Critica Sociale - XXXIII - n. 16 - 16-31 agosto 1923

"i CRITICA"IOCIAL& 'M7 .della basse valle del Po,· e se la prendono -coi 'la– voratori, perchè a questo rime.dio non vogliono ricor– rere. « Se c'è mano d'opera esuberante - essi di· cono ·-, emigri. Non è giusto che gli ·agricoltori forzino il limite di convenienza delle loro ·azi1mdé ·e lo Stato affror* spese ri_levanti; per mantenere gente pigra, che non vuol andare in cerca di lavoro fuori del proprio· paese ». . Un tale ragionamento avrebbe valore se fa di– soccupazione fosse pennanent~. Invece, nelle zone 1frese in esame, e nelle condizioni ed esigenze at– . tuali dell'agricoltura, mano d'opera esuberante, nel vero senso della parola non ne esiste. . Si hanno-, durante ·1·anno 'tre diverse fasi: 1. nel periodo di massima intensit$, dei lavori, un perfetto. equilibrio fra bisogno e disponibilità di mano d'opera; 2. nel periodo di media intefsità di lavori, un piccolo squUibrio; comincia la disoccupazione; 3. nel periodo di minima o nulla intensità, uno squi)ibrjo forte: ~a disoccupazione è grave. UD<1.emigrazione, la quale n.on. fosse temporanea (ma, se fosse tale,_ dove dovrebbero andare i lavo. ratori?) e raggiurg()sse tale intensità da eliminare o da ridurre- sensibilmente Io squ)librio del secon– do e, sopra tutto, del terzo ,perodo, creerebbe a sua volta lo squilibrio opposto , (mancanza di mano d'op(_lral nei mesi in cui i. lavori sono più intensi e recherebbe quindi un grave danno all'agricoltura. Si ~aggiuniza ·che, per i lay@ratori della Romagna e del qasso Veneto - come di qualsiasi altro pae. se (2) - la emigrazione rappresenta un provvedi- ' mento a cui uno si rassegna con dolore quando ab~ia · la sensazione della estrem,a difficol'tà, pr~sen– te e 'remota, materiale e morale, ·cti. vivere nel pro– prio paese. Emigvare vuol dire' staccarsi .dalla pro– pria terra e dalla propria comune vita: è un sacrifi– cio. Se si ha la sensazione che la terra del proprio .paese possiede, sia pure allo stato potenziale, il modo di dar. pane a tutti gli abitanti· in misura a– deguata al minimo dei bisogni ric,hiesto dal vivere ci.vile. il sacrificio diventa ancora niù dolorosn. fino 1 ad essere impossibile. « Perchè a~dar fuo·ri di qui. se qui c'è morlo - solo che lo si voglia - di vi– vere discretamente? ». La riluttanza dei lavor·atori della bassa valle del Po ad emigrare àeriva appunto,·da. questa sensazio· ne ché la terra dei loro paesi è grassa e -:;-;se boni– ficata e sistemata: _:_può dare a tutti una maggiore quantità di lavoro e una maggio ne· t'ranquitlità. E perciò i lavoratori domandano - sia allo Stato, sia ai privati - la esecuzione di quei lavori che sono n~cessari per raggiungere, a vantaggio di tutti, una · intensificazione deì sistemi colturali. « Fate le necessarie bonifiche! La loro esecuzione ci fornisce lavoro e pane nel presente, e prepara_ le· condizioni per assicurarci il lavoro e n pane nel- l'avvenire ». · · Non è proprio un grido rivoluzionario. Domanda– no le bonifiche anche i proprietari, e noi non ab– biamo mai letto contro .di essi l'accusa di parassi– tismo. Una tale aècu"su è 11, pronta, solo se la do- . manda viene dalle organizzazioni di lavoratori di-. soccupati che," per restare n~l loro paese,- cercano di rendere· attiva la dormiente fertilità del suolo. Im- parzialità di studiosi! _ .