Critica Sociale - XXXIII - n. 11 - 1-15 giugno 1923
• \ t:RITICA SOCIALE 171 zienda saranno anche domani ristrètti o ampii se– condo le condizioni! dell'ambiente. E lo Stato socia– lista assegnerà le grn:nrli e le pic::ole aziende che ne deriveranno, rispettivamente a gruppi di lavo– ratori e a famiglie di piccoli coltilvatori. . In conclusione, noi non vediàmo nessun co:ntra– sto fra• le finalità socialiste e la permanenza. (che l'esame obbiettivo dei fatti e delle leggi economiche dimostra necessaria 'e conv.eniente) delle piccole a- ziende. e déi piccoli coltivatori. 1 O.oooITeora vedere in ,quaJ.i condiz-ioni economic.h., e tecniche si svo1ge, in tali p-iccole aziende l'attività def pk'Coli coltivatori, per ;.alutare gli' attegg,ia– menti di IC.ostoro e vedere come si possano far ar~ monizzare i loro bisogni coi bisogni della collettività ~ei consumatori. ' I costi di produzione nelle piccole aziende agrarie. Se la piccola azienda agraria ha, dunque, ·1a sua ragion d'essere, e in certe zone d'Italia essa è anzi. èlestinata a diffondersi, dobbiamo chiederci cv-me si possano armo·n,izzau le esigenze della piccola azien– da e del piccolo· coltivatore con le esigenze della collettività, per quanto concerne •sia la prod1J,zione sia la distribuzione dei prodotti. . Il quesito deve interessare tutti coloro, e sono mol– ti, _i ,quali, quando si parla di :p,iccol:i coltivatori, pensano, sen2a pun,to fermarsi a ricercare le cause di un deplorato stato d'animo e la possibilità di . mutamenti, di -aver esaurito il tema -con l'affermare che essi sono ail.trettantJ egoisti: resi tali, aggiun– gono, ·dalla vita della piccola azienda che essi colti– vano: « Bisogna toglierli di là, se vogliamo farne .degli esseri socievoli·». Bravi! Ma se la piccola azien– da non si_può· in massima sopprimere senza danno per la società, voi come fareste? Crediamo· che quel particolare tenace attaccamento al soldo, che è una indubbia caratteristica òi ogni piooolo coltiiv:atore, sia determinato .non tanto dal– l'influsso della piccola azienda in sè. quanto dalle condizioni in cui· questa si trova di fronte al nfer-. èato; condizioni che noi riteniamo J>9ssano mutarsi in modo da creare migliori e· più complessi rapporti con la vita ambientale. Occorre che il piccolo colti– vatore senta che, per non essere lasciato pericolo– samente indietro dallo sviluppo dei sistemi ~ol,tu– nali e per difendersi contro la speculazione e· la con– correnza, deve togliere sè e la sua ca111pagna dall'i– solamento; perchè nella sua, azienda - se_isolata - i costi di produzione sono troppo elevati in con– fronto di quelli delle grandi aziende e· delle aziend~ associate, fino ad eliminare spesso il profitto, fino a determinare una perdita nel bilancio dell'azienda, riducendo al disotto del limite normale il compenso del lavoro e l'interesse del capitale investito Questo. è il punto che noi ci proponiamo di illu– strare qui brevemente. a) Il costo dell'eiemento « terra». - La terra, infatti, costa, per ogni unità di superficie, più nella piccola che nella grande azienda. Chi scrive feee pochi anni fa, per conto della Federazione Nazionale delle Cooperative Agricole, una inchiesta dalla •qua– le risultd che in molte zone d'Italia la terra costa, nelle piccole aziende, anche più di tre volte èhe nelle grandi. E tempo fa in Sicilia ebbe occasione di con– statare che i lavoratori i quali acquistano un fru– stolo di terra per metterlo a vigna, si trovano, finita la sistemazione della nuova azienda, ad aver pagato il terreno - in questi anni - almeno ?O mila lire per ettaro. Tarito che, a nostre domande, essi rispon– dev8.I).o che, se il prezzo del vino scendesse. ora, sotto le 100 lire l'ettolitro, le nuove aziende non da– rebbero utile e non compenserebbero