Critica Sociale - anno XXX - n. 19 - 1-15 ottobre 1920

CRITICA SOCIALE 295 resistenza intransigénte, perfino su questioni prima d'ora pacificamente risolte, come il principio di mas– sima del contratto collettivo », mentre « pfù signifi– cativo indizio di questo nuovo spirito combattivo tra gli industriali rilevava la Commissione nel vasto ag– gregarsi federativo, che dovunque si avvertiva, tra le categorie padronali, per l'innanzi non disposte alla disciplina sindacale », preparato dalla mobilitazione industriale e promosso dall'« imminenza del peri– colo n internp, il qU;ale trova gli imprenditori « in– dubbiamente meglio preparati - a fropteggiarlo con coscienza di solidarietà unitaria » per opera delle loro organizzazioni, che spiegano una forza di equilibrio « contro il prevalere delle energie economiche con– trarie e assicurano .la difesa dai soprusi politici del Governo asservito al ricatto demagogico » ( I). 4. "L'e"quo profitto,,. La lotta tra capitale e lavoro va, insomma, accen– dendosi ovunque e, cosi come in Germania la i< mag– gioritaria n Confederazione del lavoro è costretta a chiamare a raccolta le organizzazroni .per la difesa di conquiste sanzionate dalla legge e in Italia infuria una gigantesca battaglia di classe, la cui posta è an– ch'essa la « democrazia industriale», in Inghilterra, secondo il fabiano « New Statesman n, si prevede generalmente per l'autunno un serio conflitto generale economico e già ora la minaccia dello sciopero dei minatori mette il Paese innanzi ad una situazione catastrofica. « In realtà - osserva la Rivista (2) - si è rag– giunto un punto in cui un urto tra capitale e lavoro - disastroso per la collettività, perchè le forze nemiche. in linea sono estremamente potenti ed organizzate - sembra quasi inevitabile, dato che tra gli industriali e diverse classi di operai non esiste più alcuna base comune per la soluzione e nemmeno per la stessa discussione dei punti contestati. Gli operai rifiutano alcune delle premesse· fondamentali del sistema indu– striale ante-guerra, cioè il diritto del capitalista di in– tascare tutto il profitto che può ottenere, una volta pagato un « equo n salario. Anche se la classe ope– raia non ha ancora formulato un piano ben preciso per una più equa distribuzione del prodotto del suo lavoro, è però diffusa nella medesima la convin– zione che i profitti eccezionali devono, comunque, essere utilizzati « o ad aumento dei salari o a ridu– zione del prezzi ; domanda che colpisce le stesse radici del sistema capitalista dell'industria. Chè se non im– plica necessariamente una richiesta di « nazionaliz– zazione n di tutte le forze dell'industria, essa implica però ciò che è essenzialmente una richiesta rivolu– zionaria, cioè che il principio dell'« equo salario n debba essere applicato, piuttosto che al e< lavoro n, al capitale e che l'extra-profitto debba appartenere ai produttori e ai consumatori». Questa qµestione dell'« equo profitto» interessa; infatti sempre più le organizzazioni operaie inglesi, e la recente Conferenza annuale della Federazione~ degli operai cotonieri, che abbraccia gli operai di tutte le categorie dell'industria, ha unanimemente deciso di insistere per una pubblica inchiesta - sul tipo di _quella della « Commissione Sankey » per il (1\ G. PRATO: Una d,io.p»osiamericana dell'epidemia ,ociate eut·opea! in S11pJJlemento economico del T<tnpo, 5 luglio 19-20. (2) The gouernement in<tustrial failure; in New Slatesman, 21 ago- sto 19'JO. • ibliotecaGino Bianco / carbone - su tutta l'organizzazione, la politica finan– ziaria e le condizioni dell'esercizio dell'industria del cotone, nella quale si è v~rificato, dopo l'armistizio, la costituzione di nuove Società, l'acquisto delle vec– chie fabbriche, da parte delle medesime, a prezzi in media sei o sette volte superiori al loro valore ante– guerra, la speculazione delle azioni e un aumento senza precédenti dei profitti. Ciò che vuol dire che « l'industria sarà chiamata in futuro, con gli stessi impianti, a dare somme molto più larghe in interessi e profitti o, in altre parole, che il privilegio del capi– tale sulla medesima quantità di forza-lavoro è aumen– tato immensamente » ( I). Per evitare un conflitto sociale, le cui conseguenze catastrofiche non sono assolutamente prevedibili, il New Statesman ritiene che dovrebbe:o essere in– trodotte almeno queste tre riforme nel regime vi– gente : · 1 ° il preciso riconoscimento della richiesta degli ol'erai di ave.r parte nell'effettivo controllo del- • l'industria, promuovendo e incoraggiando in ogni modo esperimenti in questo_ senso ; 2° l'accettazione, da parte delle classi airigenti ed industriali, dell'al– terazione permanente nel tenor di vita delle classi operaie, del reale elevamento del loro benessere e dell'effettiyo miglioramento delle loro condizioni di impiego; 3° l'abolizione definitiva dello stato di insta– bilità a cui fu sinora condannata tutta la classe sala– riata, non già a mezzo di un sistéma di « sussidi di disoccupazione n o simili palliativi demor111izzanti,ma imponendo ad ogni industria il dovere di organizzarsi in maniera da provvedere nei· casi normali alla asso– luta regolarità di impiego o di rimunerazione. Però - soggiunge la Rivista - se _tali rivendi– cazioni avrebbero ottenuto due anni fa il generale consenso, quando nelle sfere. àirigenti si dichiarava che non si sarebbe mai più ritornati alle vecchie con– dizioni, oggi le idee in proposito del Governo e delle classi industriali sono radicalmente mutate e il Go– verno si dimostra sempre meno disposto a promuo– vere elementi di conciliazione e adotta una politica sempre più ostile verso il « lavoro ». Esso non ha fatto, anzi, alcun passo neppure per esaminare quali riadattamenti economici potrebbero rendere possi– bile il pagamento di più alti salarii nelle condizioni normali, ed è ovvio il dedurre che esso ritiene ..che, in regime capitalistico, non siano possibili salari per– manentemente alti. « Ma, se questa tesi è corretta, la catastrofe del capitalismo è prossima ». FAUSTO PAGLIARI. (1) New Stalesman, 31 luglio 1!J20. I &RAHDI PROBLEMI DELLA HUOVA ITALIA VIUO E AUOOlllMO UELl'E[OHOMll NAllOUALE III. L'intervento dello Stato. Queste proposte, cosi sinteticamente accennate, possono sembrare utopistiche a menti ancora fossi– lizzate nei criteri giuridici antebellici, ma rispon– dono invece ad una pensata e veduta realtà. Del resto, se i discorsi dei Ministri responsabili non sono sem,– plici improvvisazioni retoriche, è molto più avanzata la proposta del Ministro dell'Industria On. Alessio

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