Critica Sociale - Anno XXV - n.21 - 1-15 novembre 1915

CRITICA SOCIKLE 333 Il ehe prov.a come l'assicurazione libera, giunta alla sua maturità funzionale, senta essa stessa il bisogno di tramutarsi ,in obbligatoria. E l'esempio dell'lrighilterra - dove per la me– desima legge coesistono l'assicurazione obbligatoria ,e quella libera iri modo da sfatare gli apriorismi di tàluni ch,e pongono i due sistemi in contrasto - conferma con chiara evidenza tale verità. Là il vasto lavoro p,er preparare le basi -all'assi– curazione obbligatoria fu compiuto dalle Trade– unions le quali, sorte fin dal secolo XVIII con in– -tenti di resistenza, praticarono subito anche i prin– cipii della previdenza contro le malattie e la disoc– cupazione, dapprima col solo collocamento, poi an– che coi ·sussidi di viaggio, e infine con J.e Casse sindacali di assicurazione. Il National Insurance Act del_ 1911, col quale il Regno Unito avocava a sè una parte considerevole dell'assicurazione contro la disoccupazione renden– dola. obbligatoria, non era che il ·èoronamento lo– gico e inevitabile del lento, incessante, grandioso lavorio di preparazione compiuto dalle Trade– unions. L'esperimento inglese cieli'obbforntorietà demolì l'argomento principe dei liberisti della scuola. m.an– chesteriana, che cioè l'obbligatorietà smorzi l'ini– ziativa ip.dividuale che è la sola molla capace di redimere la classe operaia dalle sue attuali mise– ri-è; dimenticando che qui non è solo in gioco l'in– teresse degli assi-curandi, ma anche l'interesse ge– nerale della comunità, e che i pubblici poteri hanno ·l'ufficio di prevenire le cause di miseria economica, di conservare la forza produttiva e di diminuire il più possibile il numero degli uomini ·che possono pesare sulle spese della pubblica beneficenza. . L'esperimento dell'Irnrhilterra _:_ che pure è il paese classico del self-help '- dice che, dai 500.000 assicurati liberamente, con l'obbligatorietà si salì immediatamente a 2.500.000. Osserva giustamente a questo riguardo il Gobbi che·, « comé l'istruzione obbligatoria diffonde il desiderio di una maggiore cultura, così l'assicurazione obbffgatoria, per al– cune eventualità e · per un minimo d'indennizzo, giova, grazie all'esempio e all'abitudine, a promuo– verne altr-e libere applicazioni». Così infatti: nel 1913 in Inghilterra gli assicurati liberi erano più che raddoppiati. (Il sèguito ai prossimi Numeri). GINO BAGLIONI. L'IDEALISMO FILOSOFICO CONTEMPORANEO IV. Da quanto precedentemente esponemmo risulta che la interpr,etazione spiritualistica dell,a realtà formu– lata dall'Aliotta, dal De Sarlo e dai principali colla– boratori della Cultura Filosofica poggia su· alcuni postulati che po,ssono essere formulati ne,] segµente modo: La coscienza umana - lo- spitrito - occupa nel mondo un posto uni-co; essa non è un « epifeno– meno » casual-e, come vogliono i positivisti, ma è il fatto sui generis che serve a spiegare tutti gli altri fatti. La nostra psiche, fornita di co-scienza dell'uni– versale (che manca alla psiche animale), è un prius !ogico, e non qualcosa che. possa essere derivato da altro. Il mondo dello spirito supera e tras-cende il meccanicismo il più perfetto. La natura è per lo· spi– rito. La coscienza ha diri-tto di ricercar-e in se stessa la parola rivelatri-Oe del segreto del mondo, perchè appunto in essa è il significato del mondo. Le stesse teorie cosmogoniche ci dicono che J.e categorie, i ibUotecaGino Bianco principi fondamentali costitueiiti la trama del pen– si-ero umano, erano validi anche quando non era nata la cosci-enz~ umana. Se