Critica Sociale - XXV - n. 18 - 16-30 settembre 1915
280 CRITICA SOCIALE Gli Imperi centrali stanno in condizioni di inferiorità di fronte ai cinque paesi dell'Intesa, che poi si ridu– cono a quattro essendo la produzione dell'Italia insi– gnificante, tanto pel carbone, quanto pel ferro, e ognuno dei due gruppi è inferiore agli Stati Uniti. Allo stato attuale delle operazioni guerresche, I.a Ger– mania ha occupato tutto il Belgio, la zona orientale della Francia che produce circa i due terzi della pro– duzione complessiva francese di carbone e di ferro, e la Polonia che dà alla Russia il 20 per cento di car– bone e il 10 per cento di ferro della sua produzione totale. Sarebbero quindi da sottrarre ai paesi dell'Intesa. l'intera produzione del Belgio, tonn. 27.538.000 di car– bone; della Francia, tonn. 12.260.000 di ferro; della Russia, tonn. 5.803.000 di carbone e 563.000 di ferro; e allora le proporzioni si spostano· come· segue, in mi– gliaia di tonnellate : Imperi centrali Paesi dell'Intesa Carbone Tonn. 364.247 ,, 302.229 Mtner"-11di ferro Tonn. 56.601 ,, 26.239 La posizione si rovescia: gli Imperi centrall hanno . il monopolio del carbone e del ferro nel continente eu– ropeo; superano quindi i paesi dell'Intesa, compresa la Gran Brettagna, di un sesto nel carbone e di oltre la metà nel minerale di ferro; e, pur restando al di– sotto degli Stati Uniti per oltre 100 milioni di tonnel– late nella produzione del carbone, li eguagliano nella produzione del ferro. Si aggiunga che essi pensano a poter disporre di quattro sbocchi sui mari: Anversa o· Calai~ , Riga, Trieste e Costantinopoli, e si può già misurare la for– midabile potenza che verrebbe ad assumere la razza germanica, sic stantibus 1·ebus, in confronto agli altri paesi tutti. Il dominio del carbone ha già prodotto in Germania, più che altrove, il fenomeno della grande in- · dustria, colla sua organizzazione e disciplina, coll'ap– plicazione dei principi: scientifici dei quali 1a Germania va così orgogliosa, ma ha prodotto anche altro. Scrive il Marx: " La immensa ed intermittente espansibilità del si– stema di fabbrica, congiunta colla sua dipendenza dal mercato universale, ge_nera necessariamente una pro– duzione febbrile, seguita da un ingombro dei mercati, la contrazione dei quali conduce alla paralisi. La vita dell'industria si trasforma così in serie _diperiodi di atti– vità media, di prosperità, di eccessiva produzione, di· crisi e di ristagno. La incertezza e la instabilità, alle quali il sistema meccanico sottopone il lavoro, fini– scono per consolidarsi e per diventare lo stato normale dell'operaio, mercè quelle periodiche variazioni del ciclo industriale. Eccettuate le epoche di prosperità, fra i capitalisti infuria sempre una lotta accanitissima per mantenere il loro posto nel mercato, ed ottenerne per– sonali profitti, profitti che salgono in ragione diretta del basso costo .dei loro pro dotti. l<'ra loro vi è peréiò una gara perenne a chi impiegherà le macchine più perfezionate per soppiantare l'operaio ed a chi impie– gherà i metodi migliori di produzione. Ma ciò· non basta, ed arriva sempre un momento in cui essi si sfor– zano di ribassare il prezzo delle merci, ribassando il salario al disotto del valore della forza di lavoro ,,. (1). Quindi " regime coloniale, debiti pubblici, esazioni fiscali, protezione industriale, guerre commerciali, ecc. Tutti questi rampolli del periodo manifatturiero pro-– priamente detto prendono un gigantesco sviluppo du– rante la prima gioventù della grande industria ,, (2), e può anche oggi accadere in Germania quel che si os– servava in Inghilterra durante il periodo manifatturiero, collo svilupparsi della produzione capitalistica, cioè, che " l'opinione pubblica si era spogliata dell'ultimo brandello di pudore e di coscienza che ancora le rima– nesse; o_qninazione si mos(rava cinicamente 01·gogliosa di qualsiasi infamia, atta ad accelera1·e l'accumula– zione del capitale ,, (3). Ciò esposto, sembra di poterne dedurre: 1 ° La dovizia di carbone, di cui dispone la Germania, ha favorito lo sviluppo delle macchine, dell'industria, (!) MARX: lbld., pag. ~IS. (2) MARX: lbld., pag. 728. (S\ MARX: Op. ott., pag. 729. BibliotecaGino Bianco del principiò di organizzazione e di disciplina, e l'a;p– plicazione dei metodi scientifici alla sua vita economica in modo prodigioso per rapidità ed espansione; e ciò' tanto più facilmente in quanto siffatti principì di or– ganizzazione e di disciplina, che sono inerenti al pro– cesso manifatturiero, trovavano nell'indole della po– polazione un ·terreno più favorevole che non nel carat– tere fieramente individualista degli anglo-sassoni, schiet– tamente libertario dei latini, e sognatore èlegli slavi. Presso questi popoli, quindi, lo spirito d'organizza– zione o è rudimentale, come la loro industria, o urta contro altre forze individuali che ne paralizzano l'ef– ficacia. 