Critica Sociale - anno XXX - n. 13 - 1-15 luglio 1920

CRITICASOCIALE 207 DALLE RIVISTE Il diritto di controllo del produttore sul prodotto del suo lavo;-o - un problema che continui incidenti rendono di palpitante attualità - è oggetto di uno studio ne11'ultimo fascicolo della bella Rivista pa– rigina di ricerche sociali « L'Avenir ». La Federazione francese dello spettacolo, iH seguito a ·una controversia sorta per una commedia presen– tata a un teatro di Parigi, votò recentemente questo ordine del giorno; « I lavoratori dello spettacolo (Pro– clamano il loro diritto imprescrittibile d.i rifiutare il loro concorso a opere che rivestano un carattere diffamatorio contro persone o istituti»; ordine del giorno che rivendica ai lavoratori il diritto di con– trollare l'uso €he si fa del loro lavoro. Quali sono le conseguenze, quali i limiti legittimi di questa nuo- va concezione? . . • Secondo la concezione antica, l'operaio doveva li– mitarsi ad assolvere onestamente il suo còmpjto: più tardi, col diritto di sciopero, fu ammessa fa facoltà dell'operaio di rifiutare il suo lavoro. Lo sciopero economico mira alla tutela di interessi materiali o professionali che- l'operaio ritiene lesi dal contratto di locazione d'opera: sco po di esso è non già di an– nullare il contratto, ma.di farne modificare alcune clau– sole. Diverso è lo sco po degli scioperi generali di carattere politico: con essi 1'lavoratori, anche quando tutte le clausole del loro particolare contratto con gli imprenditori sono rispettate e non· si sente il bi– sogno di correggerne alcuna, affermano il loro dirit– to di negare il proprio lavoro, quando ritengano di conseguire, con siffatta astensione, un effetto utile al trionfo delle loro idee politiche sociali. Ma la decisione sopra in~icata della Federazione dello spettacolo non implica più soltanto un tempo– raneo saltuario controllo del produttore sulla produ– zione, come avviene nei casi di scioperi generali po– litici, sibbene un controllo. continuo, permanente. Se quella decisione si generalizzasse, il produttore ver– rebbe a ricusare la sua coWfborazione ogni qual vol– ta reputasse che l'opera a lui affidata è cattiva, cioè, praticamente, contraria ai suoi sentimenti e alle sue convinzioni: non essendo giusto costringere un uO'ffio a cooperare a un fine da lui giudicato nefasto. Questo principio nuovo è ricco di forza rivoluzio– naria. Per esso l'operaio non è più considerato come una macchina destinata a compiere automaticamente i gesti per i quali è pagata (concezione questa che rag'giunge la sua piena esplicazione nel sistema Tay– lor, nel quale l'operaio, semplice elemento di un meccanismo complesso, non possiede nessun contrt>l– lo sull'impresa). ma come un vero collaboratore del– l'opera prodotta. L'erJ:ore degli economisti classici fu quello di considerare l'operaio come strumento· della produzione, senza tener conto che questo « stru– mento» è dotato di personalità umana. Dall'istante in cui si abbandona questo modo di pensare per ravvisare nel lavoratore manuale o intellettuale un « CO-'autore » dell'opera, è forza domandargli la sua acl,esione morale, così come gli si chiede la sua forza 'fisica o il suo valore tecnico. Si è per tal via condotti a concedere all'operaio un diritto di controllo sul risultato del suo sforzo: l'opera uscita dalle sue man~ cessa di essergli indif– ferente ed estranea. La parte, sia pure infima, con cui ha contribuito alla creazione di quella, gli con– ferisc_e una ,parte correlativa di responsabilità nel– l'uso che ne sarà fatto. Il più delle volte questa re– sponsabilità non sarà sentita, ma capiterà talora che sorga un conflitto fra l'obbligo professionale, che consiste nel produrre, e la destinazione della cosa prodotta. Se tale destinazione urta le opinioni mo– rali, politiche o religiose del lavoratore, costui non potrà essere costretto a partecipare alla produzione; avrà diritto di essere un uomo in luogo di un im– piegato. Questa opposizione fra la morale in senso gene– rico e la morale del mestiere non è certo nuova: ma finora la coscienza pufiblica accettava difficilmente che si cessasse dall'adempiere gli obblighi profes– sionali per ragioni di ordine morale: l'ebbedienza passiva al regolamento, anche cattivo, era tenuta co– me una virtù. E' certo che le regole professionali sono più strette I "bliotecaGino Bianco I e meglio definì te che quelle dE)lla