co-sì.non fosse·, non avrebbe alcuna l,egittimità l'applioazion(l . che gli scienziati. f.an, no delle forme matemati-che dello · spazio e del tempo, dei concetti di massa, movimento-, ecc., alla costruzione della realtà fisica nel suo sv,o,lgimento– anteriore alla nascita _dell'uomo. Se lo spirito- fosse, -un puro a-ccident-e, un epifenomeno che spunta· in un certo momento per l'incontro gratuito di alcune serie causali cosmiche, donde mai gli verr-ebbe il diritto di rivestire. d-elle sue parvenze subi-e.ttive ci'Ò che -esiste -ed ha esistito indipendentemente da esso? Non è assurdo supporre, infatti, (nell'ipotesi della cosci-enza-epif.enomeno) ,che, quando il pensiero an– cora non esisteva, le cose e-ran fatte c·on le forme e· ca,t.egorie del pensie,ro? Per risolve-re questa diffi– coltà, per conferire un fondamento alla legittimità della ricostruzione del passato mondiale in termini <ilipensi-e,ro•,_non ç'è altra via se- -non riconoscere che •]o spirito non è un puro accidente n-e.Jl'evoluzione– cosmi,ca; che il divenir-e delle cose· tende alla cos-cien– za, come al suo compimento finale, in cui si rivela il suo- significato. • Il mondO', quale la meccani-ca lo concepisce-, e 1m– mobiLe persistenza di enti e di leggi, è astrazi,one di. ciò che permane, e lascia fuori di sè la parte viva, che- perennemente si trasforma. E questa pa_rte più viva, che è a noi più vicina, che si ,agita in noi nel tumulto dell'anima, non s'intende davvero con J.e· formule della meccanica, ma, per ess-ere compresa, ha bisogno d'altre categori,è e d'altri principii supe– ri-ori. I fatti fisici non esauriscono tutta la realtà. Vi sono i f.enonieni vitali, psi-chi-ci, sociali ed umani. Se, nella vita, nella cosci-enza, nella società, vi è· qualcosa di distinto dal mondo fisico, pe-rchè pre– tende.r-e di far rientrare per forza negli schemi. mec– canici questi nuovi ordini di fatti? Chi vi dà il di– ritto di ,negar-e· Ja legittimità dell'uso di altre cate– gorie, quando quelle meccaniche o non servono o– non sono sufficenti? · Le categorie, che altri e differenti tipi di cogni– zione da quella meccanica, mettono in funzione per · rendere inte-lligibili questi nuovi fatti, non possono– -essere bandite dal campo della ragion pura; -tal-e-,ad -esempio, la categoria di finalità in biologia. La cau- salità in bi·ologia ci fa, è v,ero, intendere le- singole successioni di fatti, ciascuna isolatamente presa daHè 'altr-e; ma non ci dà ragione del modo parti-colare, ·dell'ordine, della disposizione speciale in cui avv-en– g9no le singole successioni. So.Jo co.Jla categoria della finali,tà noi riusciamo a spi,egarci il costante con– vergere di serie causali -eterogenee verso l'iste-sso– punto: la oons-ervazione dell'o-rganismo. Similmente, aggiungono i neo-spiri-tualisti, la categoria di libertà (congiunta a quella della finalità) è necessaria per giungere alla unificazione d-ella nostra esperienza in– terior-e, e per comprende-re l'origine dell'azione. Rien– trati nell'intimo della nostra sostanza, non sentiamo piiì il bisogno di chiede,r-e a quaJ.cos'altro di esterno a noi J'.o-rigine-dei nostri atti, perchè nel nostro io questi trovano l:a primitiva sorgente e traspaiono a se stessi nella loro genesi eterna. La libertà non è la negazione della causalità in gener-e, ma un inv,e-· rarsi di essa in un sup-erio-re principio. Gli ane.]Ji meccanki, traverso i quali si trasmette l'azione ori– ginairia, trovano ne.Jl'interior,e causalità· e nel suo fine l'unità concr-eta del loro processo.

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