che malamentfl i lavori per 'impianto e l'esercizio dell'azienda. Que- • sto sia detto anche per rispondere a coloro i quali de– .cantano la utilità sociale delle piccole aziende e poi sostengono' che esse devono nascere dal commercio libero - cioè, secondo essi, individuale - della terra . Nè è vero - come da alcuno si obietta - che il maggior costo dellà terra sia determinato e, quin– di, compensato dalla capaéità di una più alta produ– zion·e unitaria che essa possiede o va a possedere per il fatto della organizzazi0ne in piccola azienda. Anzitutto taie. più elevata produzione - che non sempre, poi, si' riscontra - è determinata dal fatto che il piccolo co]tivatore dedica alla sua campagna . una maggiore quantità di lavoro, suo e della sua famiglia : lavoro pesante anche di fanciulli, di vec– chi e· di donne; essa non va quindi a compensare un maggior costo del terreno, ma una maggior qu.anti- tà di lavoro. · In secondo luogo, la. causa preminente e quasi e– sclusiva del più alto prezzo della terra che forma le piccole aziende è - come abbiamo potuto dedurre da dati direttamente assunti - non la maggior pro– duttività, ma la concoITenza fra gli aspiranti all'ac– quisto o all'assunzione. Basti ricordare il fatto fre– quente di speculaìori, i quali comprano a prezzi mo– desti aziende unite e le rivendono subito a pezzetti - senza avervi apportata alcuna miglioria -- riu– scendo a raggiungere prezzi assai superiori. Uno di costoro cl diceva: « Poichè ci sono tanti merli che muoiono dalla voglia di avere un po' di terra, è na– turale che io ne approfitti ». Infine, se è vero che l'azienda agraria, si forma prevalentemente piccola o grande secondo le esigen– ze delle condizioni ambientali anche ai fini di una più elevata. produzione, la terra produrrà di più nel– la piccola o nella grande azienda, secondo che le condizioni dell'ambiente sono più favorevoli all'u– na o all'altra. La terra nella piccola azienda costa dunque nor– malmente assai più che nella grande, senza che al maggior costo corrisponda ·una maggiore capacità produttiva, e grava perciò nel p~ssivo dell'impresa con una maggior somma di interessi. b) Il costo dell'elemento « capitale». - Il pie- . colo coltivatore, quando è entrato in possesso di una azienda. agraria o l'ha assunta in uso, deve dotarla del necessario capitale fisso (scorte: bestiame, mac– chine, attrezzi, ecc.) e deve periodicamente immet– tervi capitale circolante (semi, concimi, anticritto– gamici, ecc.) Eccolo a contatto col mercato nella veste di com– pratore: compratore isolato, almeno per alcune .del– le, merci necessarie. e compratore al minuto. Due còndiziòni delle quali i venditori, solitamente piccoli éommercianti, approfittano per esigere prezzi ele– vati e, non di rado, per frodare sulla qualità e quan– tità delle merci. Ognuno sa che, per certe merci, il contratto a titolo o, comunque, in seguito ad analisi, ha potuto essere applicato solo guando i piccoli spe– culatori furono soppiantati, o costretti a rigar drit– to. pall'attività dei Consorzii Agrari. E' vero che a liberare il piccolo coltivatore dalle arti dei piccoli commercianti sono sorte le Coope– rative; ma queste non arrivano in tutte le località (il piccolo coltivatore non può fare un viaggio per acqui~tare qualche attrezzo o·pochi chili di seme, di solfato di rame o di zolfo; o qualche quintale di con– cime). e non vendono sempre tutto quello che serve al coltivatore per l'esercizio dell'agricoltura. · Inoltre, chi compera una piccola quantità di merce deve sempre - anche se fa il ~o acquisto presso una Cooperativa - pagare un prezzo unitari0 più elevato di quello che paga chi ne acquista· una gran– de quantità: per una maggiore spesa unitaria di
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