Critica Sociale - anno XXXI - n. 5 - 1-15 marzo 1921

CRITICA SOCIALE stato·realizznto dalla vittoria, alla quale essi, dunque, a,·evano non p11re il dovere, ma il tornaconto di c:rn– tribuire, con l'offerta del loro sangue e delle loro sof– ferenze inaudite? La grande illusione di Norman Angel è suparat.a, oscurata dai fatti, ()be lE-dànqo eccessivamente ragione! I ,•incitori sono- obbligati a const.atare che una sola partitll del bilancrio df'lla !oro , 1 ittoria ba un consun– ti,·o sicnl'O: ed è quello dei lorò morti in guerra e del con~eguente 11ggravio delle pensioni per le famiglie s11-· . per::ititi. Ln partita delle riparazioni è... ii:reparabile ! I vinti non pagano, perclìè sono ... nelle stP.sse condi– zioni, approssimati vamente, dei vincitori: esausti. E tuttociò che possa essere fatto o tentato di coerdti vo, per obbligarli a pagate, ha la sola conseguenza di li– mitare ancora la possibilità di pagare, di disseccare le snperstit i sorgenti della loro ricchezza. Dal momento che non si può e non si vuole schiavizzare apertamente, materialmente il vinto, la sua schiav.ìtù economica non ha alcuna possibilità di essere realizzata che in pura perdita per il vincitore. Sarebbe un'infamia improdut– tiva, perchè la guerra può_ bensì aprire le vene del nemico, ma la vittoria nou se·rve ad aprire i forzieri, e questa operazione è infruttuosa per il viaoitcìre. Vi è di più: oggi i contribu_llnti degli Stati già belligeranti subiscono la enorme pressione fiscale resa nE'cessaria, per ricostruire, per vivere - e per vi vere di espedienti, che aggravano ulteriormente la crisi che li suggerisce e li sollecita. Ma i contribuenti più tas– sati sono quelli del!' Intesa,· uoo quelli della Germania. In Germania la sferzata sanguinosa della sconfitta, la suggestione della ricostruzione eccitano al lavoro. Gli operai sanno che la loro esistenza sarehb_e material– mente impossibile, seuz-a il loro slancio operoso, per– chè il loro Paese è isolato, minacciato, e si sommer– gerebbe con essi. Le fabbrichè sono aperte, si molti– plicano, intensificano la loro produttività. Nei Paesi vincitori l'ebrezza della vitlona., la illusione di poter scialare con i quattrini dei vinti, l'atte::ia dei' miliardi delle riparazioni hanno grandemente contribuito alla rilassatezza fannullona, lianno svigorito le iniziative, hanno smorzato gli slanci della r1présa dopo l'armi– stizio, attraverso 11 diftuso e :t:otleot.timismo ·sull'avve– nire, confidato ai miliardi dei vinti. Che cosa si può fare? Non certo fare una otH,va guerra ai vinti d1 ieri per obbligarli a pagare. Il loro ctebito diventerebbe, insieme ai bisogoì dei vincitori, più grande, e la loro possibilità di pagare più piccola. Nulla può essere fatto contr.o i vinti, che non colpisca i vincitori. La guerra, che li doveva abissalmente di– videre, ha creato questa paradossale solidarietà fra vinti e vincitori, e per il fatto stesso di avere sc·ate– nato una tremenda crisi dell'Umanità, la guena ha determinato e va maturando aspett;.i ed energie impen– sate di unità umana, come è accaduto durante e dopo tutte le grandi crisi della storia. La guerra va capo– volgendo tutti i rapporti che l'avevano determinata e che essa stessa aveva, nel suo svolgimento, creati; anche i miti, nei qua1i quei rapporti si proiettavano, sono completamente rovesciati, e il mo1·., tita vita mea domanda . alla logica e alla verità urna a una prùnta e radicale revisione. Bisogna condonare i credi.ti: non vi è altra via di scampo. Ma conviene che siano condonati" tatti i cre– diti, fra tntti i belligeranti. Non solamente i crediti fioanziarii fra gli ex alleati. Alla pacificazione del mondo, alla ripresa della vita e del lavoro, alla re- staurazione della civiltà umana ques~o condono reci– proco, questa cancellazione totale, questa Seisacteia eca Gino ..Biànco 'aei crediti