Critica Sociale - Anno XXV - n.20 - 16-31 ottobre 1915
CB:lTICA SOCIALE. 317 di povertà, che non comporti qualche grado più infimo. Il reddito è la vera quantità pura senza limiti, nè sotto, nè sopra. Siccome poi· il reddito non è se non la quota, che tocca ai singoli sull'in– tiero pro-d'otto d:el lavoro ·sociale, è chiaro che qui trova piena applicazione il motto : mors tua, vita mea. Da qui uno sferrarsi e un cozzare fur-Ìoso di appetiti e di egoismi, uno stare in continuo all'erta· ed agguato, un disperato offendere e difendersi, homo hcimini lupus. . Ma di tutto questo l'economista borghese prende atto sorridendo. In fondo, ciò fa parte del suo pro– gramma e rientra perfettamente nel quadro della sua peculiare teorica della genesi del benessere so– ciale. Più il singolo si scuote da dosso la sua natu·– rale pigrizia, più egli si affanna e lotta,· più dispe– ratamente si sforza di soverchiare economicamente coloro che contendono con lui nel vendere o nel comprare; quanto· maggiore è il contributo, che egli, nel suo cieco ed esasperato egocentrismo, por– ta all'interesse collettivo; e tanto più scorrevole funziona l'automatico ingranaggi.o del progresso economico in regime capitalistico e borghese. E sta bene. Certo,· sulla cosa si potrebbe discutere. Si potrebbe chiedere, per esempio, se la dispersione d'energia produttiva, che fatalmente deriva dal fatto stesso del concorrere, non sia per avventura tale· e tanta da assorbire e rern;lere sterile buona parte del lavoro, che i singoli individui erogano· (come av– viene a causa dell'attrito nelle macchine a vapore ed elettriche), e se quindi, in un regim_e comuni– stico, gli agenti economici, pur affannandosi in media assai meno, non potrebbero raggiungere un risultato maggiore o, almeno, identico. Ma non è di ciò, che qui si vuole parlare. Senza contare, che sarebbe un puro ragionare su ipotesi, mancando del tutto l'altro termine di confronto. Ipotesi inveoe non è, ma fatto purtroppo fuor di dubbio e palese, che il regime di sfrenata ed aspra competizione· economica, - quale ·il mondo non vide mai da che esiste e che si scatenò come un nembo sulla società europea con violenza sempre crescente dai primordi del secolo XIX in poi, pa– rallelamente al generalizzarsi ed imporsi degli odierni sistemi di produzione e di scambio - ebbe ripercussioni estremamente gravi e profonde sui sentimenti morali delle nuo-ve generazioni. « Gli storici del nostro secolo - note. acutamente in un suo scritto Giorgio Sorel :._ non hann<J-messo abbastanza· in evidenza· la grande separazione, che esiste tra i tempi anteriori al 1848 e i tempi poste-· riori. Durante la prima metà del secolo XIX si con: tinua a credere alla bontà. dell'uomo, si costruiscono utop~e peir reind-ere feli,c,e l'umanità, si è n,e1~o ste•ss·o tempo razionalisti e sensibili'. Benchè molto sangue si fosse, allora versato, i -nostri padri si credevano pro– fondamente umani. Dopo il 1848comi-nciail secolo de– gli uomini di ferro, l'era degli uomini che dileggiano· la filantropia e si vantano della loro forza ». Sorel ha ragione. Nei primi anni del secolo XX il prooesso· da lui descritto raggiunge il propr10 apogeo, il bouleversement delle coscienze è com-– pleto. L'Europa, che si era commossa alla lettura del– l'Emile, che si era, ispirata ai co,ncetti d"ella più lar..: ga umanità nelle filos.ofie di un Kant e di un Hegel, che ritrovava la propria ànima nei commossi inni victor-hughiani alla liberaz(one da ogni servaggio, agli inizi del secolo XX ·si era foggiata una men– talità ferrea e selvaggia, da perfetto mercapte~cor-. saro. Una mentalità fatta di indomita energia e di intelligente bravura, ma, ahimè, anche di insazia- ibliotecaGino Bianco bile .irigoi-~igia; di fo~le òrg·oglìo, e di