Critica Sociale - anno XXXIII - n.9 - 1-15 maggio 1923

., CRllflC.A'.- SOCIALE , 139 'delegate, vt risponderanno che quella; è r.oba !'.la.fllan-, tropi, d da sta;tisti, ndn, già da uomini d'affari. , « E1>pure, quando il ·successo nell' industria dtpende così largamen'te dalle relazioni tra gli uomini, possiàlllo - si domanµa, :-.. sia pure da:1--puntodiavista di un astuto· uomo di affari, giustamente· e.saviamente permettere che si dia un, _posto così angusto. aù~e « cose dello spirita •7 E cita(ToLs~oi: « non si può trattare con gli uomini senza amore, come non si può trattare con le api senza' cau– tela ».' Questo amore, però, non deve essere nè « semplice sen– ~,imento, nè emozione .superflciade •· Ci debbono entrare « non il cuore soltanto, ma anche la mente e la volon-· tà ». Insomma - è faci,le prevedere lo ,sbocco· di queste. premei&se· - deve esserci « un senso di solidarietà. di inte- •ressi' tr•a capi.tale e lavoI>o, ». · Qualcuno osserverà: nulla , di nuovo in questo; da Bas.tiat... ail Sinda:catt fascisti· è 'stato ripetuto le cen- tinaia di voJte. · . E' vero, ma l'importante si è che lo dica un industriale, con 'l'intenzione di censural'e il contegno degli indu– st.rialt suoi coaaeghi ve.rso glil operai e mettendo in luce l'aspetto spirituale della questione, là dove· dice che si tratta di un apprezzamento, da parte. dei.capitani d'in– dustria, delle necessità e dei de.sideri umani degli operai da loro di.pendenti; sL tratta di .mettere d'accordo,, con giustizi ii,, le domande degli operai per· una vita più pi~na con que'lle degli azionisti per dividendi più alti; si tratta di abroga~e tutta qo,ella fiùosofla sociale che sta ·dietro le parole: « sono braccia da lavoro ». Più di trent'anni di vita nell'industria hanno con.vinto l'A. che, comunque .abbia da chiarrna11Si l sistema indu– striale, capitalismo, o, sociailtsmo, o con q:ùalsiasi altro nome, « v~ sono certe condizioni fondarrnénta1i che. deb– bono essere •osservate, se si vuole che la fabbrica duri ». Queste condizioni essenz'iaii riguardano: i' sala:rii, le ore di lavoro-, la· sicurezza, èconomica, la posizione morale dell'operaio, e la sua pa'l'tecipazione ama prÒsperttà del- l'industriai nella quale- 'è . occupato., . , Purtroppo•, gli studii che il Rpwntre? ·condusse fino dal 1914 stabilivano che, 1n pierio secolo. XX, vi sono tn Inghilterra milioni di pe·rsone .che vivono sotto id linea di povertà e che, mentre a un uomo e a una donna adulti occorrerebbero almeno,. rispettivamente, 62 scel– lini e 35.scellini 6 d. la .settimana per vivere in uno stato' di normale efficienza, certo- è che « attualmente migliaia di industriali non si rendono •·conto ,d·el fatto· che i sà– larii che• essi pagano sono ina,deguati ad.· assi-cl!lrare ai loro di,pend•enti un ragionevole tenor di vita »« Eppure questi industriali dovrebbero esser convinti che, pa– gando così bassi ,salarii, essi « fanno. qualche cosa che è in contrasto col benessere della comunità », e che- essi c\ovrebberò cercare di migHorare la loro. industria così da trarre, da ilin'acçresciuta efficienza, i mezzi per pa– gare sala,rii più. elevati, sicuri che gli op,erai conispon– derebbero con un più efficace· adempimento del loro . CÒffi\PitO. , ' La giornata di lavoro di otto ore è già universalmente ' adottata nella Gran Bretagna. E ciò è bene, perchè non v'è dubbio che « nessun sistema di industria ·può' consi– derar.si soùdisface-nte fino a che non permetta all'ope– raio di <lis,po-rre, fuori· della porta dell'officina, di uno spazid di tempo adeguato -per soddisfare le aspirazioni della propria persona,lità ». ***, .La sicurezza economica continuamente mina,cclata dalla disoccupzaione: ecco l'alfro peculiare problema della ·Pl'esente società ca,p!lalistica, che ,l'accusa e, la disonora (3). E questo è proprio un malanno specifico ~ell'epoca nostra.' (3) « Se ma.i si 'troverà un rimedio ,alla disoccupazione, quel che a.cèa.de da. due amni a, questa. parte sar.à un giorno riguar– dato., con lo stesso incredulo orrore col quale oirgi leggi a.mo degli abbomini~, clie cacçoll,lpa,gna,rono l'iniziale sviluppo del si– _stema della fa.bbrioa in InghiJterra. Noi stentiamo a credere che. una società che si dioe civile abbia perme5&0 che famciulli di otto anni la.v.orassero. qù.attordici1 ore al ·~iomo con tratta– mento coel crudele da. parere incredibile. Ma. le future gene– razioni stenteranno del pari a, credere ohe, più d'u.n sècòlo dopo, la società permet~ che circa un& per ogni venti pernone de! l'intera. popolazione fosse ridotta. in miseri1& per manca.n,a dì la.vor.o, cosi da vivere ,della. e&rità pubblica. • (Manchester Guardia,,a ~ giornale liberale - dell'B gènn&io 1923). NQtecaGino ·Biànc'p « La disoccupazione_ - ammette il Row:ntree -'- dob– niamo riconoscere che no,n si riscontra nelle primitive p,opolazioni agricole, e ohe, quanto pjù l'industria per– feziona la propria organizzazione, tanto più cresce il pericolo della disoccupazione • · (4). Quale soluzione propone, nella varietà delle contra– stanti opinioni, il Rowntree-? Con un premio del 4 per· cento sui salarti, al quale · contribuissero Lo Stato, gli operai e gli industriali. « il problema ,si potrebbe considerare adeguatamente risolto, assicurando ad ogni opéraio, quand•o fosse dLsoccupato, metà del suo, salario, più il 10 per cento per la moglie, il -5 per cento per ogni 1l.glio sotto i 16 anni, .fino ad un massimo del 75 per cento del suo reddito-». Non si dimentichi, soggiunge i1 Rowntree, che il . ca' canny - il milanese màzzeì minga -, l'opposizione ai cottimo, e ,varie altre condizioni contrastanti il pro– •gresso industriale, « ,sono una diretta conseguenza della paura di rimanere disoccupati •. La posizione morate dell'operai() nella fabbrica è cer– tamente anch'essa una delle cause del malessere che vi regna. Secondo il Rowntree, « quello che gH ()perai do– mandano è di essere c9nsultati prima che si facciano cambiamenti o si emanino rego,lamenti eh-a li toccano da vicino; e quello contro cui protestano è il sistema per cui la Oirez-ione è so-la a decidere delle loro condi– zioni d.i lavoro. Questo. i-o credo•. è ciò che essi inten– dono realmente quando parlano di contr-ollo misto. Salvo pochi pensatori avanzati, io sono c-onvint.o che non vi è in alcuno 1a pretesa di condividere, con la Direzione la resp()nsabilità. di decidere sulle questioni di carattere finanziario ed amministrativo, ma vi è una diffusa vo– lontà di essere liberamente consultati su auella che si può chiamare l'amministrazione degli affari ,sotto il suo aspetto umano. « La giustizia di questa pretesa viene riconosciutn da un crescente-numero di datori d-i lavoro, ed un !sfarnie nnmflro di esperimenti è stato fatto, per trovare il moòo · migliore di dare ad essa pieno soddisfacimento• •. **-* Finalmente, l'industria\ e-scritto.re viene all'ultimo punto per il quale « nessun'industria può considerarsi, secondo lui, soddisfacente, se i lavoratori non -abbiano. una partecipazione diretta alla prosperità dell'azienda nella quale .,sono occupati. E· ciò, come logica conse– guenza della concezi()ne che « l'industria esiste per il ·vantaggio della comunità in generale, e non se,mplice– mente · per quello di p<lchi favoriti ». Oggi gli operai non~ possono conside.rarsi i coopera– tori di una impresa comune. « Essi sono dei servi, pa-. gati dal capitalista; che, per quanto possiate dire il contrario, ha questo solò interesse, di costringerli o persuaderli a dare quanto più lavoro è possibile per la minor possibile quantità di denaro; mentre il loro in– teresse consiste ·nel ri-cevere J}el loro lavor-0 la maggior paga possibile. Tal gene(e di rapporti suona olt.raggio al nostro senso di solidarjetà ,sociale, in quanto, divide la società in due parti: ouelli che pagano un salario è rrnelli che lo ricevo:no » (5). . _ Ora, secondo il nostro industriale, impregnRto dì s~no idealismo,, '« la compartectpazione agli' ùtili viene a sta– bilire rapporti di un genere nuovo ». (4) E' precisamente quan~ il Marx climpsirav&, in successive proposi~ioni. nel orimo volume .del Capitale, come un fatto inde· precabile nella odierna economia : · « Sia. condizione o conseguenza., è certo che la crescente estrn– sione ·Qua.nti.tativa. dei mezzi di produzion" in ~onfronto alla forza di la.voro fo essi incorporata, esprime la cre,;cente produt– tività del lavoro. » (Pa;g. 587), Ma, « a misura. che l'àccrescimento del capitale fa il lavoro più produbtivo, ne di-m.inuisce la domanda pr,.>porzrnnalmcntr, alla propria grandm.za . • (Id. pag. 588), « Da. una l'arte, dunque, il ~apitale addizionale, che si forma nel corso dell'a.coumulazione, attira, proporzionalmente alla oropria. grandezza, un numero_ di operai sempre minore. J;h.1- l'altra, le· trasformazioni tecniche e i corrispondenti cwmbia– menti nella. oomposizione-va.lore, che l'antico capitale subisce pe– riodicamente, fanno sì ohe esso respinga un numero sempre ma(!giore di lavoratori, che prima, invece, erano da. esso atti– rati. • (Id. pag. 595). (5) Con la lucida e acuta visione del genio Carlo Marx ha definito questi rapporti così: · « Lo stimolo potente, la gran molla della produzi_one capita– listioa., è di ottenere la massima valorizzazione del ca.pitale: il suo sco,po determi-nante è quello di estr.arre I.a maggior quantità pos&ibile di plusvalore, ossia di sfruttare il più che sia possi-

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