Critica Sociale - XXV - n. 18 - 16-30 settembre 1915

284 CRITICA SOCIALE <lire, un frammento di pensiero proiettato nel pas– sato. Come dimostra an.che Giuseppe Rensi nel suo studi,o sulla Trascendenza, · la preordinazione della natura all'avv-ento del pensiero non si spiega se non si ammette fin dal prin,cipio un disegno, un propo– sito e un occhio che ved-e la mèta e la via (1). Il 'pt1nsiero non può spuntare a caso, come un fungo, dall'evoluzione cosmica. Il pensiero non può derival'e che dal pensiero; è l'unica entità che non rimandi ad altro. È, quindi, un ing-enuo sofisma l'applicare ad esso i·l principio di causalità, come, si fa per le altre cose. In. secondo luogo, La critica gnoseolo– gica (da Kant in poi) ha mostrato c"e è assurdo porre da un lato un soggetto in sè e dall'altro .un oggetto in sè in relazione accidentale; il fatto primi– tivo, nella sua innegabile realtà, è, invece, lia co– scienza, che è sintesi concreta dei due termini. Il rapporto della realtà alla coscienza è essenziale, ne– cessario, costitutivo. Tutte le determinazioni del reale e la, sua stessa affermazione svaniscono nel nulla, ove si spezzi questo J.egame essenziale con la vita dello spirito. Co,sì scompare il misterioso spettro de-1- l'Inconoscibile, e il pensiero non ci si mostra più come· un'accessoria aggiunta falsifi,catrice dell'esse-re indipendente, ma come la più alta e più vflra espres- sione della realtà.· · Nella stess~ guisa .eh-è un g-enio rivela talvolta agli -altri uomini qualcosa che essi sentivano in sè vaga– mente, ma non riuscivano a concepire in modo, chia– ro.; <?OSÌ è k1 coscienza umana rispetto agli esseri naturali, d1e solo· in essa e per essa acquistano quella consape·volezza della propria virtualità, che da sè erano impotenti a realizzare. Per penetrare più pro– fondamente nel cuore delle cose dobbiamo perciò elevare la natura fino a noi, ed ,elevarci al 'di sopr; di noi, intensificando la nostra vita interiore, re~– dendo più vasti .e werenti i nostri pensieri,, più liben e· cosciente· la nostra volontà, più chi.ari e definiti i nostri ideali .. La pienezza deilla re-altà assol'uta non è -dietro, ma davanti a noi, e, solo ce-rcando di espri– mere ciò che nel nostro spirito è ancora di poten– ziale, possiamo sempre più approssimarci a queHa ultima mè_ta. Alla concezione statica dell'oggetto, che lo pone in· sè compiuto in una sfera inaccessibifo, bisogna sostitu_ire una veduta dinamica, che. lo con– s~deri nel suo progressivo elevarsi a una forma su– periore .di conoscenza e realtà. La natura e l'insieme de.gli esseri che la_ compongono non esistono c,erta– mente in quanto _sono,nel pensiero umano; ma, nel passaggio dall'esterna esistenza alla luce delia con– sapevolezza, ben lungi dal perdel'e il l'oro carattere -di realtà, ne acquistano un· grado più alto; non sono falsifi.ca, ti, come pretend,e l'agnosticismo, ma assur– gono ad una verità superio-re. ETTORE MARCHIOLI. (Il seguito al prossimo Numero). (1) GIUSEPPE RENSI: La t>-ascmdenza (Torino, 1916), pag. 21. Ai prossimi numei·i: Oro e sangue, di FRANZ WEISS. Un episodio della lotta di classe in Sicilia: Le classi agricole e l'applicazione della legge sul credito agrario, di NINO BARCHITTA, La Germania e la prossima guerra, di VoN BER– NHARDI. BibliotecaGino Bianco UOMINI E IDEE Come un filosofo penetrò nel popolo. Quanta gente non ha scritto di Giovanni Bovio? Quanti si sono d-etti « veri interpre~i » del suo pen– siero? Eppure, in alcune pagine intime, il filosofo. lasciò scritto che almeno• l'avessero- lasciato in pace dopo morto. Gli uomini grandi non lasciano eredi: J,a loro er-edità la raccolgono tutti, e ciascuno può portarne un frammento nell'anima. Per Giovanni Bovio __.: la cui opera resta· tuttora in gran parte fraintesa e sconoseì,uta - può dirsi più che p-er altri che c'.è un mezzo sicuro per cono– scerne lo spirito: ed è di leggerne le opere: e quando si leggono, e si acquista familiarità con esse si vede che nessuna leggenda è più ingiusta di quell,a della oscurità bovia,na. · Appena i tempi saranno rasse,renati, sarà diffusa, in volumi. popolari, una pubblicazione della quale oggi più che mai appare l'utilità: _la ra,ccolta d,egli scritti di Giovanni Bovio. I primi· volumi saranno quelli dei çlisoorsi. Molta· gente non ha anco-ra trovato· una spiega– zione al fenomeno per cui un filosofo abbi.a, potuto esercitare, come Bovio, una così intensa, suggestione sulle folle:· e però la lettura di questi volumi - a chi suo.le leggere con spirito attento e non, come si suole dopo pranzo, col sig.aro tra le labbra - darà una chi,ara spiegazione. La spiegazione è che Giovann•i Bovio non fu soltanto un· filosofo - chè i filosofi non riuscirono mai a p-enetrare nella co– scienza popolare e il più d.elle volte rimas,ero estra– nei ai loro tempi - ma fu anéhe un artisoo e un sentimental 1 e. Gli apoftegmi filosofici, sul tipo degli imperativi categorici di Emanue!,e Kant, come tutto qu,ello che ha carattere di assoluto• e di astratto, non s,aprebbero toccar-e l'a.nima del popolo. La filosofia di Gi-ovanni Bovio fu proletaria come lo spirito ne fu socialista ed egli non si trasse mai fuori dei palpiti, delle aspirazioni, delle grandi lotte dei tempi, giacchè il pensiero as-cetico, che si ritrae all:a cima del monte per sottrarsi ai pericoli dell:a vita, fu contr;ario al sentimento ch'egli ebbe del do– vere umano.· Cosi acca-dde che il popolo talvolta, in un discorso, potette non comprendere l'intimo- signi– ficato di un.a, proposizione· filosofica, ma, attraverso una immagine vivida, un • sentimento- fortemente espresso, una reminiscenza artistica, per que.Jla inti– ma virtù di suggestione, che si sente ma non si spiega, senti il grande, profondo, sincero vincolo onde l'anima sua ,e-ra collegata a quell,a del filosofo. Questi volumi si apriranno con quello in cui ·sa~ ranno contenute le gran-di figure dei'l'italianità: da Dante a: Bruno,- da Mazzini a Srufì, da Garibaldi a Mario fi1:1oai contemporanei. Quelle figure, cioè, che nei diversi campi del pensiero, dell'azione, della libertà las,ciarono una traccia propria•. E questa fu la grande forza: di Giovanni Bovio: riuscire a scol– pire, in rapidi tratti, quei personaggi che hanno un'individualità propria. Fu ne-I ·1889 che pronunziò il mirabile dis,co,rso per Giordano Bruno in Campo dei Fiori, a Roma, ai

RkJQdWJsaXNoZXIy