impertur– bata ferocia. ,. ·. · · . · · Il ·mode-r,no ideale .pedagogico, di creare animi ben temprati alle battaglie della vita, si era èffet– tuato; Nietzsche, l'ispirato cantore, se non il filo– sofo, di questa evoluzione degli spiriti, poteva mo.:. strarsi contento. Zarathustra non aveva parlato in~ vano; oramai -il mondo stava per essere pieno di .superuomini, s,enza pietà per i deboli, senza rispetto per i diritti altrui, senza soggezione verso alcun dettame morale. Ma, dioevano gli antichi, respice [iriem. . . . Ed. ecco come resta spiegato nella maniera più ovvia il curioso ed altrimenti insolubile enimma dell'improvviso abbandono di ogni anche. iacita ri– serva contro la guerra da parte dei partiti demo– cratici e de]].e grandi masse, che, negli anni pre– cedenti, anzi sino a11a stessa estrema vigiha del ,conflitto, e per tradizioRe storica e per specifici interessi di classe, non avevano mai cessato di ma– Rifestare la propria avversione contro una politica estera di grande stile, invadente e provocatrice, col logico corollario dei relativi colossali armamenti dr tena e di mare. · In quei quattro, cinque terribili giorni di ango– sci.osa attesa, fra la fine di luglio e il principio di agosto, in cui la ·paoe europea, già virtualmente svanita, pareva ancora pendere da un filo, le prin– cipali nazioni europee, e in modo speciale il popo– lo francese e tedes•co, predestinate incudini del grande maglio guerresco, ebbero la visione preci– sa, netta, spaventosamente lucida, della sorte che li avrebbe ·attesi, se vinti. ' Le loro coscienze intorpidite, che, ·per tanto vol– gere d'anni, avevano assistito senza sussulti nè ri– bellioni. allo strazio, che nel campo della politica estera si veniva facendo di ogni senso· di cavalleria, di giustizia, di umanità, guardarono, come alla luce di un lampo, nel profondo abisso della propria in– sensibilità morale e durezza cli cuore. Ah! non v'era bisogno di stillarsi troppo il cervello per trarre gli auspici intorno al probabile destino della nazione· soccombf)nte. · Non v'era che da interrogare il pro..: prio. animo, non v'era che da ricordare in iscorcio le vicende ultime ed ultimissime della politica inter– nazionale e coloniale dei decenni trascorsi, ripu-– gnante seguito di sopraffazioni spudorate e di astuti raggiri, non v'era che da por mente all'immondo pullulare di mille pseudo-filosofie; predi.canti l'ido– latria d'ella forza e la più scipita autoesaltazione, manutengole e lenone, anzichè sferzatrici, degli errori e delle malvagità del proprio tempo. Di fronte al tremendo pericolo imminente; di fronte alla certezza di una irremediabile rovina eco– nomica _:_ dato spe-cìalmente il preponderare, nella odierna ricchezza delle· nazioni, del éapitale mobi– liare, troppo facile ed ambita predf,\ per l'avido e spietato vincitore - di fronte sopratutto alla troppo notoria mancanza di scrnpoli ed egoistica inco– scienza da vero Corrado Brando, onde, come di un marchio sanguigno, sfavilla sinistramente nei secoli · l'attuale caina mentalità degli uomini nei loro rap– porti da singolo a singolo e più ancora da Stato a Stato; le file dei popoli mercanti più minacciati (e, per naturale riflesso, anche quene degli altri, beR– chè con minore intensità) si serrarono come d'in– canto, ed ogni particolare dissenso d,i individui e di ceti, di partiti e di classi, disparve. Fu quella che si disse « la sacra unione». · Quelle masse, già pigre e riluttanti nell'offend,ere, perchè escluse dai benefici immediati del grande brigantaggio internazionale, si drizzarono come un sol uomo nella· indèprecabile necessità della difesa della patria - patrimonio comune e sorgente viva cli ogni reddito, dal più vasto al .più minuto.
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy