Critica Sociale - anno XXX - n.21 - 1-15 novembre 1920

326 6RITICA !Ot}IALJ! I tuno di tìssare, con ut,a esegesi piana e chiara, i punti fondamentali della mozione votata a Reggio Emilia. Cominciamo dal nome che la frazioP.e si è data. li nome di « concentrazione socialista » risale al Con- , vegno ·tenuto a Milano il 30 agosto del 1919. Mentre gli organi direttivi del Partito correvano dietro ali!;! nuova concezione del movimento socialista, la quale trovava la sua espressione nell'esperimento russo; e si proclamava che l'azione -di Lenin aveva superato il pensiero di Marx, che la repubblica dei Soviety se– gnava il fallimento della dottrina del « socialismo scien– tifico » per cui la piena maturità dell'ordinamento bor– ghese e il pieno sviluppo della produzione economica che in esso s'organizza e si svolge sono le condizioni necessarie a preparare l'avvento del socialismo ;___men– tre si diffondeva una concezione per cui la violenza non era più soltanto la levat'fìce, ma la gener:atrice della storia e delle nuove forme sociali; .e_si teooeva, come tuttora si tende da molti, a segnare il trionfo ùi quest~ nuova interpretazione del pensiero socialista, dando il nome di comunista al Partito che ne era sin qui stato il sinÌbolo vi_vente: in queste condizioni pàr~ ve opportuno riunire uomini che avevano appartenuto ·-' a diverse tendenze, non soltanto vecchi seguaci del riformismo, ma anche compagni fedeli al rivoluziona– rismo intransigente, che si trovassero d'accordo sulla necessità di difendere la vecchia concezione marxi– stica (come la buona, la genuina espressione del• pen– siero socialista), contro le deviazioni massimalistiche e contro la minaccia di pericolosi mimetismi, i quali, movendo dall'Assoluto, negando ogni efficienza di con– dizioni di· sviluppo storico e sociale, pretendono di se– gnare UP.asti;ssa via e uno stesso passo al movimento proletario della Mongolia e dell'Inghilterra, della Ger– mania e dell 'Afganistan. Riconosciamo che l'intento non fu raggiunto se non in piccola parte. Ma poichè esso rimane immutato ed è stato inteso e accolto anche da compagni (cito ad esempio il Tiraboschi), che non sono mai stati seguaci del riformismo, al quale si dichiarano anzi tuttora espii– ,citamente avversi; per questo il nome di « concentra– zione socialista » è stato conservato ed è pienamente appropriato, e pare strano voglia negarne la legitti– mità chi, viceversa, è costretto a riconoscerla anche nel titolo del suo articolo in cui fa appello all'unione di tutti i comunisti per purificare il Partito dalla pre– senza di coloro che non accettano tutto lo spirito del programma comunista, bandito .dalla Terza lnternazio– nale. Ottimamente: di fronte al vostro comunismo .di - marca orientale, noi diféndiamo e rivendichiamo il no– stro socialismo, alla cui voce e sotto le cui bandiere si è risvegliato e raccolto in quest'ultimo tre_ntennio il Proletariato italiano. * Pur convinti dell'esistenza di due concezioni che lottano entro il Partito, noi siamo e ci siamo dichia– rati unitari e avversi ad ogni scissione. La ragione risulta da tutto lo svolgimento della discussione fatta .a Reggio Emilia .ed è iù queste stesse colonne molto chiaramente incisa dal compagno Zibordi. A Reggio Emilia prevalse la voce, non dei dottrinari per cui ii socialismo è meditazione filosofica (pur rispettabilis– sima) o figurazione estetica (pochissimo rispettabile, viceversa); ma è movimento di folle, è sforzo di con– quista, ·è azione illuminata da un pensiero e volta ad una mèta. Essi sentono e sanno che il Proletariato è BibliotecaGino Bianco forte perchè ha una disciplina e che questa disciplina gli viene dall'unità del Partito che ne i~pira e ne guida i movimenti. Se questo Partito si scindesse, anche l 'u– nità del movimento proletario si spezzerebbe : sareb– be come una nave a cui due bussole segnassero una diversa direzione e che dovrebbe restare. immobile e senza guida e senza scampo, in mezzo ·ai marosi ohe la percuotono d'ogni• parte. Questo nostro desiderio di unità non è pertanto nè adorazione· di un feticcio nè disconoscimento della gra– vità del dissenso che oggi divide le varie tendenze rac– colte nel Partito, nè, tanto meno, espressione di insin– cerità praticata per fini subdoli, come qualche socialista di guerra vorrebbe far credere. D'altra parte, come nota la mozione di Reggio Emi– lia, questa diversità nel valutare le esigenze e fissare i caratteri, le forme, i fini del movimento socialista non è cosa nuovi d'oggi. E almeno un ventennio che la lotta è aperta, ed ha avuto asprezze, in certi momenti, non inferiori a quelle d'ora. Ma l'unità è stata mante– nuta e ha servito ad evitare ogni crisi nel movimento operaio, il quale, pur con le vicende di espansiq_ni e di contrazioni determinate dalle condizioni della produ– zione e del mercato della 'mano d'opera, ha avuto una continuità di cammino che non si è interrotta mai. Ce ne andassimo pur noi dal Partito, o fossimo espulsi : forse che ne verrebbe unità e coerenza di idee? o non piuttosto quelle stesse gq1dazioni di pen– siero che ora si sentono vicine per comune avversione contro certe idee nostre, sarebbero spinte a palesare e ad esagerare le loro intime divergenze? E, sin da · ora, è possibile una piena in'tesa tra chi non vede altro mezzo di trionfo per il n.ostro Partito che l'imitazione del movimento russo e l'import11zione degli istitufi so– ciali che là furono creati; e chi difende l'autonomia e rivendica le esigenze particolari del movimento socia– lista nei singoli paesi, in rapporto alle condizioni este– riori, al grado di svi)uppo storico-economico, agli or– dinamenti esistenti, alla psicologia etnica, alla tradi– zione, ecc., ecc.? Ci sono, fra i cosl detti comunisti, gli astensionisti, che non solo negano ogni valore alla lotta per la conquista dei pubblici poteri, ma le a.ttri– bui~cono anzi un effetto di pericolosa deviazione; e ci sono gli altri che alle lotte elettorali partecipal'lo con lo stesso fervore con cui preparano gli scioperi generali o si sforzano di giungere, attraverso l'occupazione del– le fabbriche, all'espropriazione capitalistica. Tra gli stessi massimalisti elezionisti l'accordo non è molto più stretto, come risulta anche dai programmi delle presenti lotte amministrative: c'è chi concepisce la conquista del Comune come un mezzo di sabotare- que– sta istituzione, considerata, come il Parlamento, uno specifico prodotto della società borghese, incompati– bile pertanto col regime comunista; e c'è chi propugna invece una larga espansione di attività dell'organismo comunale per la difesa degli interessi del proletariato, nella sua dupiice qualità di produttore e di consuma– tore. Il Consiglio Nazionale, nel 5° çomma della mo– zione relativa alla conquista dei Comuni, votata lo scorso aprile, imagina una costituzione di Soviet chP, s'attui al di fuori degli attuali istituti pubblici (com– presi r Comuni) .e si sostituisca ad essi, rovesciandoli; invece i socialisti. genovesi (vedasi l'Avanti!, edizione milanese, del 30 ottobre u. s.) considerano il Comune come l'equivalente italiano del Soviet nelle funzioni (che sono la cosa essenziale) di cui è capace, se anche non nella forma (che è elemento esteriore). I I

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