Critica Sociale - anno XXX - n. 14 - 16-31 luglio 1920

218 CRITICA SOCIALE ,/) infine per luUe quelle piccolè opere da farsi in co- 1nu1te e non speUanli ,al Consorzio. Veniamo dunque allo stesso punto, ma p,er diverse vie, delle qua.li credo ,però, senza ,pece.are d'orgo– _glio, che la mia sia I.a più ipratica, la più semplice, l,a più rapida. Dimostrato non esservi quindi incompatibilità fra i I sistema d.a me progettato, pr{ltico, umano, rapido, e le idea]i,Làciel Partito di dome.mi , io insisto sull'ur– genza ,assoluta di risolvere questo problema prima di qu.alsi.asi altro. Noi ci lamentiamo ,ohe il p.ane è ca- 1'0; lo vorremmo pagare una lira, mentre l'estero •èe ne chiede •due o tre. Come è mai possibiJ.e ciò, se non lo produci-amo in patria? E sinchè noi non produr– remo il rpane che -ci abbisogna, potremo dir-ci un popolo libero? Qualsiasi mm.bi.amento cli regime s.a– l'it soggetto al bcneplaci}o di chi ,ci dà il pane. Crede sinceramente il Pm'tito Socialista di poter 1·cgol,are a suo talento l'evoluzione ciel nostro Pae– se, tributario corn'·esso è del suo ,princip,ale alimento, il grano, alla più grassa repubb-Ji.oa borghese che esista sotto la ,cappa del sole, la repubblka degli Stati Uniti? Gli Stati Uniti cominciano a non acoon– tenl-arsi più di aiperture di credito su Banche ita– .Jia:ne;ma vogliono la copertura in d'oli.ari su suolo americano, prima .ancora che la meroe parta. Cosl oggi; e domani? Senz,a coniare che, per ricev-ere il grano, noi dob– biamo averne il •permesso dall'Inghilterra p>adrona dei mari e dell'entr,at11 del Medi,terraneo: permesso che essa si guarderà bene dal dar-ci, il giorno in cui gli orclina:menti interni del nostro Paese non fosflero conformi al suo interesse. Urge far presto! Non abbi.amo pane ,a sufficien:w.! I nostri preziosi ,agricoltori 1 premoi;io per riprende– re la vi.a ,dell'emigrazione! La , c.as ,a brucia e noi di– s·outi.amo i mezzi ,per estinguere il fuoco! II Partito che, rper una ·pregiudizi.aie politica, con– tribuisce a ritardare la maggior produzione del gra– no ,che tanto ci abbisogna; il Governo che tempo– reggia nell 'aiufare a risolvere energicamente questo primo tra i primi .dei nostri problemi, sono altret– tanto rei di lesa umanità, quanto quella principes– sa -che si rifiuta di ,cedere per J.a bonifica un suo latifondo, per,chè cc ciò guasterebbe l,a caccia al cin– ghiale». L 'on. Treves fìnisce il suo articolo sopra cikllo, p{lrl.ando di pane e di amor-e tra gli uomini. Diamo per ora •pane. Sfamati in casa nostra col nostro pa– ne,. messe in azione le nostre officine col oarbone bianco, penseremo ,poi, ;padroni di noi stessi, al re– gime che più ci conv,errà, senw il visito anglosas- . sone. Prinwm vivere, rleincle philosophari! ALDO TEDESCHI. Abbiamo accolto lo scritto del signor Tedeschi, quantunque ci sembri piuttosto diretto a favorire 11n'imnresn commerciale che a far propaganda di un princip-io -economico-sociale. E l'ahbi·amo accol– lo pcrchè esso ci offre opportuna occasione a chiarire, di fronte ad amici e ad avversari, alcune nostre idee e per avvisare aJLe necessità di un'azio– ne diretta a resistere all'attuazione di proposte co– me quelle del signor Tedeschi, tanto più che esse rispondono al p~ogramma di quel gruppo parla– mentare che oggi ha maggiore mflusso nel Gover– no, e le clii idee in materia paiono, dal discorso BibliotecaGino Bianco del-Loalla C.1111cradall'o11. Gio!illi, prossime a tr.a– dursi in progetto cli J.eggc. . Cominciamo <lall'as,pclto l.ecnico agrario del pro– blema. È cosa continuanfenle ripetuta che in Ilalia ci sono terren.i improduttivi da