Critica Sociale - XXXIII - n. 10 - 16-31 maggio 1923

CRITICA SO.ClALR U,9 ------,----·------'------.:___- numerese autorità, .retribuite in via ordinaria o straordinaria sulle casse .delÌo Stato, alJe· ·quali po.s– sono accedere_ solo gl'iscritti\di un determinato· Par– tito, ed è"- stàta -creata· una milizia -partic;;iare dello stesso partito. 'L'appartenenza poi al ·Part:to Socia– lista, Comunista e Repubblicano (in qualche caso anche Popolare) reca l'esclusione di fatto da tutte le càriche pubbliche, e· persino dalla protezioné delle_ proprietà_,, private di Partito. Ed ·altro anè0-ra. Con ciò l'art. 24 dello Statuto è an~h'esso caduto ·( o .so- speso). · Ora io non · giudico moralmente e storicamente questo sistema; dico però ,_che giuridicamente ~sso non è liberale; e tale non essendo, è inespl:cabile che partiti, i quali' rivendtcano ·per sè la qualifica di liberale , pos sano, con prete·sa di sincerità, recargli l'ad'esione p.ei loro conseriz'.enti. Delle due l'una: o essi mistifjcano il pubblico dicendosi liberali, o essi vogliono funzionare ~el nuovo regime da cavallo di Troia. '* . + • Questo vagq_,sent<>redella Ìoro situazione essi han– no Pt!rò; e ~ailo-ra ricorrono agli espedienti, che tuttì assommano in utla citazionè ·del G1oberti,' <;he iÒ dò _come essi: danno, p..:rchè non• ho tempo di riscon– trarla, -e che torna ad essere una giustificazione del · •fatto presente éome un fatto eccez'.ionaie, benchè essi non tengano presente che. l'dn. Mussolini e i suoi se– guaèi parlano di un regi1ne _da durare ci~quant'an– . ni, dopo di che, ev.identern.ente, l'abito della servitù sarebbe fatto (3). Dice dunque il. Gioberti, secondo l'opinione che veggo .citata senza· iF1dicazione di fon– . te, che « qull,'ndo un'anarchia pervade e turba· la società; se aliora uno o pochi uomini dotati di virtù . grande so.rgono· e raccozzano le ~embra sp·a:rsè, met– . tendo insieme i ruderi çlel. primo edificio, facendone nascere una società novella, e sottra,endo la cosa pubblica·· alle violenze dei tr:sti, e alla licenza. della moltitudi.\le, niuno vorrà negare chè que~ta. autorità sia. legittima, benchè non paia rannodarsi a un po– tere anter~ore ,,. Ed ha ragione perdio! Ma ·ci vuole: 1) un· « anarchia, che pervade la soci1età »; 2) una società sparsasi « ìn pezzi »; 3) ridotta a « ruderi »;' 4) d·ominata ·dalla « violenza d·ei tristi»; 5) contri– stata dal.la « licenza della moltitudine». Nonchè _una ri·voluzione, ancbe un terremoto fa al càsci. 'J'.rovo nelle parole del Gioberti una giustifica~one del colpe di Stato di Lenin,· chè, veramente, nell'ottobre del 1917, la Russia si' frantumava, fra regioni chr. si proc\amavano « indipendenti », parti .della stessa ciittà (la famosa « repubblica dello Schiisselburg »- in -PietroburgÒ) che rivendica~no la loro... «· autono– .mia »··e si ·creavano un. esercito e una handiera, il brigantaggio ·che desola.va. tutto il paese, le antiche legioni ceko-slova.cche d'ell'esercito austriaeo che si· Co'!tituivano in un esercito di ventura·, ed il nemico iri. casa! Ma l'Italia. del 1922. l'Italia· che persino · l'imbelle mano ùell'augustolo Facta poteva tranquil– lamente reggere; veramente questa Italia presentava ' un qu::>lche tenue riflesso del'la paurosa descrizione -chn fa. il Gioberti? Via. anche !''iperbole. ha i .suoi èonfini! : (3) Il Tocquevme per altro pensa, che solo le jst,ituzioni de– mocratiche po.ssono sviluppare e rafforzare il senso della: patria: • -Te dis que"le plU8 puissant moye~ et peut-etre le seul qui nous reste, d"intér.eeser!es hom.mes au sort de leur patri.e, c'est de.