2° Lo sviluppo dell'industria metallurgica e side– rurgica ha provocato conseguentemente in Germania un incremento enorme dell'industria delle armi e dei proiettili, e per le richieste degli altri paesi e per le necessità interne, creando facilmente nei Tedeschi uno stato d'animo di forza e di violenza, che corrobora il senso d'orgoglio che la ra:pida espansione ha alimen– tato. 3°. Sempre lo stesso sviluppo industriale ha pro– dotto la conseguenza accennata dal Marx, di una so– vraproduzione di prodotti .da smaltire ad ogni costo e a qualunque prezzo sui mercati esteri. 1° Quando, sul terreno della concorrenza, l'indu– strialismo capitalistico germanico ha sentito di non poter vincere coi mezzi ·pacitìci, ha rotto gli indugi, e ha tentato di conquistare una posizione di monopolio in Europa coll'accaparrarsi il carbone, il ferro e gli sbocchi sui mari. · 5° Ah biamo· visto che tale posizione la Germania é in procinto di assicurarsela, ciò che vorrebbe dire so– stituire in Europa, al regime della libera concorrenza fra i capitalisti delle diverse na;zioni, un regime di mo- nopolio a favore dei capitalisti tedeschi. · 6° La costituzione di un ·monopolio siffatto può darsi che obbedisca alla fatalità del processo capitali– stico, e trarrebbe seco, come ogni monopolio, il bene– ficio di un maggiore sviluppo - anche nei paesi dove son più arretrati - della grande industria, del principio di organizzazione, e·delle applicazioni scientifiche, ma ciò riescirebbe soltanto parzialmente a beneficio delle col– lettività produttrici e consumatrici degli altri paesi, e prevalentemente a vantaggio dei capitalisti germanici. 7° Se un torto è perciò d-a attribuirsi ai socialisti tedeschi, è di essersi resi solidali coi capitalisti del loro paese per favorire il processo capitalistico coi mezzi violenti e barbarici della guerra con tutte le sue conseguenze, invece di esercitare la pressione delle loro organizzazioni economiche ·e politiche per passare dal regime della libera concorrenza al regime della intesa per gli scambii internazionali delle materie prime, per l'uso delle vie marittime, per la ripartizione d,ei mer– cati, senza tentar di passare attravers.o il regime di monopolio instaurato mercè la guerra. · · Il capitalismo è, ancora, più forte del prolet1rriato organizzato, certamente, e ciò spiega lo scatenamento della guerra, ma· 1a solidarietà del proletariato non do– veva essergli concessa. 8° Qualunque sia l'esito della guerra, risolvendo_si essa tra forze del capitalismo, e per il capitalismo, ove si infranga il tentativo monopolistico della Germania, si . continuerà il regime di libera concorrenza, ma non sa– ranno eliminati nè la possibilità di ulteriori guerre, nè i vizii inerenti al capitalismo. Ciò finchè il regime di monopòlio del carbone, del ferro o delle vie dei mari non si costituisca nelle mani del proletariato anzichè in quelle dei capitalisti. La qual cosa avverrà in una fase ulteriore del processo economico attuale. 9° Per tornare al primo assunto che riguarda, in questo momento della guerra europea, l'inferiorità in cui si trovano gli avversarii degli Imperi centrali quanto alla organizzazione della produzione delle armi e delle muniziòni, dell'azione militare, dei comandi dei diversi campi di azio,ne, se si vuole impedire alla Germania di costituire il monopolio del più potente strumento e motore dell'industria, il carbone, occorre prima vin– cerla sul terreno della organizzazione industriale e ci– vile e nel termine più breve. Altrimenti-, per ogni giorno che passa, essa, valendosi delle nuove energie minerarie conquistate, può la sua virtù preminente rendere ancor più poderosa. ALESSANDRO SCHIAVI.
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