Critica Sociale - XXV - n. 18 - 16-30 settembre 1915
278 CRITICA SOCIALE Per cercarla, la Camera si è adunata sotto il peso di gravi ,preoccup_a~ioni e c~ v?lle l'el_oquenza _di_Viviani, affichee in tutti 1 Comum d1 Frauc1a, per d1ss1parle, e ricementare l'union sacrée; ma la stasi permanente lungo il fronte denuncia che ·la vite che non gira non fu ancora trovata. In Russia? " Il soldato russo - scrive un corrispon– dente della Stampa - ·si batte, si batte da eroe· e so– vente in condizioni ineguali per li;i armi, il numero, il comando. Un comandante ammirevole, delle truppe am– mirevoli,,. La popolazione civile -- osserva un altro scrittore nella Revue de Paris - si è mobilizzata per i servizi sanitarì, di assistenza e industriali in .modo altrettanto ammirevole. La Duma, gli Zemstvos, i Co– mmii, insomma la Russia nuova, la Russia che lavora, è sorta in piedi, è insorta contro la burocrazia presun– tuosa, inetta, zeppa di pregiudizì, per sostituirlesi e preparare un rinnovamento della vita russa tutta quanta. Ma perchè, allora, i tedeschi arrivarono a Varsavia ed oltre? Quale intrinseca debolezza frustra l'eroismo dei soldati e lo slancio dei ". civili ,,? " Il voto della Duma - prosegue il corrispondente della Stampa - domanda che siano messi sotto accusa gli impiegati responsabili della mancanza di munizioni, di armi, di soldati, di ufficiali: rappresaglie severe, la forca per i traditori, che hanno tradito per tradire, o perchè corrotti, o perchè negligenti, ed anche per quelli che hanno tradito per imbecillità. Ed ecco il primo ri– medio. E una disciplina di ferro sia imposta nell'eser– cito: non ci sian più donne nelle trincee, nemmeno nei treni cosidetti sanitari, e il timore della morte per fu– cilazione mantenga nelle righe gli ufficiali subalterni, talvolta troppo trascurati ,,. Ma c'è almeno il numero? " Il rullo compressore russo? La massa russa? La fiumana inesauribile di cosacchi che si sarebbe rove– sciata sulla Germania? Ebbene, nonostante queste espressioni rimbombanti, che voi avete letto come le ho lette io, l'armata russa non ha, non ha mai avuto an– cora la superiorità numerica! La Russia ogni mese ha armato circa 150.000 nuovi soldati, esattamente quanti occorreva per tappare i buchi prodotti dalle perdite delle spaventose battaglie di Mazuria, di Polonia, di Galizia, dei Carpazì. Oggi l'armata russa non è dunque più, numerosa che al principio della guerra ,,. Anche qui, dunque, mancano ancora la organizzazione e la disciplina. Queste virtù - essenziali alla vittoria sarebbero il punto debole degli alleati. Scriveva il critico militare del Corriere della Sera ai primi di settembre: · "Noi sosteniamo che, per ottenere eserciti organizzati in modo da assicurare alle nazioni dell'Intesa la vitto– ria sull'avversario, è necessaria l'internazionalizzazione (bruttissima parola italiana, diceva l'altro giorno l'ono– revole Luzzatti) della produzione dei mezzi della guerra, e la giusta conseguente ripartizione di essi fra gli eser– citi alleati. Tutto ciò che si produce in Inghilterra ed in Francia, che sono le principali fabbricatrici tra le nazioni dell'Intesa; tutto ciò che si compra in Amenica, che è la grande fornitrice di tutti i combattenti, o in !svizzera, la quale, da quando è scoppiata la guerra, ha trasformato quasi tutte le sue fabbriche di orologi in fabbriche di munizioni, ed è stata finora, senza cla– mori, uno dei mercati della Francia e della Germania; tutto deve essere messo in comune. Soltanto con questa internazionalizzazione e con questa ripartizione (fatta naturalmente nei limiti del ragionevole) si può dare a tutti gli eserciti una eguale consistenza di organismo, proporzionata alla forza d'ognuno, che permetterà di fare lo sforzo unico ,,. E per l'Italia? Citiamo da una fon te ortodossa - il Secolo del 2 settembre - a proposito di " esonerati ed esonerandi ,, : " Pensiamo che sia utile gettare fin d'ora le solide basi per organizzare e disciplinare tutte le energie della grande Italia, convinti come siamo che, se alla fine della guerra i popoli latini avranno strappato a quelli tede– schi il segreto per disciplinarsi ed organizzarsi con per– severanza e con metodo, avranno vinto la più grande battaglia della storia moderna, avranno in mano !'arme di difesa più potente contro ogni temibile e probabile risorgere della baldanza teutonica ,,. E ancora: " Un po' di disciplina, signori di tutti i gradini della