Critica Sociale - XXXIII - n. 11 - 1-15 giugno 1923
CRITICA SOCIALI 167. mento di ascensione, è~ -come giustamente diceva l'ono– revOile Luzzatti, non vanno proprio vuniti per quasta loro particolare condizione <li inferiorità. Al contrario, ci pare giustificato un 1Sacrilfl:cioattuale, per contri– buire alla generale ricostruzione dell'economia europea, nel v81!lta~gio di tutti. Ma dobbiamo considerare anche i vantaggi che spesso possono scaturire anche dal male: la conquista dei mercati. Chi vende compera. Le merci si scambiano con merct. Questi sono due assiomi inconfutabili. La nostra preoccupazione- principale deve essere quella di conqui– stare i mercati orientali e <li riconquistare quelli del– l'Europa centrale, ·f.n cui, durante la guerra, slamo stati so-stituiti dai neutri; e ciò p uò avvenire soltanto co-n un·o sfo.rzo di ristabilire int.en ,si scambi, anche se in un primo momento. il depre zzame nto della valuta di· (:luei paesi possa favorire Più la loro che la nostra espor– tazione. Inlflne, occorre non esagerare questo fatto, po.ichè quando la svalùtazfone della moneta è in movimento, il paese che soffre di questa iattura. non ha alcun inte– resse a e,sportare soverchiamente (e i Governi spes,so intervengono con divieti), poichè ciò genera eviden– temente una diminuzione sostan,ziale di patrimonio e un dan,io immensq .al,.Javorq del paese esportatore; e ·'quando poi il cambio '.si é stabilizza'to, il danno che può venire dalla svalutazione della moneta estera è ridotto . ai minimi teil'min.i o annullato completamente, perchè il prezzo delle merci tende ad adeguarsi alla dett(;I,sva- lutazione. · Nè 'più valido è l'ultimo <(egli argomenti che l'ono– revole Giuftrida addusse a dimostrazione della necessità. della protezione per alcune indootrie, quello, cioè, che si pretende desumere <:lalle esperienze della guerra e dalla situazione generale p·olitica ed economica che ne deriva. ' S ono proprio i fautori di una maggiore protezione che non considera.no le- esperienze e i rf.sultati della guerra. A c he valse la p iù recente politica protezionista della Germania? Essa ha p erduto la guerra, mentre l'lnghil– terra, seguace di una I.JO !itica economica liberale, l'ha vinta. E pòi la guerra, anzi chè detern1inwre la chiusura di mercati, con egoismi in contrasto, ha prodotto una intensificazione di 1SCambi,e non soltanto fra gli Stati della Intesa. Il fatto si è verificato anche per gli Imperi Centrali, ptir bloccati dall'I.nghilt.erra. La. verità è che le nazioni, se "Vivonoancora come unità etniche, lingui– stiche, .politiche, non es'istono (e non sono-•mai- esistite, ma og~i esiMono · meno- che mai) come entità ecòno, miohe. Un numero ,sempre maggiore di esigenze lega ogni nazi-0ne ane a.ltre, da cui essa. è costretta a dipen-, deTe per la soddisfazione dellé necessità fondamentali della 1Suaesistenza. Le quali- necessità divengono tanto più· numerose e imperiose per ciascun popolo, .quanto più si eleva la sua civ:iltà. Il mito della indipendenza economica si fa ogni giorno più assurdo. Prodotti necessari alla vita (anche in tempo d'i guerra) non SOOJo più soltanto il grano e le armi, ma il carbone, i mezzi di tra1SPorto d'ogni genere, il materiale elettrko, i ~rl)dotti chimici d'ogni sorta, il cotone, la seta, la gomma, etc. ete. Chi può pensare a una indipendenza che implichJ la neoessità di produrre da soli tutte queste merci? · D'altra parte - si noti bene - le guerre •d'oggi non pongono una nazione sola._contro un'altra o più altre; ma ,pongono gruppo contro gruppo: non è quindi la singola nazione, ma il gruppo che deve aver mo,d,o di provvedere alle esigenze della guerra. Ma, 8d ogni modo, se può essere necessario od <>'P· portuno (e noi non lo neghiamo) assicurare al Paese la produzione di alcuni elementi necessari alla sua di– fesa e suscettibili di ulteriore svilupp.o in caso di bisogno; affermiamo però che i sacrifici che la nazione deve sopportare a questo riguardo, non debbono favo– rire speculazioni e interessi privati, e debbono essere, d'altra parte, ben definiti: perciò preferiamo il premio di produzione al posto del dazio e vogliaJJJo che la sua coneeestone sia subordinata ad un efficace controllo dello Stato sulle industrie che di tale premio si avvan– tQ,8'geranno. *** E l)Oic'1èla questione che sorge a questo rigua-rdo non è soltanto P&.1'ticolare,ma è problema dl carattere ge– nerale, dobltlamo