefani ci ·spiega che il. fa. scismo ritorna alla concezione . « quiritari.a » della proprietà; « Il governo fascista, leggesi ·nella rela• . _zione 1 tj.torna ora per certi aspetti, salvo· la d~ffe– renza dei tempi, alla mentalità. qui.ritaria » •. Congra. tulazionL Avendo io scrtto una. volta che le conce· zioni politiche del fascism'o ci riconducevano diretta– mete all'anno 1649, data di pubblicazi~ne del De Cive di Hobbes, l'on. Bottai se ne adontò. Ma, come egli vede, fo gli faceva un largo sconto, perchè l'on .. De Stefani ci ,riporta al diritto quiritario: dueinila cinquecento o tremila arini fa? - Ma io. temo che l'on. De Stefani_ conosca il diritto romano come co· noscè .l'economia politica. ' . Della proprietà romana· Jhéring (Esp,rit dtu droit . • . . . r ·(2). I fascisti, col solito garbo, intim'ario ·a1'.oonfederali ·di ri– nunz_tare a_l•_con_cetto• delli' lotta di classe. Sarà perohè _essi n'.' nserbano 1~• fatto » sol~nto a se ·stessi? Il, socialismo giu– d_1ca fa lotta ~h class_ecbme un fati.o doloroso, che ess<>appunto . s1 _Propo~e ~h soppr\mere meroè la democratica socializzazione dei !l'~ZZ!dt produzione. Invece il punto di· vista della classe, deglt interessi della classe proprietaria è nettamente dichia– r~to ,n.ei provvédime_nti finanziari dell'on' .. De Stef.ani. È •questci st o4!ama ~ppun~ ~erpet!'are le condiziqni di quella lotta delle ci;us,n, çhe propn9 li sOQ1ahrun<i v\1ole· sopP,rimere ! 1 BibliotecaGino Bianco romain, I, p. 111 e seg.) 'hoh ci da una grande)dea. L'acquisto del romano c©nsisteva pel c~pere; la pro– pr'ietà per lui è ciò che è ·preso con la mano, manu· captum, manc.ipiù-m. La-proprietà .sì tras~ette con la rnancipatio. I Romani non hanno ricevuto la pro– prietà d~ dio, come Israele, o per .frode, come· i' Fe– nici (Ìeggenda di Didone); essi se la sono fatta, 'pren- · , dendola agli ,altri. La origine della propr~tà toma- , na è il b~ttinò (capere praedium): Alle origini l'uni· ca proprietà riconosciut~ è quella dell'oggett9 cattu– rato; e· quando, invece di andare a prendere la cosa al nemico, alcu 1 no voglia acquistarla direttamente dall'associato, questo trasferì.mento da una . mano . all'altra, deve prendere !'~spetto di unà deprcdazio• . ne militare. - E' questa la « mentalità quiritaria '.' che l'on .De Stefani vuol inspirare al fascsmo? Si accomo.di; ma se io fossi ·un suo cQmpagno, gli dà. rei querela per' diffamazione! · · Il secondo çarattere della «proprietà quiritaria» è il condominio familiare, di cui rimane una: traccia nena rappr:esentanza dell\J, famiglia da parte del suo capo, il solo çhe nell_a famiglia sia sui juris. E ciò si spiega perfettarpente, non solo rispetto alle• origini collettivistiche della proprietà. (proprietà della gens) ma avnto riguardo all'essenza puramente· fondiaria della 1icchezza romana. Quando. la proprietà non è ché -la terra, il fondo, è naturale che il legislatore si preoccupi di 'non spezzettarlo, di non frantumar– lo, di lasciarlo nella _fa'migl1a. Di qui tutte le disposi• zloni del legislatore romanci a favore o .in difesa. della proprietà famil'iare. ·- Ma orà?! . . I.· S. Mill, che per avventura conosce l'Economia politica un po' meglio dell'on. Dé Stefani,- osserva: «·.Ma . la famiglia feudale, l'ultima forma storicà della vita patriarcale, è perita da lunfio tempo, e la unità sociale non è piµ la famiglia o il clan, com· posto di tutti i presunti dj-scèn'denti di un com;_rne antena:to,. ma gli individui· (3);."o al massimo una . coppia d'inq.iyidui con i. figli minori. Oggi la pro– prietà,. è ineyente ~gli individui, n6n. alle fa.rriigìie; i fanciulli, c11esciuti, non seguono le••occupazioni ç, le' fortune dei parenti; se essi'partecipano ai mezzi pe• c'uniari dei lorò parenti, è per piacer loro reciproco, e n~n ·perchè essi' dispongano della proprietà o del governo del tutto, _ma generalmente còl semplice go– dimento d'UI_la parte,' ed· in questo paese alrnenoè in :potere dei genitori... dise,redàré i lÒro fìgHuoli e lasciare la loro fortu'na_ ad estranei... r Parenti_ più remoti sono 'in ,generale cosi 'completame~te, d'stac• ca.ti_dalla famig\ia e: dai suoi interessi, come se ~ssi non_ avessero cdn ll), fam,iglill, nulla di comune.:. Una così grande trasformaziqpe della s_ocietà deve pro· ._durre una considerevole 1 diffcrenza nelle . ra:g1Òni sulle quali. si ·asside il diritto di disporre pr,r ere 1 , dità dei :r,iropri .beni•» (Principles of P'o.litical Ec@, rzom'lf;,peope's edit., 1898, p, 138). Per· queste ragioni lo Stuart Mill, che, non ostan: te il suo r,adicalismo, nop ,era favorevole ·all'imposta progressiva, era invece favorevole Il. forti tassazioni delle tràsm_issiomi ,ereditary:e; con cànoni progre.s,,[vi,. · · (3) No~ si ri~~-terà in,a,j ·abba.stan1,a che tutta l'evoluzione ci– vi,l~_ de! ,1;o.strpmondo "C?idèi:ital~ è un passa.~gi0 dalla fa:,n(gU/J. a,ll uulivuw.o. Io· per mio wnto veggo nello stesso soc1ahsmo un fenomeno. d'individualismo, cioè un intere<se d.ell'indiviél,uo ad ":gire -nelle forme as,;ociate. 'Non solo .le maggiori dè/ìcienze . tMr1çhe, _n;ta,_ molti i?conve'nie11ti pratici. deH'azione soci'a,Iis#(;\a, come Là sua Il)<,a.pac1t~ad- offrire un valido fronte a,ll'a rea.,ione milit,11rìsti,;e 1borg)1ese,derivano dalla sua inettitudine a èonce-· ·pire se stesso come un .fen()t]len0 d'individualismo. Quante volté, bièogne~~ r)P?~~i:>.:ohe so,na.l,ismo ~i C9'tltraprope a capitaJl,ismq 'e non. a.cl i ni/,tvi4ual.,m,"Ql · • .,,,, . . . · ,, . · . ·,. . . 1 , , . ... : ' • <
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