s·blio eca Gino Bianco scala sociale! Non culliamoci eternamente nel sogno che basti la genialità .latina per superare le difficoltà, qualunque esse siano: alcune difficoltà si .vincono solo con la costanza, la disciplina, l'organizzazione, qualità caratteristiche della razza tedesca, e confessiamo che ci sentiamo tremare all'idea di quello che sarebbe av– venuto se i Tedeschi avessero posseduto, oltre al resto, la mentalità latina; anche la luna sarebbe oggi tedesca!,,. Si invoca cioè, per vincere, quel prinoipio di orga– nizzazione, che per i Tedeschi consiste " Iiel conservare i pregi della civiltà individualista, ma coordi.r;i.ando ar– monicamente la verità individuale a un tutto, a uno scopo comune ,,, principio che li conduce a considerare gli altri popoli in uno stadio inferiore di "gregarismo,,, incapace, secondo essi, anche di comprendere l'idea. della organizzazione tedesca. Sono le ipertrofie d'orgoglio e le infatuazioni di un popolo, che in breve ora raggiunse uno sviluppo, una forza, un valore, cui altri popoli in ugual tempo non seppero attingere; ma celano nel- fondo questo di in– negabile: che in questa guerra è il principio di orga– nizzazione e di disciplina - non solo e non t~nto ne~– l'esercito combattente, quant9 negli opifici, nei labora-. torii, negli uffici, nelle case dove si lavora per la guerra - il coefficiente primo della vittoria. Chi più lo pos– siede, più vince. *** Ma vi è un'altra forza fisica formidabile, che di quella. forza morale, ·di quel principio di organizzazione, è in– sieme. la leva e, in un certo senso, la causa: il carbone ed il ferro del sottosuolo, onde la Germania ha gran– dissima copia. Nei secoli passati le cause di ricchezza dei popoli, gli obbiettivi quindi delle loro cupidigie, l'occasione a incursioni e a guerre sanguinose e lunghe furono le, donne, il sale, i pingui pascoli, le terre più fertili, l'oro, il rame, il guano, i fosfati: oggi è il carbon fossile; di– ventato, esso, formidabile istrumento di attività nuove, fonte di molteplici energie, qualcosa come il sangue del paese che ha la ventura di nasconderlo dentro le, sue viscere. Senza il calore solare condensato nei millenni, la macchina non avrebbe trovato il suo possente motore e. tutta l'industria moderna, coi suoi opifici, con la sua or– ganizzazione formidabile, non avrebbe potuto svilupparsi. " Ora la macchina - scrive il Marx -, punto di par-· tenza della rivoluzione industriale, al lavoratore che maneggia un utensile sostituisce un meccanismo mol-· teplice che riceve il suo impulso da un'unica forza, quale che ne sia la forma. "Nel macchinismo lo strumento di lavoro acquista una esistenza materiale che sostituisce 1e forze natu– rali alla forza dell'uomo e la scienza all'empirismo della. pratica. Nella manifattura la divisione del processo di lavoro è puramente subiettiva; è una combinazione di operai speciali. Nel sistema delle macchine, la grande industria crea un organismo di produzione affatto ob-· biettivo o impers9nale, che l'operaio trov;a nell'opificio. come la condizione materiale già pronta del suo lavoro. Nella cooperazione, sia essa semplice o fondata nella divisione del lavoro, la surrogazione del lavoratore col-· lettivo al lav.oratore isolato ha ancora• qualcosa come di più o meno fortuito. It macchinismo, salvo eccezioni, non funziona che a mezzo di un lavoro sociale, ossia comune. Il carattere cooperativo del lavoro diventa. una necessità tecnica imposta dalla natura stessa del suo strumento. " La subordinazione tecnica dell'operaio all'uniforme, movimento dello strumento di lavoro, e 'la particolare composizione del lavoratore collettivo d'individui dei due sessi e di ogni età, creano una disciplina dà ca– serma, pP-rfettamente elaborata nel sistema di fabbrica .. Là il cosidetto lavoro di sorveglianza e la divisione– degli operai in semplici soldati e sott'ufficiali indu– striali sono spinti all'ultimo limite di pe1·feziona- mento,, (1). • . Non si potrebbe definire megli_o l'età nostra, la pe– culiare sua economia e i suoi riflessi sulla guerra at– tuale. Chi possiede in Europa il coefficiente primo di codesta economia, il carbone? Risponde un recentis– simo articolo della Revue des deux mondes (2). (1) lllARX: I! Capitale, pag. SSG,S45 e sss. (Soc. Ed. Avanti!, ~mano). · (2) L. DE LAUNEY: Le p,·oblème de la houme. - Revue des deux– Mondes, 1° settembre 1916.
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