Critica Sociale - anno XXXIII - n.7 - 1-15 aprile 1923

108 CRITICA SOCIALE 1· 1.ome forma di produzione, in quanto la grande in– ctustcia produce una maggior ricchezza che non ~a piccola industria e l'artigianato; l'inçlustriaMzzazio– ne agraria supera, nella quantità e q)lalità dei pro– dotti, l'agricoltura primitiva ed estensiva; éome poi, rispetto allo scambio, if commercio odierno, l'alta Banca, il mercato cosmopolita intensificano di gran lunga le forme precedenti, attivando e facilitando la. produzione e il consumo mondiale. E sembra inve– ce appuntare la sua critica sulla forma di distribu– zione di questa ricchezza, perchè ineguale (per clas– si), anzi antitetica, accumulandosi tuttà la ricchez– za nelle marti del capitalista a detrimento propor– zionale del lavoratore, ch'è poi l'autore primo di essa, perchè il profitto non sarebbe che lavoro non pagato. ' Ma, dal punto di vista strettamente economico, questa opposizione fra una miglior forma di produ– zione e una forma di distribuzione peggiore sarebbe un assurdo. Se maggior ricchezza significa abbondan– za e perfezionamento dei beni prodotti, essa deve ri– dondare su tutti, compreso il lavoratore: l'equilibrio fra il salario e l'accessibilità· dei prodotti si forme– rebbe automaticamente, dove· ci fosse realmente ab– bondanza di ricchezza, ossia di beni sempre a van- · taggio dei più; anche· se l'fodu!;triale non trovasse .conveniente migliorare, come avyiene nei Paesi di industria progredita e intelligente, le condizìoni di salario, d'orario e dil _sicurezza, nonèll'è di educa– zione tecnica e specializzata de' suoi, lavoratori, per . averne maggior rendimento. In altre parole, non è possibile; economicamente, che, dove l'industria ge– nera una_ stragrand~ ricchezzfl., quivi le moltitudini lavoratrici impoveriscano sempre di più. se· poi. come di soht9 nel Manifesto, ricchezza si– gnifica profitto, ossia nuovo capitale d;sponibiÌe, d11l- ' l'a·ccéntrarsi di questo si può inferire, la maggior proletarizzazione dei ceti medii e operai, ma non · il loro immiserimento; appunto pe.rchè ii capitale è ric– chezza destinata a produrne altra. 'Poco importereb– be che alcuni miliardarii trovassero margine per vivere lautissimamente e per. adornare di gallerie artistiche i loro palazzi, se esSiJdessero davvero in– cremento alla gr_an'de industria, aumentandone la ,potenzialità in ragione dei profitti. E fìe· spodestarli, eguagliando la forma pi distribuzione, non portasse anche a una forma nuova. di produzi,rne, più ricca e migliore; se- impedire con la dittatura l'iqiziativa del capitalismo privato non donasse ·anche uìia som– ma di falicità sociale maggiore co:b.una più abbon– dante produzione collettiva, la rivoluzione c<,munista farebbe un ben magro affare! Dire che un ei;ercito di abbrutiti, di macchine parlanti, pnmdereb/)e il posto degli odiernì produttori, lodati come esperti e capaci di creare grandi ricchezze, e domandar ciò per àboHre il profìtt.o privato, quando si è definito come un .capitale, è istituire un programma ~cono– mico di risultato assai dubbio! Non ce ne' rossiamo congratulare col materialismo re"alistico. . Il problema è dunque mal posto, e bisogna rad-· drizzarlo correggendo il quadro 'rlellò sviluppo bor– ghese, che non mer.ita elogio, perchè la sua maggior capacità produttiva è tutta e solt':l.llto dovuta al ge– nio invento.re rlelle maechi1;1ee all'abilità tecnica dei. dirigenti, _restaQdo al capitalista, in quanto tale, il solo merito di pagar bene per essere servito bene.