Critica Sociale - XXXII - n. 4 - 16-28 febbraio 1922
56 dìti'rlCA sodiALÉ . La Iugoslavia insiste da otto mesi _perchè le venga consegnata la zona dalmatica che il tr_attato le attribuisce; Della Torretta ha sempre fatto 11sordo, senza addurre nessuna ragione del ~uo contegno, o peggio, adducendo il· ridicolo ·pretesto del non a~venuto accordo .circa argomenti secondari lasciati in sospeso a· Rapallo. Si noti,. che nessun articolo del trattato fa dipendere la sistemazione .territoriale da ulteriori accordi su altre materie, o autorizza l'Italia a trattenersi pegni fino aJra completa riso– luzione dei minori problemi. Con la firma deHa con– venzione, diventarono perfetti i diritti dei due Stati alle frontiere rispettivamente convenute; quando si sostiene che l'Italia ha diritto· a· restare nella terza zona finchè non sarà regolato a modo suo lo sta– tuto delle minoranze italiane in Dalmazia o la que– stione della pesca lungo. le coste illiriche, si dà un solenne esempio di malafede, perchè un ministro italiano degli Esteri - per esempioi un O-ella Tor-– retta - col sempliçe affacciare su quei due punti in discussione delle pretese incompatibili co,n la so– vranità iugostava, e quindi inaccettabili-da Belgrado, acquisterebbe, se quella tesi avesse valore, · la fa– coltà cti tenere in eterno il territorio· da. cui l'Italia. s'è liberamente obbligata a ritirarsi. Insistere nelle sterili proteste parve inutile agli statisti iugQslavi, i qµali non ignorano coine in questo basso mondo il diritto poco conti sè non è soste– nuto dalla forza. E poichè il foro Paese è troppo debole, da solo, per fat•rispettare i patti dall'Italia, e poichè ancora l'unione fa la fo_rza, pensarono di moltiplicare la potenza proprià assicurandosi dei validi alleati. Due giovani e vigorosi vicini della Iugoslavia hanno comune con questa l'interesse a vigilare sull'Ungheria, _del cui territorio si spartirono fra loro la maggior porzione: questo poteva, essere, e fu, il pretesto apparente per la conclusione di una alleanza politica ~ militare .fra Praga, Belgrado e Bucarest: e cosi nacque la Piccola Intesa. Preteèto, diciamo, perchè ciascuno dei tre Stati alleati è, per popolazione e per superficie, di gran ltmga più forte della piccola superstite Ungheria, economicamente rovinata, e militarmente disarmata dal'trattato del· Trianon. Ove si consideri -che, complessivamente, Iugoslavia, Czecoslovacchia e Romenia contano 45 milioni di abitanti, non si può, non sorridere della loro pretesa paura d'un'·Ungheria· ridotta a 5 milioni di anime.... · . · Del resto,· anch~ se la Piccola Intesa avesse nutrito soltanto· scopi antimagiari, l'effetto inevita– bile della politica estera di Della Tòrretta sarebbe stato quello di renderla necessariamente antiitaliana: . perché costui, mirando a suscitare alla Jugoslavia yn nemico che la colpisse alle ·spalle· :nella futura guerra· con l'Italia per la " redenzione ,, di Sebenico e di Spalato, ha svolto una politica così aperta– mente magia.rofila da obbligare, nel çonvegn.o di_ Venezia, l' Aushia ad abbandonare ali' Ungheria parte del modestissìm6 territorio lasciatole dal trat– 'tato di Saint-Germain e a ritirarsi dà Oedenburg e da altri luoghi del Burgenland. Con· quel colpo ·maestro, e con la $impatia ostent_ata in ogrti occa– sione per l'Ungheria df Horthy, il reazionario e na– zionalista ministro italiano ha conseguito questi due vantaggi: di raffomtre l'antipatia d.ella · Piccola In– tesa verso l'Italia, e. di spingere nelle. braccia di qu·ella anche !'