Critica Sociale - XXX - n. 17 - 1-15 settembre 1920
268 CRITICA SOCIALE dominanti ci vogliono ad ogni costo trascinare colà, dove il fucile spara e fende la sciabola? (Engels non immaginava affatto potesse nascere questa singolare collaborazione. per cui il desiderio del!P- classi reazio– narie venisse seconda/o da una parte del Partito So– cialista). Comprende ora il lettore perchè ci si accusa oggi di vigliaccheria, quando non scendiam_o s~nz 'al– tro nelle strade, dove siamo in precedenza sicuri della sconfitta? E perchè con tanta insistenza si invoca da 11oi,che abbiamo una buona volta da prestarci a far la parte di carne da cannone? Questi signori vanno sciupando i loro inviti e le loro provocazioni. No, non siamo così grulli! ». Se scrivesse oggi in ltalia - povero Federico Engels! - pur troppo dovrebbe correggere e scri– vere: « no, non eravamo così grulli! ». Poichè pare che molti di noi lo siano ridiventati. E, dopo avere insistito nel concetto che è passato il tempo dei colpi di mano, delle rivoluzioni condotte da piccole minoranze coscienti alla testa di masse inco– scienti, e che, dove si tratta della completa trasforma– zione dcli 'organismo sociale, è necessario avere con sè le masse, le masse contadine sovratutto, già con– scio di che si tratti e del perchè del loro concorso, ciò che non può essere se non l'opera di un lungo ed assiduo lavoro di propaganda e di organizzazione nel popolo e di azione parlamentare, come la storia degli ultimi 50 anni ci ha definitivamente insegnato; egli cosi prosegue e conclude : « L'ironia della storia mondiale capovolge ogni co– sa. Noi, i « rivoluzionari», i << sovversivi », noi ca– viamo ben maggior profitto dai mezzi legali che dagli illegali e dalle vie di fatto. I partiti dell'ordine, come essi si chiamano, trovano il loro abisso in quello stes-. so ordinamento legale che si son dati. Ridotti alla di– sperazione, gridano con Odilon Barrot: la lega/ité nous tue, la legalità è la nostra morte; la legalità, che invece a noi tende i muscoli e ravviva il sangue, quasi promettitrice di vita eterna. E, se noi non com– metteremo l'insigne follìa di lasciarci trascinare in una guerra nelle strade per dar loro piacere, non rimarrà ad essi da -ultimo che spezzare colle proprie mani questa legalità così fatale ». Il massimalismo è antirivoluzionario. So sprach Priedich Engels :- così parlò e parla tutto il marxismo, ossia il socialismo serio, il marxi– smo dopo cinquant'anni di esperienza, il marxismo mjlturnto, allontanatosi per sempre dalle insurrezioni sentimentali del secolo scorso. Oh! lo non nego la violenza sporadica. Essa può ben avvenire, non lo nega neanche Lazzari. Non è il caso di provocarla, ma potrebbe scoppiare sponta– nea, e potremmo, nostro malgrado, trovarci a doverne limitare i danni o tentare anche di cavarne qualche frutto. Ma dico che la violenza potrà, se mai, essere adoperata al servigio di qualche riforma, non al ser– vigio di miracolose improvvisazioni socialiste. Quando una riforma, che segnerebbe un grande passo sulla via dell'avanzata del proletariato, fosse sentita, voluta, magari già conquistata, e ci fosse o negata o ritolta da un atto di violenza governativa, allora uua insur– rezione può essere inevitabile e fortunata, può attrar– re a sè numerose altre classi sociali, altri ceti anche non proletad, può dividere le file dei dirigenti e del– l'esercito, può insomma, in dati casi, trionfare. E' BibliotecaGino Bianco sempre un grave rischio, è sempre qualche cosa di non necessario; poichè una riforma matura, se anche non la conquistate con la violenza oggi, la conquiste– reste :on la forza legalitaria domani e sapreste man– tenerla assai meglio Ma, quando invece si pretende adoperarla per miracolose improvvisazioni socialiste, la violenza non è altro che il suicidio del proletariato, è fare l'interesse degli avversari, è 11 partito, è la classe proletaria che si cambiano in setta. Questo ha detto benissimo Lazzari, ed è perciò che aderiamo alla sua mozione se anche in alcuni punti ci diffe– renziamo da lui. Oggi non ci pigliano abbastanza sul serio; ma quando troveranno utile prenderci sul serio, il nostro appello alla violenza sarà raccolto dai nostri nemici, cento volte meglio armati di noi, e allora addio per un bel pezzo azione parlamentare, addio organizza– zione economica, addio Partito Socialista! La nostra azione sarà un seguito di altrettante Caporetto, la nostra grande azione storica f!iventerà la farsa delle piccole cospirazioni, delle effimere settimanè rosse, delle buffe repubbliche di Castrocaro, direbbe Grazia– dei, e il nostro partito diverrà il regno degli agenti provocatori, e non sapremo più distinguere - come appunto avviene agli anarchici - il compagno dalla spia. Parlare poi di violenza continuamente per rin– viarla sempre ali 'indomani, è - lo notava lo stesso Serrati· - la cosa la più assurda di questo mondo. Ciò non serve che ad armare, a suscitare, a giustifi– care anzi la violenza avversaria, mille volte più forte della nostra. Questa è l'ultima scemenza cui un partito possa venire, ed implica una vera rinunzia a qualsiasi rivoluzione (applausi). Sovratutto, questo vale per voi, che non ammettete possibilità di alcuna intesa, neppure transitoria, colle classi avversarie, che vi atteggiate come' un blocco feroce, senza pietà e senza possibilità di compromes– si. Di quali armi materiali voi disponete? Chi di voi protestò contro il decreto che imponeva la denunzia e la consegna delle armi? Chi di voi ha preso sul se– rio la rivoluzione armata di cui tanti si riempiono la bocca? Quando scoppiarono le rivolte della fame in varie città, io non ho visto che nessuno di voi si po– nesse alla testa di quel movimento! Quando assali– rono l'Avanti!, avete confessato che il Partito e le masse operaie si guardarono bene di -reagire con qual– siasi ritorsione .. Protestarono con sottoscrizioni ed or– dini del giorno, protestammo noi in Parlamento, ossia nel modo più legalitario che si possa immaginare. E in queste condizioni ci venite a parlare di violenza vittoriosa immediata! (applausi). Questo è un ingan– no mostruoso, è una farsa, che per altro può trali– gnare in tragedia, preparando i tribunali Ji guerra, la reazione più feroce, la rovina del movimento per mezzo secolo, non solo sotto la compressione mili– tarista. t1la sotto la ostilità di tutte quelle classi me– die, quelle piccole classi, quei ceti intellettuali, quegli uomini liberi, che si avvicinavano a noi, che vedevano ne!Ja nostra ascensione la loro propria ascensione e la liberazione del mondo, e che noi - colla minaccia della dittatura e del sangue - gettiamo dalla parte opposta, regaliamo ai nostri avversarì, privandoci di un presidio inestimabile di consensi, di cooperazioni, di forze morali, che in dati momenti sarebbero deci– sivi a nostro favore. Ma noi facciamo di peggio: noi allontaniamo dalla rivoluzione le stesse classi proletarie. Perchè è chia-
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