· Ma l'individualismo economico, che si tiflette p~li- Biblioteca Gino Bianco ticamente nel ·diritto di proprietà privata delll}, terra e 'del ·capitale, diventa invecè un ostacolo alla mag– gior produzi'one e un regime anti-e.conomico per· ec– cellenza.· Ben lungi dall'aver fugato il feudalesimo,. ne istituisce uno nuo-vo assai più grave e impac- . ciante. Ben lungi dall'assecondare la legge econo– mica naturale della libera concorrenza, forma gli accordi fra produttori a svantaggio dei consumatori, organizza i trusts e i cartelli, monopolizza la terra e le materie ·prime, erige il controllo dei baroni dèl , ferro, del· carbone, del petrolio ecc. su tutte le indu– strie èhe ne dipendorlo. B'en lungi dal produrre in abbondanza, dove c'è domanda, fa scarseggiare il prodotto. Ben lungi dall'incanalare la produzione e il èommercio secondo il p,iù largo bisogno e consu– mo, li dirige 'ai generi' privilegiati,· ohe offrono più margine' di guadagno. Ben lungi dal migliorare la merce, frpda nella qualità. Non ,seguendb le leggi . naturali dei mercati, clìe del resto sfuggono al pri– vat~. \)rovoca le crisi. Indifferente ai risultati so~' ciali, stuzzica le guerre e te i,\ommosse. Spesso il capi.talismo è così -la prima vittima del suo indiffe– ,rentismo politico. Dire; inoltre, che la borghèsia ha fatto la rivoluzio- ·' ne, è un equivoco storico, che ormai si dovrebbe cor– reggere. Così la rivoluzione francese, democratica e .razio– nalista, come le rivoluzioni nazionali:, Uberàli e ro; mantiche, come ·le. guerre che _ne derivarono, come i· Gov_erni che ne discesero, non sono gli effetti,- con buona pace di Antonio Labriola, dell'econom,ia ·bor 0 • ghese. Questa se p,e servi poi, per i proprii scopi, ac– cettando le libert"a civili e l'unificazione nazionale, in quanto giovarono alle proprie iniziative, ma pres mendo sui Governi per negarlè, iJn forma di prote. _zione· doganale ci di guerra all'altrui nazionalità, quando più le convenne. Del resto, la grande indu– stria, hen lungi dall'essere al Governo per regolare la v.ita co.llettl.va come·« Comitato· d'.affari », se ne astenne in generale, lasciandone la cura ai ceti me– rlH o alle. rappresentanze popolari, nonchè alle caste aristocratiche. La borghesia è una bestia apolitica, app.unto pcrchè individualista. ' . Ml). ciò ch;e più preme osservare è ~he lo sviluppo dell'industria borghese· ostacola· la maggior pi-odu• zione, perchè appunto. il imo scopo rion è la produ-. zione, ma ìl profitto, ossia la speculazione. La prima diviene ~llora un pretesto pe·r il secondo, il quale. invece di identificarsi col capita.I~, diventa una, ric– chezza fittizia, un giuoco di titoli, in cui, s'impingua chi meglio bara. Del pari, al commercio sano si sostituisce 1~ me~iazione. Onde un'economia' squili-. brata, non perchè progressiva e rivoluzionaria co– me crede il Man{festq, ma perchè fondata su 1 1'az– zardo, sulla specÙla_zione e sulla mediazione, invece che s_ulla vera produzione e sul diretto sc·ambio dei beni. La poslzio'!e politica del problema. Il p~oblema è posto assai mèglio, .se bene a~co:r molto confusamente, alrinizio .della seconda parte del _Manifesto (P-roletarii e Comunisti), perchè quivi, ~ll'1dea di una società puramente economica• che si ev:olve .e_.si trasforma per le· sue leggi, na,tur~li (la__ lt~erta. economica),· -si sostituisce l'idea .dj u~ · so~ieta politica, che reagisce , sul!e l~ggi deW econ~ m18:• e_:r_ie ,p~ò modifica~e . ar~'fìci~Lmen_te. ( ossia pJiì rag10m 1deah e volontane) le forll!e, cli~, la politica I \

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