Critica Sociale - anno XXXI - n. 13 - 1-15 luglio 1921

u1ùirrcA sbcìALR Vi era stata, nell'ambito parlamentare una· certa _a,llaPatria, .di aver clato loro una v1s1one più misurata - vot~io_ne del .n?stro Gruppo, sui tre ordini del '_giorno· delle possibilità di conquiste attuali, gridando: A noi, Lazzari, Casa.hm, Ate,sandr1, che aveva anch'essa un Eja, Alalà I Non è· che rumore, onorevoli colleghi ! La siguiµc:ato m~lto chiaro i,er chi sà leggere fra le righe grànde f orza mode ratrice non sta in codesta opera, che e udire fra i bisbigli. · , · pùò solo semina.re nuovi odii, i quali ren!l.eranno. più .Er:'_palmuecheaH'a.~~eggiamento purament·e negativo· dìfficili le concdiazioni future, preparare rappresaglie, che' -O. nmh~hs~a, del .:r:esto P_ 1u ~erm.ato che praticato, si VA· I noi vorremmo rlepreca re con tutte le nostre forze, arre– ·ni va, p~r forz11.di_-co:ie, ·sostituendo un atteggia.mento, f stare per un· istante.il progresso civile di no13tra gente. non .~ro volou~anaID;ente collabora.zio'nista {non voglio · La grande forza moderatrice è nella lezione implacabile P.~ectp1tare le-_c_ose, ne precorrere i tempi), ma un atteg· deHe cose - ho ,parlato gia del mito russo-, è nella crisi gta~ento pos1t1vo, che ne: poteva essere la preparazione. t1Jrribile che ci sovra_sta, che 'SÌ svolge fatale, che tutti La .forza_ d~lle cose, per coufessione dei pii:!. estremi e-· noi dovremo superare con pe,zienza, con sacrificio, con ri– strem1St1 dt parte nostra, s,pingeva inevitabilmente « verso nunzie. E le masse operaie lo avvertono anche·. troppo, ; destra•,· per usare il ger&o gro·ssdano della topografia onorevoli colleghi, e moderano le ·loro resi,;tenze, senza , po-lrtica. Si trattava di dare tempo al tempo e non ria- alcun bisogno che ciò _sia loro insegnato nè dal randello Clltizzare una· piaga che' ~i stava cicatrizzan,do cosi ce- nè dal pugnale.. . . · · • leremente. · Così nacque, dicevo, questa Camera nuova, che è . Ora,.anch~ snpponen·do, quel che io non credo,. che i. vecchia sul nas'cere, e riprénde dove interrompemmo, an– questa Camera possa essere vitale. e durare lungamente, •, zi un tantino pili indietru·: heri dicebamus ... il tempo per.il- nuovo assestamento sarà un t8mpotutto) GRAY.Vecchisietevoi!(Rumoriall'estrema.~inistra). perdut'c:1 per il nostro Paese. i' · "rURATI. Vi· sono qui, si capisce, scusa;bilissime va- La guarigione e~·a in cammino, anzitutt<t, perchè le I ni.tà personali (Si ?·ide). Ne_anemo anch_e.da_ques·ta parte: malattie:~. generalmente guarisco11q, e i pqpoli non i L'uomo )JUb~l.1coe la donn_a p..tbbltca in ·_questo s1 muoiono. \ sonugltano (llanta - Applausi all'estrema sinurtra),. e Una voce ( J.ll 1 e strenw destra. I chirurgi siamo stati 1• avviene ch_e, qua_ndo uno è 'eletto deputato,_ parafras·ando noi!\ Vivi i·nrnori all'esti:ema sini#i·a), · il-motto .di quel .Re della Cma, trova.ché il popolo can- PRESID ENTE. Non interrompano!· ' ta' òsan11a ed è in visibilio. Ma, se ci spogliamo di qU:e- TURATI. Onorevoli colleghi, io vorrei, . in questo I sta vanità femminile.· e domando scusa alle signore delle mio discorso bilaterale - èhiamatelo pure la predica di I tribm,e · (Si ride), noi non siamo sodisfatti della Camera un buon pievano - dare una lezione di modestia a tutti i· nuova, anzi, sn troppi settori, troppi di noi ne siamo quanti, n,oi compresi. Ci vengo. . I affiit1,i. · · Dicevo che le malattie in· generale guariscono. E · Lo siete 1 anche voi, onorevole Giolitti; non, ve UE) _quella malattia di· i,ritemperanza di eccessivi);à, di squi- 1 difendete. Tant9 che voi stimaste molto prudente di coif– librio, se •volete, era già alla' convalescenza. 11 fenomei;.o I sigliare al Re su questo tasto un si,lenzio eloquente ... lo non era: - come del :cesto è il fascismo - che un fatale faceste par!Ar d'alt1:o. · e transitorio fenollli'no del dopo guerra. · Prima del giorno delle elezioni, io· presagii che que- Non faccio il professore·d1 storia, ma è facil~ 1·icor- sta sarebbe stata uua «Camera ardente,, che avrebbe cioè dare che tutte le lunghe •guerre hanilo lasciato simili seunto un ca.CÌ.avei·e; .una vlaione •molto lugubre e forse strascichi: l'irrequietudine dei legionari disoccupati, che eccessiva. Ma tutti sen-tiaino che essa lo sarà davver9, sempre furono, fin dall'-antica Roma, il tormento e l'e- che brucerà se stessa e altro e più alto di lei, se non spiaziooe della gloria guenesca, anche per i .vincitori. brucierà subito le proprie scorie (Appi·ovazioni), se non ~Ila irrequietudine nasceva tlnlla gra vit:à defla reprimera .)e proprie pass~orii, se