Critica Sociale - anno XXX - n.21 - 1-15 novembre 1920
CRITICA SOCIALE 327 E mille altre divergenze si potrebbero notare, che non vertono su particolari di poco conto, ma investono forme fondamentali dell'azione socialista nel loro con– tenuto intrinseco e profondo. Dovremmo dunque co– stituire altrettanti Partiti? E a quali si iscriverebbe cia– scuno di noi, che sopra i singoli problemi sente affinità di pensiero con persone da cui diverge in mille altri punti? E quali esosmosi ed endosmosi avremmo ogni giorno fra questi molteplici Partiti, secondo che 1~ vi– cende esteriori facciano maturare convincimenti nuovi e determinino nuovi atteggiamenti? Ieri, durante la guerra, furono concorderr.ente partigiani di neutrali– smo assoluto e di un assoluto, agnosticismo socialista in fatto di problemi nazionali, uomini che oggi si tro– vano di fronte a combattere pro e contro la nuova con– cezione comunistica orientale; della quale si trovano, viceversa, ad essere, insieme, paladini chi aspirò, dopo Caporetto, alla pace o alla rivoluzione, e chi s'inserisse invece allora nel corpo degli arditi. Per tutte queste considerazioni e, sopra tutto, come abbiam detto, per la preoccupazione di mantenere sal– da la compagine delle organizzazioni sindacali, noi sia– mo unitari: unitari, s'intende, fino al momento in cui la differenza di-tendenze avrà questo duplice carattere : a) . di essere espressione non casuale nè transitoria, ma permanente, di due concezioni organicamente di– verse: b) di segnare un dissidio così profondo da creare un reciproco intralcio ad ogni for._i:na d'azione. Ma quel giorno non saranno necessarie espulsioni di uomini nè di gruppi : ognuno sentirà il bisogno spon– taneo di scegliere e di seguire la sua via. * Tutto il contenuto della mozione di Reggio che vien dopo questa affermazione di sentimenti unitari, può dividersi in due parti : la prima delle quali tende a ricondurre alla giusta misura le divergenze fra la no– stra e le altre tendenze, che i seguaci di queste hanno, in più occasioni, mirato artificiosamente ad esagerare; la seconda tende invece a segnare la diversità, in con– fronto delle altre correnti, delle nostre valutazioni e previsioni e dei metodi d'azione da noi propugnati. Rimandando ad altra volta la trattazione di questa seconda parte, che richiede e· merita accurata disami– na, vogliamo qui ora chiarire soltanto la prima, nella quale sono accennati e risolti questi tre punti : ade– sione alla Terza Internazionale; uso della violenza: in– staurazione della dittatura proletaria. C'è tra i massi– malisti chi ci attribuigce una aprioristica avversione a tutti tre questi punti : perciò fu opportuno e tutt'altro che superfluo chiarire che, e per quali ragioni, e fino a che limite quella attribuzione non è esatta. Tutti, senza eccezione, riteniamo ormai morta e sepolta per noi la Seconda Internazionale. Composta di ,partiti che non seppero difendere la loro idealità e la lasciarono travolgere e affogare nei gorghi più impuri dello chauvinisme, e si fecero strumenti di pro– paganda bellica e di seminagione di odio fra i prole– tari delle varie nazioni, essa non poteva nè può avere più oltre l'adP,sione di coloro che si sono mantenu1i fedeli ali 'Internazionalismo nel momento in cui tale fedeltà non era più soltanto un'accademica espressione di pensiero, ma doveva essere norma di un 'azione, che richiedeva serenità di giudizio, indipendenza e fer– mezza di spirito, prontezza al sacrificio. E poichè non com~epiamo la possibilità di un movimento socialista isolato nell'àmbito di una singola nazione, noi abbiamo , iblioteca Gino Bianco accolto e appoggiato l'adesione del nostro Partito alla Terza Internazionale, e a questa siamo tuttora favore- •voli, purchè e finehè : 1 ° la Terza Internazionale non pretenda di soffocare, con ordini autoritari -o con l 'im– posizione di un unico modello d'azione e di istit11zioni, la necessaria autonomia del movimento socialista nei singoli paesi, che non può essere subordinato alle esi– genze, per quanto tragiche, di un paese solo; 2° non cerchi, nell'illusione di conseguire più facili successi'. alleanze di forze (o anarchiche-sindacaliste, o naziona- 1 liste-militariste, o demo-massonichè: Armando Borghi, Enver pascià, Cachin), che' mirino a fini discordanti da quelli del socialismo, o a dirittura contrastanti con es– so. Se queste condizioni non potessero conseguirsi, noi pensiamo che diverrebbe necessario per il nostro Parti- to salvare da ogni imposizione e da ogni innaturale al– leanza la propria libertà e integrità, e valersi del cre– dito acquistato con la sua condotta durante la guerra per promuovere l'accordo di tutti quei socialisti che, pur riservandosi ampia litiertà di giudizio e di apprez– zamento sulle dottrirte e sui movimenti ed esperimenti bolscevichi della Russia e d'altri paesi, hanno saputo mantenere sempre fede alle idealità_ socialiste e ai principi internazionali. Sulla violenza e sulla dittatura fu espresso ormai più volte il nostro pensiero e parrebbe non dovesse esserci bisogno di ripeterlo. La mozione di Reggio di– ce chiaro : l'uso della violenza per il compiersi del passaggio, che gli eventi siano venuti maturando, del potere dalla classe borghese alla classe proletaria « non può venire negato, ma non può essere che lo sforzo ultimo cui il proletariato ricorre contro la cieca resi– stenza e compressione della classe borghese, e per spezzare un 'organizzazione sociale incompatibile con ia nuova economia e coi nuovi metodi di produzione ». Pertanto il concetto della -violenza non è elemento in– trinseco della concezione socialista; è soltanto un'esi– genza pratica del movimento per vincere )e resistenze che esso trova contro dl sè. Ed è un 'esigenza a cui si adatta perchè non può sottrarvisi, pur considerando la violenza come contrastante ai principi morali cui dot– trina ed azione socialista si inspirano. Alla stessa stregua va considerato il concetto della dittatura. Noi pensiamo che farnetichi chi si compiace di imaginare una antitesi fra le idealità democratiche (parliamo delle idealità, non dei partiti che le rap– presentano indegnamente o le tradiscono) e il socia– lismo. Il socialismo supera quelle idealità ma non le nega: non _nega i diritti che hanno le maggioranze a prevalere, e le minoranze ad essere rispettate; non nega il suffragio universale nè le altre conquiste de– mocratiche : le vuole anzi integrate e allargate col referendum, col diritto di revoca dei mandati, e così via. • La dittatura non è pertanto neppur essa concetto intrinseco al divenire del socialismo; è anch'essa una esigenza cui esso deve piegarsi in contrasto con la sua natura e con le sue idealità. E (o può essere) ne– cessaria, solo in quanto bisogna vincere le resistenze, attive e passive, di un assetto sociale che, pur es– sendo in grave decadimento e destinato irremissibil– mente a morire, ha per sè la forza della tradizione che si è radicata nelle istituzioni e nei rapporti sociali, nelle consuetudini di vita, nelle ideologie cui gli spi– riti incosapevolmente s'adattano come a verità incon– cusse ed eterne. Per conseguenza è escluso che la ditti:itura abbia
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