Critica Sociale - anno XXX - n. 16 - 16-31 agosto 1920
· CRITICASOCIALE 253 che i rifo1misti si contentano delle piccole riforq,1e, mentre i rivoluzionari vogliono soltanto le. grandi) Quali sono le riforme piccole? Quali le grandi? Con– fesso di non raccapezzarmi. Io conosco soltanto le ri- ' forme utili, le inutili, talvolta le dannose : ma, se sono riforme socialiste,' tutte, a tempo e luogo, sono da col– tivarsi. Quando vi è bisogno di un abito completo, e al tempo stesso di un paio di scarpe. che sono più piccole dell'abito ma ugualmente necessarie, sarebbe , uno scervellato colui che, per parere più massimali– sta, camminasse scalzo. Si dice ancora: la differenza è nel modo d'ella con– quista. Per i rivoluzionari le riforme si strappano colla paura agli avversari, gli avversari sono costretti a concederle: i riformisti invece vorrebbero ficcarci il loro naso e farle essi stessi. Io penso che le riforme largite dagli avversari, sia pu1e sotto l'incubo della paura, saranno sempre le loro riforme, non saranno le nostre; che noi soli possiamo imprimere ad esse il suggello socialista; che, solo -conquistandole così, sapremo-apprezzarle, difenderle, adoperarle. E mi' p'llre che l 'ìntransigenza sia dalla mia parte. Ma, in astratto, sono tutte questioni senza senso comune. Nella pratica, le persone sensate, caso per caso, ve– dono quello che è da fare, data la situazione, per quel dato obiettivo. ·si può, per amor di polemica, fanta– sticare un riformismo lillipuziano, come quello - la– sciatemi evocare l'allegra imagine del nostro com– pianto De Franceschi - di colui che voleva appli– care la museruola alle pulci, perchè 11011 mordessero~ jnv~ce di adoperare la razzia (ilarità). Ma, se qui c'è qualche .fautore di questo riformismo ridicolo, io lo prego, un 'ultima volta, di alzare la mano ! Ciò che si atteggia a massimalismo. - Un rinculo di trent'anni. Nel sedicente rnassimalismo, quale oggi si pre– senta, si annida invece una questione di metodo. Per me è massimalista, come è rivoluzionario, quel me– todo, che sviluppa il massimo di energia proletaria, che pone il proletariato in grado di combattere più energicamente la propria lotta di classe e lo conduce il più rapidamente possibile, secondo la legge del mi– nimo sforzo per il massimo risultato, alla rivoluzione socialista - senza delusioni, ·senza ritorni, senza sperperi di forze. Sul terreno dell 'attuaziolle, ciò che oggi si battezza massimalismo suppone il P'-'POlo ma– turo, e quindi lo incita, alla sovversione violenta e immediata dello Stato, per la rivoluziune economica, alla sostituzione del Soviet al Parlamento, e rigetta in un canto, come armi superate, tutti i principii, i metodi, gl' organismi, che da trent'anni lavorammo ad affermare, a conquistare a perfezionare. Questo massimalismo 11011 è altro che l'apologia e l'esalta– zione della violenza, come il migliore, se non I'u– nico, mezzo per la più pronta attuazione dell'ideale socialista. L'ho già detto e lo ripeto: tutto ciò non è che il rillCUlo di 30 anni; non è che la r'ipetizione ad Zitte– ram della discussione che facemmo al Congresso di Genova, 28 anni or sono. Gli anziani lo ricordano; pei giovaur sarà forse opportuno rievocare. Allora, nel 1892, si presentava quasi identica la stessa odierna situazione. Mutati appena alcuni nomi, ed aggiunti i nuovi ingredienti, che oggi ci forniscono le rivoluzioni ru,ssa ed ungherese e l'ultima guerra, ibteca Gino Bjanco il fondo è sempre quello. Anche allora vi erano tre correnti, che ::;i disputavano iJ campo. Da ùn lato un partito anarchico, schiettamente -bakunista, che proclamava I'.astensione dalle urne, la inutilirit, la corruzione e l'inganno del suffragio e dei Parlamenti, !'in.capacità della borghesia a darci qualunque seria e concludente 'riforma, l'assurdo del volersi servire di quelli, che sono organi e strumenti di oppressione di classe, sia pure in maschera demo- , cratica, · per preparare il socialismo; e quindi la ne– cessiti: della violenza popofare che attacchi, esclusi– vamente dal di fuori, gli istituti economici borghesi. Chi ha l'abilità di tagliare un capello in quattro potrà trovare che fra il Galleani d'allora e la corrente at– tualmente impersonata nell'ing. Bordiga vi sia qualche differenza. Per mio conto, sul terreno pratico, a me non riesce di vederla. C'era· poi, come v'è oggi, una corrente, anch'essa anarcheggiante, ma al tempo stesso elezionista, per la quale il Parlamento era bensì una porcheria, però si doveva lottare per entrarci, perchè le elezioni e _la tribuna parlamentare e \a tessera ferroviaria e la immuniù parlamentare sono pur sempre un ottimo . mezzo di propaganda. Quello che allora era il cosi– cfetto cc Partito operaio », è diventato, con foche mo– dificazi_oni, la maggioranza di questo Congresso. Non per nulla questo nostro è essenzialmente un Con– gresso di candidati ! (ilarità, applausi). ;:,erciò la odierna mag&ioranza si dichiara al tempo scesso fie– ramente contraria al Parlamento, ma non meno stre– nuamente favorevole afle elezioni al Parlamento. Na– turalmente il Partito operaio era ccoperaista » : po– neva la blouse al di sopra della casacca di panno. 1 cosidetti intellettuali erano appena tollerati. Qui vi sono troppi avvocati e professori e piccoli borghesi perchè quel criterio possa avere la stessa prèvalenza. Tuttavia ho sentito dire che tendenze dello stesso ge– nern fecero capolino, quest'ultime ser~, nelle riunioni dei massimalisti elezionisti. Questa, comunque, del– l'antiparlamcntarismo elezionista, è la tendt>nza che prevarrà m:l Congresso. E v'era infine, come oggi vi è, il Partito Sociali&ta. Eravamo noi, la vecchia guardia, che avevamo letto qualche lil:iro, che mast.icavamo, almeno a:cuni, un po' di tedesco (in quei tempi non era an~·ora anti– patriottìco fornicare cogli autori tedeschi), e i quali penetrammo nel movimento mondiale dei lavoratori e, dapprima sospettati, da ultimo vincitori, trascinammo quel Partito operaio - che del resto, per quei tempi e per le condizioni dell-'-Ita!ia ù 'allora, era pure ,ma grande e glorio~a affermazione politica di classe, della quale Costantino Lazzari è ancora fra noi la testi– monianza vivente - lo trascinammo, dicevo, a p,Jco a poco, verso la conquista del potere, verso una molto più alta comprensione di concetti politici nazionali e internazionali, insomma verso il socialismo. Ne uscì per allora, quel programmino,· che trovate ancora sull~ tesser~ del Partito, al quale Lazzari sì aggrappa con così mirabile tenacia. · L'evoluzione socialista. Ritorno alla preistoria. Quel programma, caro Lazzari, è oggi molto in– vecchiato, come noi, pur troppo, siamo molto invec– chiati! .Quel socialismo, che si reggeva su due gam– be, una gamba economica ed una politica, oggi ap-
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