Critica Sociale - anno XXXIII - n. 5 - 1-15 marzo 1923
CRITICA- SOCIALE 73 ciano ricorso ,per una migliore pereq.uazione del tri-– but9 fra _i colpiti dall'imposta n!lllo stesso es~rciziò_ Una volta giunti al gettito massimo di 750 milioni, !:'i dovrebbe sospendere il ,.c,n Ùtivo ciel co,;tlu~ent.P-, e lasciare che l'ùnpo::;ta d!a ·.1uello che rtJnde col si– stema .di quotità. Nel frn,ttirnro l'appliça.zinnc (che: 0 sper,abite di vedere tinalmrnte attuata) clell'imposta sul reddito faciliterà e preJispc,;-rà q-.:,ella sulle suc– cessioni. Ma, a.nèhe per l'ùnposta sul reddito, biso– gna che· il Governo ~i f,ernuada a c:ompiere una ra-_ dicale riforma (molto più prof0nfa :ii quelle stu.diatc dagli qn. Meda, J:ed~sco · '" Sokd) che ·conse~1ta il massimo gettito col ,mini."TW delle aliquote_ A1tri– ~enti _ il cumulo di ti1tti q,F:sti balze])i reali -f.' per– sonali sui redditi e sui pàtrimonii, in vita e in mor– tè, rovineranno la :manza e lo sviluppo dll,ll'econo– mia nazionale. Una questione da :1tudlare è di vedere· S(!, r,n 'l'ap– plicazione di que('to tributo. n0n si 'debba modificare· la composizione del-le r:,Jmmission~ rnan<lanfontali- e provinciali per f arvi p osto ,. gente in gra.do ,l~ co- i' noscere gli averi g.ei cittadil)i e attribuire a queste ' . Commissioni la facoltà. di interrogare, sotto il vin~ colo del_giuramento, }Wrsone,_che possano dar~ in– formazioni sulla fort•1na .del defunto, come -!:'arèbbe– ro notai, avvocati, ingegneri, r..i.l:(i<:>nien simili-. La rifoi:ma, che_-dovreqbe pure •)ccn2arsi di molte altre · questioni particolari, dovrebbe, insomma, es~ere im– prontata a questi criterii : rendere il tributo tolle– rabile, togliere ,gl'intoppi alla vita economica, ao- · certare con mezzi efficaci la: ricchezza,· a:;~iénrarr il· Fisco contro le frodi e i cittadini contro le spere--– quazioni. La nuova imposta sui red(!iti agrarii dèi proprietar!i coltivatori,' L'altra questione, che Si dibatte 'per opera di va– lenti studiosi, come l'òn. prof. Antonio Ile Yiti de Marco, Si riferisce al decreto 4 irennàio 1923, che istitul. l'.ì.m.posta sui- redditi agrarii dei propriet.arii coltivatori dei proprii fondi. De Viti dé Mare@ solleva un a 1 11 unstione pregiu– dizial!l: nega che la legge 'cata-, tn.le del primo mar- · zo 1886 colpisca- nelle ml).ni del pr-oprietario il solo· « reddito dominicale » eséludendo -il « profitto agra– rio », cosicchè il proprietario tì11ora· n·.W1 rn.ghi ·nè fondialia nè R. M. su questa_ parte del reddito ter– riero. Infatti detta legge - aggiunge il De Viti - non distingue tra proprietario ed irnprenditorè, ma ·considera il proprietario come ~apo dell'azienda e quindi come imprenditore. Il Càt,asto valuta tutto il reddito in moneta e da questo. deduce quote medie per spese di produzione e per perqite eventnali. Nes– suna di qlfeste deduzioni sono quote di 7;iofUto spet– tanti -all'imprenditore, nè _quote d'interesse spet– tanti al. capitale d'esercizio, se si eccettui l'interesse del capitate scorte_ vive e morte, che sono pi.ccola parte del capitàle ·d'eserçizio. Dunque il profitto a-– ·gricolo e gli interessi del capitale d'esercizio restano ne_Jreddito -fondiario imponibile e imposto. E, quan– d? la R. M. (art. 9) colpisce i redqiti agrarii delle persone ·estranee alla proprietà del fondo, il De Viti sostiene, t!).li redditi 'non· sono gli stessi, che ricava il proprietario coltivartdo da sè il proprio fondo. La premessa della legge di R. M. è· che,. quando al pro– nriP-tario si aggiunge un'altra persona che apporti_ . la sua capacità e nuovi capitali'; .essa crea- un nuo: vo reddito. Questa presunzione risponde alla realtà, nasce dalla realtà. In quanto all'origine di questo decreto, il De Viti de Marco ~i associa a quanto gli 'ha ~s.critto un neputato socialista. che non no-· 'rmne, il quale cred~ cjle questo decreto. òffendendo l ·pt~priet11,ril, d_!ftin4ti i fijtl!-biff, <JU!!,li 1 9!!