morali, che ciasCUJJJJv3intt, ancora· verso l'altro, è indispensabile ancora più del condono dei crediti finanziari. Dev'essere, questo, l'ult.imo atto, l'atto decis~vo cl.ella smobilitazione degli odi. Fino ad oggi si è continuato a parlare ed a seri• vere degli ex nemici sopratutto per mettere in rilievo, per esagerare i loro torti e i loro difetti e per mante– nere de~ti iutornò ad es,;i la vigile diffidenza, il ran– core permaloso e lo spirito vendicativo. E' qecessario, d'ora in poi, U1ostrare lealmente e serenamente ciò che i nostri ex nemici banno di buono, di migliore, per far risorgere intorno ad essi la fiducia riconcilia– trice e. per attirarli e incltv1erli defìuittyamente nell'o– perosa c:illaborazione di. tutte le forze, cbe ~ necessaria alla restaarazione del mondo, nell'interesse d.i tutti e di ciascun-:>, e alla quale ciascun popolo può e deve recare il contributo, che. è sempre pi-ezioso, del suo genio particola1·e e nelle sue speciali attitudini,. A dispetto di molte realtll attuali scoraggianti, malgrado la folle temtcia con la quale molti coot;nuano ad alimen.!;_areartificialmente, in se -;;te,;si e negli altri, i ranoori, le· divisioni, i particolarismi orgogliosi del nazionalismo, la reciproc;a amni.stia morale verrà e -il . progres~ivo oblìo pacificatore la suggellerà. Perchè ciò non è soltauto un nobile r 1 esiderio, ma è altresi• una céncreta necessità per la vita di tutti, vinti e vinci– tori di ieri, A ben couside-rare Je cose, uno dei paradossi ... 1•eali, più €spressivi, çlella guerra è nella creazione di una quantità di attrazioni .nuove, che, essa svifoppa, in piepo fratricidio, fra quelli stessi che si com battono. • Intanto, combattendosi, si éonoscono - e la reciproca ,conosceuza, sia yure fatta nella luce sanguigna delle battaglie, è il primo passo ,·ersn. la reciproca _com– prensione, che è la premessa dell'intesa .e della con-· cordia futura. L'ignoranza è l'ultimo cerchio della mort~, e tutti sappiamo come i popoli si odino, e sia facile ai Joro reggitori é ai loro sobillatori eccitarli al rancore e al disprezzo reciproco, dando loro a credere numerose menzogne infami iutorno ai nemici, sfrut– tando la ignoran.za 11ella quale ciascun popolo vive_per ciò che concerne la storia e la vita degli altri popoli. Gli eserciti scagliati in guerra l'uno contro l'altro pos• sono uccidersi, ma non si ignorano più. I sqldati reduci da tutti i fronti del la, guerra cii han no coocordem~nte narrato il desiderio di tutti, nelle opposte trincee, di leggersi negli o?chi e nelle anime; e una volta cono– sciutisi, una parte dei loro odi ciechi si dissolveva ed evaporava al calore di pensieri nuovi, profondamente umani, che obiettivizzavano il nemico e'persuad~vano a considerarlo soltanto uno strurnento passivo, com~ noi stessi, di una tremenda fatalità. Questi rapp0rti a tutti noti fra i soldati nemici, da trinc'ea a. trmcea, fecero· sì che essi agissero ancora, ma non più per l'odio, bensì per una necessitil che li avvinceva alla ;i tessa catena e che si chiamava: il dovere. In un certo sensò, l'essere nemici ha ::iegnato un .progressb· in confronto dell'essere stranie·ri, perchè i nemici si riconciliano, co.mprendendosi, gli stranieri covano l'o– dio nell'isolamento cieco della superstizione patriottica. Inoltre, la gu,•rra ba lasciato que:sta preziosa ere– dità spirituale, che noi abbiamo il dover~ (e dobbiamo alimenlare il desidei:io) di custodire e di sviluppare: la curiosità indagatrice sulla vita complessiva dei po– poli stranieri. Mai come ora_ fu diffuso in ciascun p'l– polo il desiderio di conoscere la verità ~u ciò che_pen- , sano ed opemno altri popoli, e quest > sguardo deil'a– . nima nostra già si dilata dall'Europa all'Asia e rin– merosi euPopei, · di madie couvi nzioni, di temperata I

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