• . In cònclusione: noi non siamo contraru per prm- · • ·(2) .Non siamo, su questa analisi psicologica,_ intel'a'!'ente co~– cord,i ool nostro colalboratore. Ma le ragioni del dissenso r1- chiederèbbero 'troppo lunga indagine e spiegazione per poter esser qui neppure 11ocennate. E' certo però che da al_oun? re– gioni si· emigra oon grande facilità e senza grave rimpianto nè do\ofe, •'(Nota'della CBrrtoA). iblioteca Gino ·si.anca, . . c1p10 alla emigrazione. Come si potrebb,e esserlo? Ma la emigrazione, ~ome ha il suo attivo, ha anche il suo passivo - e bisogna saper bilanciare obbietti– vamente· l'uno e l'altro per vedere se c'è o no la convenienza di favorire l'esodo dei lavoratori. Nel • caso della bassa valle del Po, bisogna esamin_are quanta parte hanno ·avuto la pressione 'e l'opera– ùella· classe lavoratrice nella esecuzione di impor– tanti utilissime e convenienti bonifiche, e· bisogna cerc;r di stabilire a quali risultati ·invece si sarebbe arrivati con una intensa emigrazione. Probabilmen– te a questi: gravi imbarazzi nell'esercizio dell'agri– coltura durante il periodo dei lavori improrogabili; una stasi nei sistemi' colturaJi che ora invece si van- no modificand~ con vantaggio di tutti. · La disoccupazione e· l'attività cooperativa dei lavoratori. della terra. Cile la disoccupazione sia il movente primo di tut– to un complesso di sentimenti e di atti che noi no- . tiamo nelle masse lavoratrici della bassa valle del Po, lo dimostrano anche la storia e il carattere del- 1'attività cooperativa· in quei paesi. Al contrario di quello che è avvenuto in quasi tutte le .regioni d:I– talia, qui comparvero le Cooperative di lavoro e di prod·uzione prima delle Cooperative di consumo. Più che la difesa contro il bottegaio, premevano i prov– vedimenti contro un male più vicino e più sentito: la disoccupazione. La pressione dei lavoratori mi– rava a ottenere l'esecuzione di lavori di bon~fica; ma anche creava, .contemporaneamente, la necessità di organizzazioni che mettessero i lavoratori in grado· di assumere direttamente i lavori stabiliti, senza di– pendere da impresarii ingordi, e, qualche volta, di– sonesti. E suggeriva la opportunità di assumere an- . che la' diretta gestione di aziende agrarie, nelle quali, come necessario complemento della bonifica generale, si doveva eseguire la bonifica, diciamo così·, particolare. Le prime Cooperative di lavoro e le prime Cooperative agricole sorsero per questo nel– ·1a bassa valle del Po. '· In materia di aziende agrarie cooperative si è fatta sempre una classE: unica di tutte quelle che adottar;o il sistema della conduzione unita.. Ma - se guardiamo alle cause, ai fini e allo stesso funziona– mento di quelle istituzioni - troviamo· necessario fare, fra di esse, una d!stinzione, Vi Sono le a.zien_de agrarie cooperative della bassa valle del Po (da Pia– cenza fino al mare) nate - come le Leghe di resi- . stenza - sotto l'impulso della disoccupazione, con lo scopo diretto di trovar lavoro ai_ disoccupati. E v_i sono le aziende agiar-ie cooperative della zona pm alta -- milanese, pavese, alto cremonese, n_ovarese - nata principalmente per sostituir l'affittuale pri– vato. Le prime - con soci bisognosi di lavoro - su_bor· rlìnà.vano ogni altro fine a quello .della occupazione della mano d'opera; le altre, in migliori condizioni di e_quilibrio, potevano preoccuparsi maggiorrnen~ del r,uccésso economico delle aziende assunte. Perc10 in molte Cooperative agricole della bassa valle del Po (eccezione fatta di ~elle del Ravennate: che adottarono opport unam ente ~ largamente, coi loro soci il sistema ,; l.el contratto di partecipazione) (3) si f~cero spese per i lavori, che superarono il limite normalmente adottato in aziende analoghe della lo– ro stessa zona: alcune. di esse raggiunsero una tale cifra di spese, che superò anche il 70 per cento degli introiti lordi, portando alla passività i bilanci della (3) Contratto mediante il quale U!'4 famigli_a. di soci .assu– meva nei terreni della sua. Cooperativa la ooltivaz1one d1 una, porzione di terra (già arata e con l'obbligo di adottare la col– tura voluta. dal" turno), rice-v;endo oOIIle oomperu:o una. parto del prodotto a r11coolta ultiitil\ta, aeoondo gh U!l loc11lt.

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