Critica Sociale - anno XXXI - n. 6 - 16-31 marzo 1921
8G CRITlCA SOCIALE Il Congresso servì a 0hiarire le posizioni. Si sono misurate le forze rispettive della maggioranza e della mi– noranza. La minoran'za è rimasta sulla riva - com'è nella sua funzione - a custodia degli immortali principi, men– tre il grosso del movimento ha ripreso la rotta. Verso dove? Questo il Congresso non lo ha dPtto. Sarebbe vano nascondersi che vi sono pensieri e stati d'animo profon– damente diversi fra quegli stessi che si sonò trovati d'ac– cordo nel riportare il movimento entro la corrente del socialismo tradizionale. Se si dovesse pronosticare in base ai consensi dati alle idefl centrali degli oratori di destra, si sarebbe portati a credere che il movimento volga al– quanto a destra; ma questi sono indici troppo fallaci per poter fondarvi sopra un giudizio sicuro. Una cosa sola si può dire con certezza, ed è che qua)i saranno le di– rettive e le vicende del Partito Socialista, tali saranno anche della Confederazione del L'avoro. Rinaldo Rigola. :I' Il compito più urgen_te Questo articolo del compagno Cicc-otti, in– viatoci per il primo numero di marzo, ci giunse troppo tardi per poter esser pubblicato in esso. Non perde, dal breve ritardo, nulla della sua attualità e del suo interesse. Si può dissentir~ da qualche particolare affermazione dell'autore . ' ' ma non s1 puo non consentire nel complesso della sua tesi. Il Partito Socialista può e deve, senza· timore di compromettere la sua intransi– genza e contaminare la sua purità classistica farsi centro, in tutti i Paesi, di tutte le forze che in– tendono allontanare ogni minaccia di guerra. Anche da questo punto di vista va esaminato il problema della Internazionale che il nostro Tre– ves esaminava, con tanto acume, nel numero scorso. Occorre tuttavia dir ben chiaro, quantunque possa parer superfluo, che nessuno di noi può pensare che da una propagand.a pacifista-senti– mentale, tutta lattemiele e tutta intessuta di frasi fatte e di convenzionalismi superficiali e bugiardi . ' ffi ' possa vemre un e cace resistenza contro le forze che creano i motivi e i propositi di guer– ra. Ma appunto perciò il nostro Partito è il solo che possa offrire la bussola per una propaganda -contro la guerra. La CRiTICA S01JIALE. Alcuni giorni addietro il Giornale d'Italia ai!si– curava che « due Stati amer.icani hanno ordinato arl nna ditta it.al: ana 10.000 mitragliatrici per un valore di oltre 30 milioni di lire; ma la ditta ha dovuto ri– fiutare l'ordinazione perchè gli operai si sono rifiutati di esegnire lavori di tRl genere». Il giornale fa se– guire alla notizia parole di viva deplorazione per que– sti operai renitenti, la cui colpa, agli occhi dello scrit– tore, non è per nulla attenuata dal fatto - registrato freddamente - che essi alla lavorazione delle armi « preferiscono il licenziamento ela riduzione di orario». _Io ignoro se la notizia sia vera. Disgraziatamente, la cn·costanza che essa sia pubblicata aa quel giornale rion incoraggia a prestarvi fede. D'altra parte~ si trat– terebbe di un caso di abnegazione idealistica in troppo netto contrasto con l'egoismo immemorè e procacciante, BibliotecaGino Bianco diffuso in quest'ora in tutte le classi e in tutti i par– titi, specialme11te rispetto alla causa della pace; ed io esito a credervi, per quanto sia vivo il mio desiderio di credere. Un mese fa io ed alcnni miei amici ab– biamv preso la iniziativa di costituire dei nuclei attivi di propaganda per la difesa e per il consolidamento della pace internazionale, per sviluppare e diffondere una vigile, pertinace ed operosa ostilità alla guerra e alle cause, o ai pretesti, onde la guerra di solito pro– rompe e può domani riprodursi; ma su oltre trecento persone invitate soltanto quattordici risposero all'ap– pello. E le persone invit.ate erano di quelle che con– tro la guerra, mentre questa durava, parlarono ed o– perarono con nobilt.à e con ardimento e sulla cui viva passione per la pare era, quindi, 1~gionevole fare as– segnamento. Io constato con una crescente ansietà e con un senso di amaro sconforto che in tutto il mondo si è allontanato dallo spirito degli uomini, insieme con la visione rlegli orrori della guerra, il sentimento - che parve così ardente e diffuso - di intrapreI\dere un'a– zione gagliarda e continna, per scongiurarne per sem– pre il ritorno. La volontà di militare per la pace, nata e ingigantita nell'odio per la guerra e per gli ar– tefici di essa, dalla piet.à per le sue vittime, si è a poco •a poco snervata e assopita. Senza dubbio, le preoccupazioni materiali per la difficile esistenza del dopoguerra e i problemi ardui della ricostruzione hanno oontribnit.o a distrarre i partiti dal problema dei pro– blemi - che è pur sempre quello della pace -, e la pressione bolscevica da un lato e la reazione naziona– lista e conservatrice hanno deviato gli spiriti da esso. Tuttavia, la sconsolante realtà è questa: che il mondo non si dà più pensiero della minaccia della guerra, non percepisce più l'urgenza.e la fondamentale grandiosità del suo còmpito pacificatore, ei:l ha pres– sochè del tutto dimenticato ciò che ha sofferto e ciò che promise a se stesso, allorchè sanguinava e pian– geva nelle trincee e presso i focolari desolati. Nel suo insieme l'umanità riproduce la spensieratezza frivola e volubile di ciascun uomo, il quale, nell'ora della crisi acuta di un suo malanno e in presenza del pericolo di soccombere, accetta e ricerca tutte le cure per gua– rire e si sottopone ad ogni limitazione e ad ogni sa– crifizio per salvarsi; ma, non appena la convalescenza .sia avviata e il pericolo imminente scongiurato e al– lontanato, l'infermo illuso abbandona i medici e le medicine, la dieta· e l'igieM, e torna agli stravizi, im– memore ed ottimista - salvo a ricomipc'iare! Se un giornale_ avesse ppbblieato soltanto un anno fa il gesto attribuito agli operai dal giornale romano, certamente esso non avrebbe osato censurarlo, e la grande maggioranza dei lettori avrebbe ammirato il nobile rifiuto. Il giornale romano avrebbe almeno . ' ~ ' sentito il bisogno di dissimulare il suo diRappunto, non fos:,.'altro per non essere sospettato di interessata partigianeria per i fabbricanti di armi, sui quali pe– sava ancora ] 'avversione universale, non soltanto per il loro scandaloso arricchimento, ma altresì per la par• te eh~ ad essi si attribui va riella responsabilità della guerra: di tutte le guerre. Oggi, in vece! ... Per quanto la cosa mi rattristi, io sonò obbligato a supporre che oggi la maggior parte dei lettori di qnel giornale ne avrà diviso la opinione contro gli operai che ricnsano di fabbricare le armi. Molti avranno considerato il fatto unicamente dal punto di vista dei cosi detti in– teressi d~lla economia naY.ionale, concludendone, con austera indignazione, che gli operai hanno sottratto alle nostre industrie in crisi- una c9mmissione di 30
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