Critica Sociale - XXXIII - n. 15 - 1-15 agosto 1923

ORITICA !OCIAU 236 schiavitù di una 'parte della po-polaziooe, perchè lo Stato, al quale gli interessi e le volontà di tutti debbono subordinarsi, non può far senza dei salariati, • gente poco degna, per il suo spirito, di far parte di uno Stato, ma il cui corpo robusto è provato all,a. fatica e ne fa traffico e chiama salario rl denaro che ne ricava • (3). Dopo Platone, il pensiero a tendenza c'omunista, per un principio di giustizii)., si afferma nei profeti di Israele, negli Esseniani e nei Cristiani, come reazione e protesta al fasto, al lusso, alla corruzione dei ricchi- e dei potenti, e si traduce rlelia condanna di questi alle pene eterne, nella predicazione della semplicità .patriarcale o della rinuncia aì beni terrestri o della comuniti dei beni, e, in de,finitiva, nell'annientamento dell'individuo davanti alle « forze superio-ri •. Tom:aso Moro, costruendo l'Utopia, intende eglf pure di protestare contr,:, l'iniquità di un regime, che feriva profondamente il suo animo; come Tomaso Campanella, erigendo la Città àei Soie, vuol porre fine alla • sor– dida costumanza di mantenere dei servi • In una città (Napoli)·. popolata di settantamila pereone •, dove • solo dieci o quindicimila, lavorando, prestamente vengono distrutti dalla soverchia fatica: il rimanente è rovinato dall'ozio, dalla pigrizia, dalla avarizia, dalle infermità, ' dalla lascivia, dall'usura, ecc.; e, sventura aneo maggiore, contamina e corrompe ·un infinito numero d'uomini, costringendoli a servire, ad adulare, a partecipare de' pro'Pr1 ·viz1, con grave nocumento <!elle funzioni pub– bliche • (4). Negli anni che precorsero la Rivoluzione Francese, è ancora « il contrasto della ricchezza e della povertà che colpisce l'animo dei pubblicisti, dei demagoghi, dei fl.lan– tropi e degli stessi proletari, elevati dalla fortuna delle circostanze sino al Go-verno -della cosa pubblica, e un sol .grido risuona: la maledizione della ricchez,:,a. Su questo fondamento l'utopia socialista fabbrica il castello ideale del ritorno a.Ila natura » (5). Morelly, nel « Co– riice della Natu ra», e l'abate· Mably, quasi colle stesse parole del fra.te Campanella, denunciano il contrasto fra ricchi e p overi, i mputandolo alla disuguaglianza ed alla proprietà. Nel s ecolo XIX, q uandò già la manifattura ha comin– ciato a sviluppar.si, facendo strage di fanciulli e logo– rando gli adulti, i n eo-utopisti cominciano a de'finire più nettamente i propri obbiet.tivi, sempre però preoccupati, come scrisse l'-Engels, di liberare « non una singola classe, ma l'intera umanità » e di introdurre « il regno deUa ragione e <!ella eterna giustizia » (6). Saint-Simon vuole « migliorare l'esistenza morale e fisica della classe povera •· ma è convinto che li solo mezzo sia l'aumentare ,i godimenti della classe· ricca, come è persuaso che « i proprietari, 5ebbene inferiori di numero, possiedono più iumi • della massa del popolo e che, « per il bene generale, il dominio deve eooere ripartito nella proporzione dei lumi». (Nuovo Crjstia- nesimo). · Roberto Owen combatte « lo schiavismo bianco •, e cerca di cambiare l'uomo, modificando le condizioni della sua vita, e, nella sua fabbrica di New Lanark, da una popolazione operaia di infingardi e di beoni trae operai esemplari, che diventeranno suoi coì}aboratori nell'opera di riforme sociali. Per Fourier, anche dopo .Ja Rivoluzione del 1789, « la moltitudine povera· è ridotta alla libertà semplice e cor– porale. La sua industria è una schiavitù indiretta, un tormento dal quale vorrebbe emanciparsi ». E, « quanto alla libertà politica e sociale,· tutta la classe povera ne è interamene privata, e ri~otta ad asservirsi nei lavori salariati, che incatenano l'anima e i corpi. Un subalterno, che avesse opinioni contrarie a quelle del suo capo, verrebbe licen.Giato e privato, del lavoro; egli non gode affatto della libertà sociale attiva, neppure del diritto <li opinione e del senso comJune. Ovunque il,povero si arrischia ad esprimere un pensiero contrario a quello del ricco, "è messo alla porta, anche se il suo giudizio sia giusto. e vi~n trattato come l'asino della favola, clie paga con la sua testa le colpe del leone " (7). Proudhon, nel suo socialismo idealista, s~ inspira egli · (3) La. Repubblica, Libro II.- (4) TOMAB0 C'AMPANELL.\, T,a città del sole. · (5) ARTURO LABRIOLA, ll ~ocialismo coptemporan_eo, 1922, p. 2?· (6) F. ENGELS, La sc.i.