non darà, opera, con crisi, dalla necessità· e dàlla difficolta: formidabile e pau- grandi pompe idF!J.uliche, a spegnere il fuoco del Paese, rosa _della ri.costruzione econoniicà. La. quale negli llDi se non ricupere(à l'eqnilibrio necessario, se non saprà destava frenetici eccessi di paur~, émpiti foHi di terrore, darsi un Gov11ruo che la ;riabiliti,· e se, nàta così male, _GOme l!egli altri aveva suscitato ~peranze mirabolauti, · non saprà avviarsi a viver,e, meglio. premature ed irraggiungibili. - Per gli- ~piriti sem,pl ici, quali sono quelli delle no– stre ma_sse, la reazione all'angoscia della guerra, le ·de• lusioni della p!!,ce, l'esempio di ta·nte rivoluzioni· politi– che e. sociali rbadiaino: più politiche c_hé sociali, mal– grado le eticllette) - tipico l'esempio russo, che era as• .surto iµ[ una specie di mito religioso (aiu~ato in ciò an• che dalla malsana quarantena che, intorno alle cose di · Russia, aveva imposto il postro Governo ( Commenti), tanto che basto ricondurci all'osservazione dell11, realtà,, non di•:C>per spogliare_ll!, rivoluzione russa, che abbattè · lo zarismo, di un'aureola morale, che resterà nell~ storia, ma per ridurre le cose ai termini della possibilità, e della realtà co~cretal; '-·.tutto ciò, ~ q11ell'i~mane- c~·ollo di tronf e,.dt dommaz1on1, qnell'1mprov.v1s0 aflacciars1 dt .co•e nuove, era natu'l'a,Je che accendesse dei miraggi al- l'orizzonte, lYhe 13emlhavano cose salàe e da potersi pre– sto tocca1,e con mano: il doppio. ·mira.èolismo, comunista e sociaJista, da un lato; nazionalista. e fascista, dal lato opy:,osto. due miracolÌsml. - M·osche cocchiere. I q:q_alidue- miracolismi {perdonate adunque alla mia · anzianità questa, che vorrebbe essere una piccola frater– na lezioncina di modesti:a agli uni e agli altri colleghi), i quali due miracolismi tanto più si somigliano, guanto più .s~braoo !'.uno agli antipodi, dell'altro. Eutrambi credono nella taumaturgia della violenza, l'uno piir-far divorare le tappe ali:~ storia,. l'àltro per arrestarla o per deviaTlii. . . . , .. 1 - . · . ;Ebbene, .di ·gu_1e· d1 la semphc1 mosche cocchiere, onorevoli colleg-hi ! Poi~hè la sto.ria XI è si arresta nè mu– ta suo metro. Bll nuove èose, &'oche dalla g11erra, sono germinate, esse .fioriranno e 'fruttificheranno col, 11\VOl'O e negli anni. Queet9 io dissi più :v-olÉe ai m!ei es~rel_ll!Sti: permettete che J,o·d1ca anche agh avversari. Voi v1 i11u- . dete, ,magari in. ~-u~na fe~e, di a vere infren~t~ voi 1~ . interoppranze soc1a\1ste 1 d1 aver fatto tornare 1 lavoratori j • GuiQ · Biar_rco La sup·er.stizi~ne del ra violenza. InGaricato dal mio Gruppo di tratta.re' speçialmeute · la polit_iça· interna, sento che giammai c omi, in qqesto momento ,mi C\onviene la sePenità piu assoluta, il laco– nismo spinto fino alla reticenza, vorrei dire spi-nto jìno alla viltà. • I, ve1·si che pensai ma che non scrissi • - di– cova il compianto poeta - erano i suoj versi migliori. Se questo discorso potrà avere qualche pregio, lo avFà so– pratutto dalle cose che di proposito non dirò, anche· se, ripeto, questo potesse P,arere reticenza, potesse parere viltà. , Il partito socialista, che· ha commesso anclÌ'es.so tiJ,nti errori nell'a, sua giovinezza, li riscattò tutti, se condo io pen~o, con questa viltà, che si è proeosta, anzi - rubando unà frase al mio amico Matteotti, il quàle· fu veramente Proico ·nella sua regione - con «l'eroismC> di questa viltà»: nou temere di essere aécùsato di f\lggire; di scansarsi, di diminuirsi, di avere paura. Ci vuole un po' di coraggio, molto dominio di se stessi, dopo tutto quello.che ili que– sti ultimi tempi abbiamo visto, dopo tutto quello che ab– biamo vissuto e sofferto, per imporci questo cilièio del silenzio. · Dopo l'ecr,idio del teatro Diana di Milanp, chiamato a comrr-emorarè quei mo1'ti, io tenni U:n discorso che fu datq_ poi ia,lle stampe col titolo Abbasso lp, violeuza I Ab– bassò la moi·te I il quale, ripetendo ,;ina· -mia vecchi~sima canzone, etiheggiava lo spirito del Sermone della monta- gna e del pensiero tol'stoiano. . . Nessuna rappresaglia mai, neanche la pi'Ìl'legittima; -spezza1•e il circolo ;vizioi,o, anzi. la_ spirale saliente, 'della violenza, che si espande e prolifera all'infinito; ineglio, millé volte meglio, essere uccisi che ucciJere, megliò es– sere dileggiati che non dileggiare altrui, ossia dileggiare– noi stessi nel simile nostro! (Bravo/\; avere fiducia in se stessi e neHe cose; avere fiducia negli stessi' avver- ·· sari. Di queste dottrine non _ho mai d'ubitato e non du· bito ancora. ' I ,, l

RkJQdWJsaXNoZXIy