- yerf p,e, sc~cani delfa guerra, temono che i proprie~arii li sr:ac– cino e ritornino, i proprietarii, a coltivare· diretta- mente le loro 'terre (1). · _Ho riletto attentamente la Relazione Messedaglia alla riforma del_ 1886 e gli articoli della legge e, per qmmfo non vi si trovi espressamente indicato' elle a calcolar.e il reddito netto dominicale siàno da detrarsi il profitto del coltivatore e gli interessi del capitale d'esercizio, come pure sarebbe stato desi– derabile, ·non mi pare dubbio che il reddito agrario _ non sia già -colpito dall'imposta fondiaria, .ma ne_ rimangi+ escluso. · L'art. 11 della legge dichiara che·" la rendita im– ponibile è que_lla parte del.prodotto totale del fondo, che. rimane al prop.rietario_ netta dalle spese e per: dite. eventuali » e accenna così alla figura pura e sempl,ice del proprietario, che percepisce una rendita dalla sua terra. Nell'art. 14 la rendita imponibile è calcolata facendo dalla valutazione del prodotto lor– do cinque· categorie di d_etrazioni (2), delle quali la prima si riferisce alle « snese di produzione, conser- • vazione e:tra:sporto (del prodotto) ». Ora le spese di pro.duzion-e del- prqdotto sono comprensive sì delle· quote riferentisi al capitale d'esercizio come di quel– le relative al lavoro, compreso il lavoro dell'im- prenditore. · - · · Quest'fotèrpretazione. _è confermata dalle disposi- . · zioni del ;Regolamento e dalle illustrazioni del Messe- daglia alla legge. · . . . I:.'art. 112 del -Regolamento dichiarà quali sono le ~pese di p_roduzione da detrarre dov_e è in uso il si– stema di colonia parziaria. « Le spese di produzione « si. ritengono consistere in quella quota ·parte di « ciascun .prodotto, che comunemente viene accor– " data al colono in- compenso delle sue prestazioni E' i, delle ·spese che.'deve sostenere per tutti i lavori o,. ·" corre:nti ad ottenerlo, compreso il collocamento nei' "luoghi di custodia, Detratta questa quota dall'in– " te:r:o,prodotto, la residua parte spettante al posses- ..(( sore, valutata coi prezzi stabiliti éome sopra, CO– (( stitui-sce la rendita padronale lorda. Da quest'ul– " tima parte si detrae l'interesse del capitale fornito udal proprietario per scorte -vive e morte ». Ecèù, dunque, ·che si parla-di rendita padronale (ossia di redditi dominicali, escluso quello agrario); di detra- .zione dei· sqli interessi sul capitale investito nelle, scorte vive e morte, p.erchè il proprietario,. nel caso di colonìa, non impiega altro capitale d'esercizio; ecco che· nelle spese di produzione (di cui si pal'l~ nell'art; 14) .entra la parte del prodotto, che va àl colono come compenso dell_e sue prestazioni e delle . spese ·che _cleve ·sostenere, ossia come reddito agrario, derivante ,da iavoro e_impiego di capitale d'esercizio. Sempre è alla parte pa.dronale dei prodotti che si riferisce l'art. 114, e nel successivo~ art. 115 si av– verte-che, c:iove i possessori fanno coltivare i loro fondi in economia, a proprie spese, o li coltivano ei:;si stessi, la valutazione delle. spese di prodnzione (che devono detrarsi ne_l calcolo della rendita pa– dronale) deve farsi col sistema praticato in condizio– ni analoghe per riguardo ai prodotti e alle relative spese di coltivazione. Ora, tutto fa credere ché, nelle spese di produzione e di coftivazione da detrarre, si debba-comprendere non solo il rimborso dei capitali d'esercizio col relativi interessi, ma anche il compen: so del produttore o coltivatore o reddito agrario. La Relazione l\1essedaglia con,f_erµia questa inter- (l)_ Vedi _il Gù-nate Econornico d-i Roma ,(5 febbraio 1923), dov~ oltre lo -scritto del De Viti de Marco, si possono leg– gere, ·sullo stesso.argomento, interessanti ar.ticoli del dott. Mor– minn. e del prof. Einaudi. (2) Il MeSBedaglia nella 1.tel=ione (p. 265-6) attribuisce del resto 11, queste speci-flcaziol)i 1m vi1,lo1•e~emplicemente indica, 1/tJO e nQ!) /q,s.-.qtivq, ··· · .. .. · · • ' •
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