<nza,sovvertita dal signor 1lu11çn;o Dulvrinu, p. 15. (7) <Yp~rc1 vo/. y° r BibliotecaGino Bianco . . ' nure alla giustizia, • l'astro centrale che governa la società, il polo sUl quale gira il mondo politico, il prin– cipio e la Tegola di tutte le transazioni •. Per lui, il proletariato non domanda di spogliare la borghesia dei beni da essa acqui,siti, nè di alcuno dei diritti dei quali essa gode giustamente; vuol soltanto realizzare, sotto i nomi perfettamente. giuridici e legali di iibertà àei la– voro, credito, soUàarietà, certe riforme, il cui risultato sarà <li abolire diritti, privilegi, ecc., dei quali la bor– ghesia gode esciusivamente (8). Per questo obiettivo, ,possiede il proletariato la capa– cità politica, la quale, per Proudhon, consisterebbe nel • possedere- la coscienza di sè come membro di una col– lettività», nell' • affermare l'tàea che ne risulta• e nel « perseguirne la reaiizz:azione • ? Proudhon risponde affermativamente per i primi due punti e negativamente per il terzo. • Le classi operaie - esso scrive - hanno acquistato la coscienza di sè (dopo la rivoluzione del 1848) e possiedono - per quanto Im– perfettamente - un'idea che a tale coscienza corri– sponde e che sta in perfetto contrasto con l'idea bor– ghese • . Ma « da quei ,principi non sono riuscite a dedurre una pratica generale conforme, una politica adeguata; come dimostrano il voto che esse danno in comune con la borghesia e i pregiudizi politici di ogni specie ai quali esse obbediscono ». Insomma, • esse sono appena nate alla vita politica.•. Fuor i del terreno politico, Proudhon nel • socialismo inte.so nel buono e vero ,senso della parola » comprenrte ancjl.e la « parteclpa.zione dell'operaio alle vicende delle imprese • (9). • Riassumendo, fino a questo punto i riformatori de1la so,;ietà, conosciuti sotto il nome di comunisti o. di so– cialisti idealisti. negano• e condannano le condizioni so– ciali nelle quali essi vivono, per un superiore principio di giustizia preconcetta alla struttura della società stessa. anzi all'uomo stesso; e concepiscono e costruiscono un ordinamento sociale, economico o politico, che, eSl."endo l'opposto di quello esistente, assicuri a tntti la felicità: felicit.à che. per Ja parte più numerosa della popolazione, composta successivamente, nei secoli, di schillvi, di servi, di proletari. significa. anzitutto, il soddisfacimento dei bisogni fisici: la casa, le vesti, il nRne. le focRccie e il buon vino che assicurRva loro PlRton~: Poscia Il mi– glioramento morale e flPico, la libertà politica e sociale · attiva. il diritto di on-inione. L'O"DPraio è qui considerato come una persona. fisica. cui deve essPte assicurllto quanto occorre nerrhè non soffra di inedia e <li miserill, e come un cittaòino. cui 1;0Ptta di godt>re la stessa libertà e gli stessi diritti che le leggi concedono R lutti. Ma deUa sua condizione di produttore- slllariato, nei ri!rnardi -dell'opera che presta, della nroduzione a cui attende, del prodotto che ne rirnlta e della sua lJOsizione morale dt fronte cosi al proorietario, al datore di lavoro, come agli altri cittadini, non vi è. in alcuno dei pensa– tori citati, nè accenno esplicito, nè preoccupazione. Il principio etico. al quale obbediscono i socialisti irlealisli, è preminente, ma è generico; esso è sugi:rerit_o sopratutto dalla preoccupazione del turbamento che 11 malessere degli schiavi o dei ,salariati può recare alla n:i.cedi coloro che stRnno loro sopra. alle funzioni pub– bliche, allo Sfato, alla Comunità; dal timore della cor– ruzione, dei vizi, dei malanni sociali che l'acuto con– trasto fra le condizioni dei troppo ricchi e dei troppo poveri può generare. La critica di Marx una pru precisa determinazione della posizione della classe lavoratrice di fronte alla classe padronale, come una maggiore consapevolezza di bisogni di ordine mo– rale, appaiono in alcune espressioni collettive di gruppi o masse di lavoratori. • La tessera dei soci della Working Men's Association, che fu il nucleo motore del movimento cartista, portava, nel 1836, il s_eguente motto: « L'uomo che si sottrae alla sua iparte di lavoro utile. diminuisce la ricchezza pub– blica e impone agli altri il peso del proprio sostenta– mento •. Non più, dunque, il generale ascetismo o la rozza eguaglianza che, come dice il Manifesto, accom– pagna nella letteratura rivoluzionaria l primi :nov1- (8) Capacité politigue _de,-,cla,:sc1 ouvriim:,. (9) Du principe ft'iléralistc,

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