mettere a coltura; dtc possiamo e dobbiamo, più specialmcnle, pro– durre in palria una maggior quantità di grano, tan– Lo quanto basti ai nostri consumi. E i,n ciò parecchi compagni nostri si trovano perfettamente d'accordo con economisti nazionalisti. Anche, Giolitti lo ha del.Lo, nel discorso ricordato, con una leggerezza da orecchianto, che è p-rova della serietà con cui si preparano fra noi le riforme ,più importanli. Il fatto è invece che tcri,eni di valore agrario, lasciati in– colli o improduttivi, non vi soùo in Italia; vi SOHO solo terreni coltivati con mezzi inadeguati o in modo irrazionale. Ma una delle irrazionalità mag– giori consiste appu11to nella soverchia estensione data alla coltura del got'ano, a cui furono adibiti terreni eh-e, per ragioni telluriche e climatiche, so– no ad essa assolutamente inadatti. La pianta del gr-ano - ci suggerisce un compagno che è com– petenLissimo in IJlal.eria - vuole terreni mezzano– pesanti, profondi, pianeggianti; clima ove la ma– li.trazione sia f.avorila da una temperatura che au– menti gradualmente, da qualche pioggia primave– rile, dall'assenza di venti impetuosi 'durante la fc– còndazionè o di forti venti -caldi durante la matu– razione. Ora basta dar.e. uno sguardo alla cari.a geologica d'Italia e consultare, anche superficial– mente, le~ racco-Ile di dati offerti dall'Ufficio cen– lrnl,e di meteorologia, per concludere che in· quasi due terzi d'Italia mancano le condizioni- favorevoli ad una coltivazione del gràno veramente reddi- tizia (1). · Eppure non mancherà, anche nelle nostre file, chi applaudirà ai propositi del Ministero che promette cli farci avere grano, cotone, antracite. Che bella visione quella di un Paese che sviluppa e pone in valore tutte le ,proprie energie produttive (e ne crea, nnzi, diciamo meglio: ne· inventa di nuove!) e può lrall.enere entro i suoi confini tutta la mano d'ope– rn che era prima costretta a sciamare all'estero! Avremo cosi. dopo i trivellatori di petrolio, anche i trivellatori di antracite e di altri combustibili, a spe-, s,e dello Stato, cioè dell'a Nazione, cioè di Panta– lone che paga; avremo gli pseudo coltivatori di colone, che spilleranno milioni ogni anno per dar vigore a una coltura che in nessuna del1e tevre pos– sedute dall'Italia trova condizioni favorevoli: gli esperimenti fatti, con quel bel risultato, in Eri– trea e in Somajia dovrebbero pur insegnare qual– cosa, se anche i -problemi più delicati non fossero trattati e risolti con l'intento di dar polvere negli occhi e di far passare le più losche speculazioni dietro il miraggio dell'incremento della ricchezza nazionale. ' Per il grano la cosa è anahe più grave. A tutti quelli che conoscono appena appena i primi ·rudi– menti di politica economica è noto che l'imposizi;@– ne del dazio sul grano divenne una artificiosa ne– cessità, .ap,punto quando alla granicoltura furono adibiti terreni per i quali il prezzo di vendita sul mercato libero (,e cioè con la piena libertà di impor– tazione del prodotto estero) non sarebbe .stato suf– ficiente a coprire il costo di produzione. Questa ne– cessità del dazio (artificiosa, ripeto) giovò mirabil– mente ai proprietari delle terre più fertili per ot– tenere un soprareddito, il quale fu poi accresciuto a più riprese, man mano che, con l'estendersi della granicoltura, si dovette ricorrere a terre sempre meno adatte. (1) S11questo punto ha parlato con molta precisione ed efficacia, per dire le stesse cose che diciamo qui noi, anche il nostro Diret• tore nel suo diBcOrBo alla Camera del 26 giugn~ u, s,

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