Critica Sociale - XXXIII - n. 15 - 1-15 agosto 1923
.. CRITICA SOCIALK 2311 .,-/ ·- 8JSsurdo, •egli dice; e del no,n essercene acçorti si -ve- dono le_conseguenze negli scarsissimi fr.litti.' edudi.tivi della nostra scuola -popofare: priva anch'essa, come la medi~. d'o·gni sa,ldo oo e'ffléace co:ritemito morale». E siccome la morale, ciooè la vifa umana nel senso più ampio ed alto, vuole una visione· del mondo, che sol– tanto la ,religione ,o la '.fllosoifiapossono· <lare, non po– tend,o il fanciullo entrarè ancora nella filosofia, abbia almeno la relig_ione, e· !!abbia in que!là forma storica . confessionale ch'è del tempo e \dell'ambiente e che -lo Stato~ già tr0vandola, .deve far sva nelle eue scuole. · Questo :punto sollevò il vespai<o del Congresso, come . oggi solleverebbe la critica dei ·partiti politici, se la · ·forma dittatoriale del· ti-overn.o non face,sse intorno ·a sè quel silenzio stupito e, tn fondo, cinico, che sempre circonda l'assolutismo. Il Gentiùe difese il suo c,mcetto con un, di6oorso, nel quale, in vero, non aggiunge che argomenti come questo: che,- s.iécome prima ci fu, nella sto-ria del pensiero, 1a religione ·e poi la -fllo,solfia,per· ar– rivare a questa bisogna incominciare con quella! Pi,ù profondamente-, in un a:rticòlo, Dopò il Congresso, che nel suo volume Educaz'ione e Scuola laica, edito da-1 Vallecchi, segue alla Relazione e al Disc·orso, il Gentile ritorna a corro,borar là sua tes.i•, ins1's·tendo su una es- · senziale identità fra rellgi-one e ,flJ,o.sO<fia, che non sta– rebber fra loro come l;errore alla verità, ma come la forma -mitica. del J>ensiero di frm;ite alla fdrma c'l'itica; per -concludere -che ai fal)ciulli basta il mito, germe fe– condo, di cui ancora acerbo sarebbe il frutto evoluto•. • La ragione di Stato. Le ,obbiezioni s'affollano sotto la nostra penna, ma dobbiamo li-n'litarle entro la strntta ooniprens!one dei cuncetti del Gontile, mettendoci dal suo medesimo punto di vista. Eliminiamo prima di• tutto quella sua· considerazione realist!ca, secondo cui l'o Stato, trovando già una -reli– gione, ch'esso non può nè cre·aTe rl.è, se -c'è, ignorare; ,deve servksene a'. ;suoi lflni educativi. Ciò varrebbe, se i fini eduèatilvi dello St11,to •fossero i medesimi della Chiesa, formare il "religioso »; Ma lo .stesso Gentile ha sostenutCJ cl)e ·ciò non è, includendo che la scuola di Stato ,ri'Iionga il suo lflne nel libero ·svolgimento dello ,spiritJ, ossja ne1l'alunno e· non fuori di esso: :raè in Dio., nè in un partito, nè in una classe. Ed ha •sog– giunto, il Gentile, ·che anche lo• Stato " si 'laicizza di– ventando fine a sè stesso, », ossià, 1Se:eondo il concetto– liberale, promovendo le attività umane, liberamente in tutti i sensi, e regÒ"bandole secondo una norma sociale, ,::he dalla sofa •società riceva -il suo- potere. Adunque, il fine éducativo deHo Stato laico, almeno in astratto, (e· quindi nel dover essere pedagogico), si identiflca col fine. educativo della scuola laica,' e non si pu~ incanalare in un senso so-lo, quello confessio– nale, anche se altisisimo ne sia il valore etico, senza al tempo stess.o usur'l)are la funzione della Chiesa e in– competentemente deviarla; perchè, H Gentile ha ·detto-, ·anche ia scuola· confoosionale, in quanto è ·scuola, è suo malgrado laica (nel fatto, ognuno· sa che cosa ridi– cola, vana e fuori posto sia « l'ora di religi-one I, in una .seuola modrrna) ... In conclusione, il Gentile proporrebbe che_lo Stato si servisse della religione, non al fine re.ligio.so, ch'è quello precipuo della scuola confes·sionaJ.e, ' ma allo scopo morale, che là è secondario ed implicito: facen– dosi derivare il l)ene dalla credenza, e qui divent~rebbe 'principale, considerandosi -.f-a1te-zzamorale come valore -umano che, fra l'altro, crea i valori religiosi. Si avrebbe così- una scuoia religiosa ma non conf esstonale-, ·in per– fetta· contradiziÒnè, secondo la. teorià del Gentile, con Sè Stessa. I • • · La ragione teoretica. Quale, ora, là ragione Mea1i<stica? L'identità, secondo il Gentile, trà religione e :filosofia. Ma, sempre seguendo U Gentiùe, que.sta id(lntità è nella fòmìa men"tis, che unifì(fa te-oreticamente 1~ esperienze intorno a un centro