_Austria da lui !?acrificata e ricattata. Il convegno- di Lany, ·e_ il ·trattato col~ concluso, ha suggellato l'ingresso dell'Austria nel · sistema d'alleanza degli Stàti d_anul;,iani. · · Ch 1 e questo sistema .di alleanze· ab'bia un'anima antiitali;rna, non solo è·inùtile negare, ma- è anche impossibile, perchè i popoli federati· non ne fanno punto-- mist_ero. Certamente, non -sono i Governi. a· proclamarlo: ma la st~mpa, specialmente quella dei _ dtie alleati slavi, i Serbi e _gli ·czechi, non si cura Biblioteca Gino Bianco affatto.di nasconderlo. A Praga-la causa della Dal- . mazia sl ava è considerata come una- causa nazio– nale; e la diffidenza e il risentimento contro l'Italia ha avuto ragione anche ·degli interessi materiali Hn– medi!lti, cosicch~ gli Czechi s! sono_ ac~or-dati co! .Serbi per fare ·d1 Spalato, anz1chè d1 Tneste assai più vicina e piL1comoda, lo sbocco marittimo dei commerci del loro Paese. Anche un'altra conside-· razione, d'ordine sentimentale, contribuisce a ren~ d,ete gli Czechi. solidali coi Serbi nella· questione deJl_a Dalmazia: ed è· questa, che la stampa nazio– nalista italiana, notoriamente ufficiosa di Della Tor– retta fa dell'irredentismo dalmato non soltanto un probÌ~ma di " diritto ,, italiano, ma sopratutto un problema di " civiltà ,,. Quella stampa, quando parla- delle terre slave, le chiama per dispregio " schiaverìa ,,,· poichè. slavo e. schiavo sono etimo– logicamente e stòricamente una stessa parola; e se– guenç:lo, l'esempio di D'Annunzio, gratifica volen– tieri i Serbi dell'epiteto di " porcari ,, ; e giudica ancora i Croati e gli Sloveni con la. n1entalità del 1848·; e pon. tanto si duole di vedere la sponda o– rientale dell'Adriatico disgiunta dalla .... " madrepa– tria ,,, quanto di saperla contaminata dal dominio di barbari, di " orde,, nate ieri alla cultura europea e infinitamente spregevoli per una stfrpe co.me la nostra, di civiltà due volte millenaria. E' eviden te che questo inodo di ragionare ferisce tutte le na– zioni di sangue slavo, e che il veleno dell'argo– mento deve· essere avvertito tanto a Praga quanto a Belgrado. Quindi i frequenti attacchi dei giornali bo~ini all'Italia, Ìnadcmpiente i· patti di Rapallo; e .la vivace simpatia per la Jugoslavia,• custode dei comuni diritti slavi e del comune·onore vilipeso;. e la stretta alleanza fra i· _due Stati, integrata già oggi dall'accessione deJla Ròmenia, e rafforzata da con– venzion1 diplomatiche 'ed economiche con la Polo- 11ia e .. con la ,Grecia, chè .sicuramente preludono all'ingresso di quei due Paesi nella. Piccola Intesa. Il quale ingresso,. se alla Pol·onia è consig'liato dall'affinità etnica con la Czecoslovaèchia e con la Jugoslavia, alla Grecia è suggerito çia un'altra ina– dempienza i-taliana, · quella del pa.tto firmato da Ve– nizelos e da Tittoni,-implica,nte la consegna alla Grecia· delle greche isole del. Dodecanneso. Anche· ·qui è straordinaria la· disinvoltura con cui l'Italia, liberamente negoziata e conclusa e sottoscritta una convenzione,' muta improvvisamente parere e rifiuti! _di far onore _a)la propria firma. E afiche. qui l'ef– fetto è uguale: -si acquista gratuitamente-l'avversione. . di un popolo vicino, del quale i ricordi del passato e .i comuni int~ressi del présente concoFderebbero. nel farci un a~ico. E si orieritano tutti. questi po– poli, ingannati e violentati, verso altri centri di at- · trazione poUtica e di influenza 'europea. A tante cause che, sotto ·il ·consolato di Della· Torretta., ci ·hanno alienato l'animo· delle nazioni dell'Europa centrale (nostre naturali alleate, se uo– ririni piccoli no'n guastassero Top_era della grande natura) un'altra va· aggiunta, della q·uale da hoi non si parla, ma·molto s'è parlato nelle gazzette czeche, serl'e, austria.che e romène. Quella medesima boria puerile che fece· dire ai nostri nazionalisti essere stata Vittorio Veneto la pjù grande battaglia dell;i storia, e l'Ita!il! aver vinto la tuerra mo11diale, in– dusse coloro e, in generale, la stam.l?a patriottica italiana a ~proclamare, dopo l'armistizio, che nel · n'uovo assetto europeo l'.ltalia: doveva assumere [g funzione di." tutrice ,, degli Stati sorti nel centro del continente, sede-re fra essi com.e arbitra e pa,:.' tron·a, farne strumenti della propria politica impe– riale. J' aie linguaggio assurdo e insolente destò sul Danubio e sulla Moldava un'eco di prof_ondo risen– timento. E non si tardo <:olà a comprendere che il miglior mezzo per escluder~ daWEuro·pà centrale ogni infu'enza stqmiera, era quello d~ stringere i di-
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