Critica Sociale - anno XXX - n. 19 - 1-15 ottobre 1920

296 CRITICA SOCIALE che, nel suo recentissimo discorso (24 Ìugli-0) sulla nominatività dei titoli. cosl si esprimeva : « Noi dobbiamo iniziare una forte politica di espor– tazione. Dobbiamo fa.ria finita con la politica dei divieU; dobbiamo, se occorre, privarci di sostanze alim<'ntari indispensabili, per mandarle all'estero». Prima di arrivare a questo estremo, l'Italia ha molto altro da esportare, di non assolutamente indi– spensabile alla alimentazione nazionale. Uno Stato Italiano forte ed organizzato può impo.rre alla Na– zione di privarsi almeno in parte di un consumo volut– tuario come il vino. e di utilizzare la materia prima, sperperata in bevande alcooliche, per produrre inve– ce un alimento prezioso per il consumo interno e per la esportazione. Certo che lo Stato dovrebbe vincere resistenze attive e passive enormi da parte dei tre gruppi interessati : produttori, intermediari, consu– matori di prodotti alcoolici. Basti ricordare che vi sono in ltalia 222 mila esercizi pubblici con vendita di alcoolici, pari ad un esercizio di vendita di alcoolici per ogni 150 abitanti, e che vi sono grandi centri, come Milano e Venezia, che hanno un esercizio di vini e liquori per ogni 50 abitanti. I « bevitori » di vino tumultueranno, perchè il vino sarà ancora più caro; grideranno gli « osti » e gli altri intermediari, specialmente se,· nell'interesse del– la pubblica salute, si impediranno sul serio le sofis_ti– cazioni sul vino. Ma saranno ugualmente tutelati gli interessi della viticultura -nazionale, se il frutto della vite sarà utilizzato per alimento degli J taliani e per esportazione all'Estero; allora la viticultura darà una sorgente di vera ricchezza per la nazione tutta, e non solo per i ·proprietari dei vigneti e per i venditori di vino. L'agricoltore italiano deve comprendere che tutta la economia va trasformandosi con un indirizzo in– ternazionale richiedente la specializzazione della pro– duzione. L'Italia è fatalmente, per ragiQne di clima fisico, per cause cioè geolo_giche e geografiche, una pro– duttrice di uva, ma è solo per ragione di clima sto– rico - per i costumi dei suoi abitanti - la più grande consumatrice di vino d'Europa, e quindi del mondo. Non possiamo modificare il clima fisico, pos– siamo modificare quello storico'; non possiamo do- • vunque sostituire alla viticultura la cerealicultura, la.. frutticoltura, la bieticultura, ma possiamo, e qui_ndi dobbiamo, trasformare, almeno in notevole parte, i prodotti della vite in una merce, che sia utilizzabile all'interno ed all'estero come alimento equivalente del pane, della carne, del latte, dello zucchero. . Inoltre, là dove la fillossera ha distrutto o sta di– struggendo zone viticole meno favorevoli alla vite e più fa,vorevoli o adattabili ad altre colture, occor– rerà ricorrere a queste ed abbandonare fa vite. Il Dott. Ruatti, nel suo studio più sopra citato sulla viticultura nel Trentino, scrive a questo riguardo: « La ricostruzione delle plaghe danneggi.ate dalle operazioni belliche o d.a.11.a fillossera è un pr.oblema assai complicato, il quale richiede degli stµdt da lo" calità .a località. « S'intravvede però la. tendenza, particolarmente nella V>alsugana, di intensifi.care la frurlticultura a spese d'ella vite. « Nel Trentino l'industri.a dei frutti assurge ad una eccezionale importanza e non teme yoncorrenza ·di BibliotecaGino Bianco ' sort.a, anzi, quanùo i prelibati prodotti frubticoli tren– tini avr,rnno conquistato i me11ootidel Regno (d'Ita– lia), l'agricolluoo, il.rentina troverà certa!'.Dente conve– niente specializzare questa forma economira (sosli– tu,endo cioè I.a fruUicultur.a .ali.a viticultura), la quale non esclu<le per nulla l'.allev.amento del bestiame ». Ciò che dice il Ruatti del Trentino rispetto alla rimanente Italia, si deve dire di questa verso gli altri Stati europei e transatlantici. li clima fisico, e la vicinanza all'Europa centrale, 'possono permet~ere all'Italia una notevole specializ– zazione di colture agricole per l'esportazione di pro– dotti primaticci. E questione di lavoro e di studio, di produrre in qualità anzichè in quantità. Ma è sovratutto questione di sostituire all'interesse egoistico dei singoli produt– tori e a quello altrettanto e[loistico dei singoli con– sumatori l'interesse collettivo della Nazione nel mo– mento presente e per le generazioni future. Cotesto egoismo si basa sulle abitudini anti-sociali del consumatore, che fa un enorme uso di una bevan– da non alimectare, facilmente dannosa alla salute individuale, a quella dei nascituri e degli infanti, pur di godere nella volgare gozzovigli-a quotidiana. L'errore degli uomini di Stato in Italia si è di accanirsi sovratutto à legiferare per regolare i con– sumi, anzichè limitarli effettivamente ed organizzare ai fini sociali la produzione. L'On. F, Ciccotti scriveva mesi or sono (« Tempo» di Roma, 26 marzo 1920) : « Il: non solo necessa.rio, ma urgente, ,aaoit.are il principi,:, che la proprietà non è un privileg1o ma un.a. funzione soc.tale, coordinata e subordinata ai diritti e aHe ,esigenze ·della collettività nazionale; quindi quei proprietari i quali si ostinano, per egoistici torna– conti, a coltiw1,re ciò che non è indispensabile, inve– ce di produrre -ciò di ,cui manchiamo, e .che, peggio .:mcor.a, non producono nulla, devono ·essere sostituiti nella gestione e gradatam~nte nella proprietà del suolo dalle collettività organizz.ate dei coltivatori de bitamerute finanzi.ate e poste in condizioni rii provve dere ad un v.alid'o incremento della produzione miag– giormente richiesta dai nostri mercati di consl.l!Qo ». Ora dobbiamo dolorosamente prevedere che la semplice eliminazione del proprietario. con trasferi– mento della pr.oprietà fondiaria o alle famiglie di la– v,oratori - piccola proprietà - o a gruppi di lavo– ratori (Cooperative agricole) o alla Nazione con suc– cessive concessioni enfiteutiche ai lavoratori, non condurrebbe nel nostro campo ad un rapido incre– mento delle produzioni maggformentè richieste, non limiterebbe affatto la produzione ed il consumo del vino. Il mercato è regolato non solo dal quantitativo e dalla qualità del prodotto, ma anche dalle richieste . del consumatore. Gl'Italiani pretendono quaranta milioni di ettolitri di vino per il loro consumo; i ferrovieri del Pie– monte hanno fermato treni-merci che andavano in Svizzera, sospettando esportassero vino. Ma, per trasformare una produzione di sostanze voluttuarie (vini). che non arricchisce la Nazione, in altre sostanze (prodotti analcoolici dell'uva), che sa– rebbero di ricchezza nazionale perchè largamente esportabili e capaci di diminqire notevolmente il dis– avanzo del bilancio nazionale, bisogna agir.e con-atto

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