unico, a un p~cn:è µltfµÌci, e, pratiç!!.Jmmte, dà un senso· ibliotecaGino Bianco e una legge alla vita: non è già nei contenuti, negli ·· oggetti di questo .pensiero, mitici e trascendenti · del– l'una, umani e immanenti dell'altra. E questà. opposi– zione fra :religione e fllo-soflà, non dipe:nderà mica dagli oggetti m sè, da. una realtà fuori di noi! dipende, pro– prio, dal fatto che pon· c'è identità Iiei valori, ossia · nei fini de1l'attivi,tà pensante: eteronomi. e, com'egli dice, antiumani dell'attività religiosa (e della scuola confessionale che educa· ad essa), ·autonomi e umani– stici <;l.ell'attività critica (e della scuola laica, quale do– vrebb'essere). Se cosi è, co.'lsiderare la- religione come una filosofia minore, da accettarsi in marucanza di meglio e quale preparazione alla fllosofia critica, diviene un assurdo, non .soltanto storico - chè non è vero che la religiosità sia stata il primo stadio,, come credette il positivismo, del pensiero scienti,fìco e lfllosofico, ma essa, sorgendo ai suoi propri .fini i,ndipendenti da quelli del sapere e dell'agire razionale umano con forze umane, antecooe questi s-ol per ragione di maggior ·urgenza sentime·n– tale, ma :poi li accompagna e li segue senza punto spa– rire .come bisogno religioso e trascendente, - ma un assu!'do anche logico, perchè 6i tratta, se mai, di due . fl.lo' .so.fleche, come il Gentile conviene altrove, o- si ·escludono o si assorbono, ma non si graduano in su– bordine l'una con l'altra .. Difatti il •religi,oso non può consentire nel considerare il •domma arazionale e la fede trascendente come 11n primo passo alla conoscenza critica e immanentistica. D'altra parte, se la -coltura è ooucativa proprio quando non· è formal~stlca, ma concreta e pratica, il pedago– gista, che rifiuta la scuola confessionale perchè questa forma lo spirito al dommati<smo eteronomo e alla in– tolleranza, non la può riassume.re in un primo grado sol perchè la forma mentis di queso spirito è anaJoga · a quella d'ogni fllosolfia, abitua cioè a uni,ficare l'espe– rienza e a subol'din.arvi- l'azione. Ciò varrebbe. se ci pre-occupassimo solo di educare la forma mentis, in, astratto, senza guardare ai valori concreti in cui s'in– vera e si realizza. •Però, anche in questo senso, non soltanto la religione, ma qualsiasi altra attività dello spirito si· -presta ugualmente, essendo, iJ pensiero sem- · .pre unità e tendenza a tra,i;cendersi idealmente, e trat– tandosi sol di metodo peda.gogico e didattico da adot– tarsi -a questo scopo, intorno- e a. proposito. di qualsi8si co"ntenuto. La ragione pedagogica. -Quest'ultima osservazi-one rimette il problema ne' suoi veri termini pedagogici. E' questione, di metodo·. Tuttt "i valori dello spirito, •e pl!rciò anche quello ·religioso . costituiscono il ;regno dell'educazione Umana, e, perché umana, nessuno ne può trascurare o postergare l'uno o l'altro, se non per :fini diversi da .quelli dell'educazione totale (di .tui qui 6i parla). Ma la pedagogia riguarda il metodo, il criterio, -cioè, e la norma didattica più confacente a quel fine umano e laico, che si vuol dare alla scuola. Il ·GentHe ci ritorna surrettiziamente, quando sostiene che il mito religioso è la forma filosolfica più consen– tanea all'anima infantile. Senza dubbio. Ma quante questioni si co-nfondono ! I~tanto, mettendo a paragone in didattica religione e fl.loSOlfla,o sì vuol parlare di un in6egnamento s'!)e– ciale di queste materie, o 5Ì vuol parlare di un indi– rizzo, di uno spirito religioso e filosolfico, che animi e diriga tutto· l'insegnamento per renderlo educativo. La distinzione va fatta molto chiaramente. -Nel primo caso, alla fllosO<fia .critica corrisponde, non il mito estetico, rp:a il catechismo, cioè un ben con– nesso sistema fllosolfico, lentamente elaborato dalla Chiesa, e altrettanto difficile a comprendersi, anzi tanto più arduo, in qu·anto ha ·preso la forma dommatica, autoritaria,. immutabile· che tutti sanno. Il Gentile ·ha U, torto di. non speciftcare ma.i, che cosa egli intenda per 'ca:t'ecll.ismo;e se a questo vocabolo egli dia un si~nilflcato nuovo e diverso da quello tradizionale. 'j' •
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