morale generale della società: sono quindi più 'facili a essere cono– sciute e osservate: ma, in caso di conflitto,· la mo– rale ·comune a tutti gli uomini deve avere la prece– denza su quella professionale: e si deve salutare un progresso non solo della coscienza di classe, ma della coscienza umana, nell'afferma-zione che nessuno deve essere costretto a lavorare per un'opera che gli ri- pugni. . . . . Esaminando il p'roblema dal punto dt vista g1un– dico si trova che il diritto così proclamato del pro– dutt'ore rnll'oggetto che contribuisce a creare è di natura molto complessa e difficile a precisare. Esso si definisce sopratutto dai suoi caratteri negativi: è un diritto unicamente intellettuale, privo di ogni ca– rattere pecuniario od economico. Quindi, è total– mente indipendente dal diritto che alcuni teorici riconoscono all'operaio, secondo diverse formule, al prodotto integrale del suo lavoro: mentre si avvicina piuttosto, e in una certa misura, al diritto d'autore, che appartiene allo scrittore e all'artista. Ma, ancor più di quest'ultimo, manca di ogni elemento di ordine economic;p, e se si dovesse trovargli un'aFJalogia nel diritto privato, lo si troverebbe meglio, forse, . ne\ diritto al nome patronimico, benchè l'approssima– zione sia molto grossolana. In realtà però il diritto di controllo è preferibilmente paragonabile a un di– ritto pubblico, per esempio a quello .della libertà di coscienza, al quale si congiunge per il suo stesso fon– damento. Così il nuovo diritto si presenta a noi sopratutto con questo aspetto, d'essere di ordine morale e non di ordine economico. La sua sanzione riveste una figura particolare, consistendo puramente e semplicemente nel rifiuto di lavorare. Ogni volta che. il produttore si vedrà nell'obbligo di cooperare a.,.un ,i.tto che. la sua coscienza riprova, potrà legittimamente rifiuta– re il suo lavoro: praticamente, ciò significa l'impu– nità giudiziaria in caso di brusca inesecuzione del con tratto di lavoro. Spetta ora alla potenza delle organizzazioni dei lavoratori di imporre all'opinione pubblica e far trionfare nei tribunali la massima da esse formulata, Senza dubbio, come tutti i diritti, così anche questo controllo morale del produttore sulla sua opera non è assoluto. Esso ha dei limiti. Non sarebbe economi– camente saggio il lasciare a ciascun individuo la facoltà dr negare per capriccio la sua collaborazione· a un'opera complessa, che esige, per essere realizzata, il concorso di una somma considerevole di sforzi com– binati. Nelle industrie, il diritto dell'individuo scom– pare di fronte al diritto collettivo rappresentato dal sindacato· quest'ultimo soltanto, non il singolo ope– raio o t;cnico, è il titolare del nuovo diritto. Il sindacato deve assumere la responsabilità di conce– dere o negare il suo concorso all'impresa: ma il di– ri ttò che esso possiede ·non è incondizionato, e non si potrebbe ammettere che esso agisse per motivi puramente passionali e arbitrari. Allo stesso modo non si può consentire che sia illimitato e arbitrario il diritto degli operai tipografi di rifiutarsi a pro– pagare le- idee che riprovano, quello dei funzionari di non eseguìre gli ordini•che giudicano cattivi, quello degli ufficiali e dei soldati di non combattere m una guerra che loro sembra ingiusta. I limiti di un diritto, nato appena ora, non sono ancora segnati, nè facili 'a segnarsi, per il peculiare contenuto .del diritto stesso: ma è probabile che essi vengano gra– datamente determinati nel senso di una maggior li– bertà lasciata al produttore, sotto la doppia riserva: 1) che il suo sentimento individuale venga omolo– gato da tutto il gruppo professionale a cui il pro– duttore appartiene; 2) che questo gruppo, questo sin~ dacàto, non sia mosso da recondite ragioni personalt ed egoiste, ma anzi confonda, nel caso in questione, il suo modo di pensare con l'interesse generale del– la collettività. * Nella mensile « Revue communiste », diretta da Carlo Rappoport, si legge un articolo firmato da Clara Zetkin, J'attiv>1. scrittrice che fu recentemente elet- ta fra i ràppresen tanti del popolo tedesco al Parla– mento di Berlino. L'articolo è uno studio obbiettivo· • della crisi che travaglia l'ala estrema del socialismo germanico e la c~dusse, nelle elezioni del 6 giugno, ad una inaspettata disfatta: crisi determinata dalla

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