riferirci, a proposito del)e Industrie . t CO sid'er.urg.iche e me_ccaniche, alle condizioni del Mezzo– giorno e delle Isole. Non andremo ripetendo le vecchie esagerazioni. e cioè che 1e condizioni di inferiorità di queste regioni deri– vano principalmente dalla e<:cessiva protezione doganale della tariffa del 1887. Invero, tali tri1Sti condizioni de- , rivano da una serie di fattori molteplici e diversi, ma sovratutto dalle condizion·i na_turali,' dal malgoverno delle varie dominazioni straniere, dallo eccessivo indi– viduaUsmo della nostra gente. t· però innegabile che una politica doganale restrittiva agg:rava quelle condi– zioni e costituisce un, ostacolo al progresso e alla 'attività industriale del Mezzogiorno d'Italia. Il quale non ha soltanto bisogno di macchine a buon mercato. Il costo dello zucchero impedisce lo 1SviluP'J)ode1Je in– dust.rie dei prodotti zuccherati, che -potrebbe essere veramente rigogliosa e che ha capacità. di aS1Sorbire abbondante mano d'opera Il dazio sugli esplosivi e le tasse connesse gravano per 80 lire su ogni metro lineare di esc8!Vazioni minerm-ie. Se si pensa che in Italia non esistono fonderie di zinco, che quindi il prezzo del no– stro minera!le è (atto <lal fopditore straniero e che perciò solo l'alto cambio, cioè una condizione generale svan– taggici.sa nei nostri riguardi, favorisce la coltivazione delle min iere, può valutarsi e preve-dersi quale sarà la condizione delle nostre industrie minerarie, dove i va– lori sono più bassi, allorchè il cambio, come dol>biamo augurarci, sarà diventato normale . E cosi per altri aspetti. Il frazionamento, o meglio. la pOilveJ"iizzazionedelJ.a proprietà in varie regioni, e particolarmente in Sardegna, viene favorita dal. dazio . sui cereali, a proposito del auale è -vano ripetere le . altre -ragioni che ci inducono ad avv.er.sarlo. Di.remo solo che il desiderato fabbisogno· nazionale non raggiunto con trent'anni di prote-z;ion.ismo. è problema di terreni adatti df l>oniflche. di ba.cini, di concimi. di selezione nelle 'sementi, di miglioramento, insomma, e non di estensione della cultura. *"'* Neghiamo iniflne che sia impossibHe al nostro Paese di seguire. una politica liberista, flnchè e Perchè gli altri paesi 1Seguonouna politica protezionista. La. s,toria ·non suffraga questa argomentazione dei nostri avver– sari. Non .citiam o l'esemp io dell'Inghilterra che. in mezzo al generale preva.le: re del protezionismo, adottò il libero ,scambio e vi.de gig anteggiare la sua indu~tria: ci si potrebbe dire (s,etb bene. ,non del tutto· giustamente) che essa non aveva allora da ternare concorrenza di industfje estere. Ma citiamo l'esempi·o della Germania che, dòpo la costituzione dello ZoU-verein, dov-ette adot– tare una tariffa doganale mite 11>er non urtare gli inte– ressi dei va.rì Stati: e'bbene g,li scrittori di economia ricordano che quello fu uno degli esempi Più tipici di · una industria a carattere manuale che potè svilupparsi. crescere e trasform'arsi in indu1Stria meccanica, pur con la concorrenza della progredita industi;ia meccanica in– glese in quel tempo. La Germania ebbe, sì, in seguito, un regime protezionista, ma eossonon impedì che cre– scesse:ro le sue importazioni e diminui1Ssero le sue espor– tazioni.. Durante il periodo 188.1-87, infatti, la politica protezi'onista rallentò il commercio tedasco; durante il periodo 1888-1902 la m114s"giore Ubertà determinò un in– cremento di esso; e dopo il 1900 la ripresa del prote– zionismo non gio,vò alla bilancia commerciale. Il progresso industriale e· commerciale del'la Germania va attribuilo non ai dazi di protezione, ma allo studio dei processi produttivi. a quello dei mercati e dei clienti, a tutto il per<fezionamento, ,insomma, dei sistemi di or– ganizzazione della produzione e degli scambi,- che do– vrem mo cercar di attuare noi pure, in alcuni, se non in tut.ti , i ram.i delle nostre produzioni. · Ra gioni pratiche e ideali, economiche e politiche, de– sunte dalla nostra e dall'altrui esperienza:, ci inducono pertanto a reclamare una politire di libertà com- merciale. ANGEW CORSI. Avvertiamo i lettori ohe ai rivolgono a noi per avere l'opu- 10010-diaoono di FILIPPO TURATI Il Bivacco fascista alla Camera oh'esai devono indirizare le richieste e l'importo (LINI una) all'Amministrazione del Giornale LA GIUSTIZIA (MIiano, Via Kramer, 19),
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