\ea fa.irè-part~per è. son g-0uvernement •. - A. DE Toc1+UE– VIL1&: La democra,tie · •n A merique, 1850. I, p. '285. Raoco– qi&n_do. i'llpllra. ai nòstri nazionali,,ti,. perohè, ~iesca a persua– tieth che àolo la deinocràzia può éreare I.a pakrn. Quattro fatti s'invocano a giui;itificare lo straordi– nario rimedio: 1) l'agitazione per la riduzione dei prezzi al 50 % nel luglio ùel.1!)19; 2) l'invasione delle failbr;che nell'ottobre del 1920; 3} la marcia su Fiu– me; 4) lo squadrismo fascista. Ma: i primi tre fatti (che reclamano una severa· inchiesta storica per pro– vare responsabilità estranee agli elementi « sovver– sivi » e che cadono col loro morto peso su limitate categorie di veri anarchici dell'ordine) erano già ces- . sati in· tutte le loro consegùenz.a, quando il fascismo giunse al potere; ed il quarto non può certo impu– tarsi a coloro che ne so'ff!i r ono (4). Comunque, I.love -sta quello stat,o di gene ra.le anarchia del quale parla Gioberti? Verso la metà del 1922 l'Italia era già en-, trata in uno stato di convalescenza; e lo stesso bi– lanci•J andav11 'riassestandosi. Senza l'interregno Bo– nomi, ·che °'rappresentò la prima pausa nella restau– razione finanziaria concepita con serietà dall'onore– vole Giolitti, le cose sarebbero ·andate anche meglio. E dallo stesso normale svolgimento della Conferenza di. Genova ,gii stranieri· avevano tratto auspici non infausti sul tranquillo sviluppo del paese ... ..*... In realtà mi sembra abbia ragione il Prezzolini quando scrive: « il liberalismo ci è venuto di fuori, 11011 è. 111aistato applicato perèhè non· fu mai vissuto, fu una mascherata di dittature di forza e di ditta– ture di corruzione ;,; ed è vero eh~ egli torce, come farmo la _maggioi· parte dei pubbÌicisti italiani (ciò che non to·rm1.lorn molto au onore) ad tm fine .con– servatore le sue desolate constatazioni; ma siccome più su egli ha. detto che il nostro popolo ha creato · sto.ricament~ due soli tipi (ed è vero): il Comune « governo di casa » e la Signoria « governo di un forie » (La rivoluzione liberale, Anno Il, N. 12), egli trova nelle sue stesse osservazionii la, congrua rispo– sta alle sue tesi illiberali, perchè il Comune e so– prat1,1tto la, Signoria sboccarono nelle .dominazioni straniere (XVhXIX secolo), e la rivoluzi:one per l'in– dipendenza si compi m nome della rivoluzione per la libertà! Prova evidente che pre-parano tristissimi giorni alla stessa unità della patria coloro cfi.e tol– g,mo la libertà ai loro concittadini (5). I nostri• liberali• sostanzialmente concepirono· il li– beralismo ,come p,utonomia dello Stato, e ciò tanto di fronte-alla Chiesa, quanto di fronte a.Ilo straniero; furono cioè ùhitari e fautori <lella indipendenza dello Stato dalla Chiesa, non anticlericali, che involge sempre uri conéetto df antitesi fra due pensieri, quel– lo clericale e quello laico, e sin lì non si spinsero. Pochi conoscono la comica storia del monumento a G:•ordano Bruno in Roma, che i nostri fieri liberali paventavano come la mala morte, perchè _avevano sentito dire vagam~nte che Giordano Bruno è il (4) Per altro Renan fa dire a Serva.dio, l'orat-0re aristocratico che vuol spingere il principe Prospero a capitanare l'insurre– zione conserYatrice contro la repubblica democratica di Caliban : , L'c.,sentiel est de· prouver que l'ordre ne e'établira jamais avce un gom•,;rnement d'assemblèes populaires. La tactique est facile. Pour m,ontrer que l'ordre n'existe pa-:1 nous le troublonS\ Nous fajsons dans !es a.ssemblées un •boucan d'enfer: l'un de ,,ous imite le oornet à. ibouquin, l'autre le tìfre. On sort, le.s gens pa.isibles criént au scandale; ·alors nous faisons chorus avcc eùx, ·noll6 levons lcs b1ifs au ciel •· (L',au. de Jouvence. a.tto I, scena V). Tuttavia 11 pi.iocipe Prospero non ne vuol sapere. Le ragioni del barone Serva.dio non potevano convin– CeTe un galani.uomo... . (5) A meno che !'on. Mussolini, essendosi o.ocorto che. a,mando– pooo la libertà. gl'Ita.liani amavano poco anche la patria, abbia, con la compreS3iOne poli-tica, voluto mettere in opera un con– gegno che, col senso della privazione, restituisse anche loro ;1 senso della libertà. e perciò della patria..

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