Critica Sociale - XXV - n. 18 - 16-30 settembre 1915

CRITICA SOCIALE 283 non solo filoso.fì.ca, ma anche scientifica (ben diverso in ciò da quei molti titologra[ì, che scrivono libri e libercoli unicamente per dare la scalata allie cattedre ben retribuite), égli vuole liberare la filosofia odierna da tutte le escrescenze, morbose, da tutte le erbacce velenose che ne intralciano il ripido cammino. Basta con le chiaochi•erate più o meno nebulose, che na- . scondono la loro miseria sotto, la falsa etichetta d-el– J.'idealismo! È ora di far tacere tutti quei pappagalli, che ricantano la canzoncina altrui e costruiscono ar– bitrariamente sistemi, ·senza darsi conto de.Jla loro fondatezza. Povero idealismo! Quanta merce avariata sei stato chiamato a coprire sotto la tua nobile ban– diera! Teosofia, cabala, occultismo, magìa, fideismo, intuizionismo, tutti i deliri mistici, tutti i più antiçhi fossili e i detriti più diversi che si sono venuti so– vrapponendo a caso nei bassi. fondi deJ.la speculazi,one secolare, son ritornati a galla a dispetto della logica e del buon senso. « Si è perduto in certo modo- l'equi– librio e, l'orientamento, e, spenta la luce dell'intelli– genza, si va brancicando qua e là fra le tenebre di non so quali ispirazioni fantastiche, di non so quali intuizioni dirette e profonde azioni •miracolose, in cerca di una nuova v•erità che risponda alle intime esigenze dell'anima umana». Vana e sterile ricerca, poi,chè è vano chieder-e ad altre funzioni della co– scienza una pene-trazione, della realtà più profonda di quella che l'intelligenza può darci. Oocorre, dunque, rivendicare il val-ore dell'intel– letto umano contro le intemperanze dell'odierno ro– manticismo e bizantinismo filosofico; occorre rimet– tere in onore quel sano metodo della scienza, che, in filosofia, non riconosce altra autorità da quella dell'osservazione dei fatti e dei principi del ragiona– mento, universalmente ri,conosciut!. Cotesto metodo nega che al disopra di questi vi sia una fonte di ispirazione filosofica più alta, e si oppone perciò a tutti i tentativi di tr?-scendere con una superlogica la Iogi•ca comune. « La filosofia non ha bisogno di un metodo diverso da quello d,ella scienza; ma, per non cadere negli errori del vecchio positivismo e del naturalismo, bisogna intenderci bene sul significato della parola scienza ». Scienza non è solo quella che studia i fenomeni fisici e li formula matematicamente; l'esperienza s,en– soriale non è tutta l'esperienza. Nella nostra co– scienza vi sono altri fenomeni, dei quali non possia– mo negare la realtà, Una valutazione, In-orale od este– tica, un sentimento di fede religiosa, l'esperienza di una spontaneità attiva nel voler-e o della necessità del riconoscimento di un principio logi,co, sono fatti altrettanto reali, quanto il cadere della, pioggia, l'eÌe– varsi del vapore acqueo, il rombo del tuono, ecc. Una filosofia, veramente degna di questo nome, deve dar ragione di tutti i fatti, deve fondarsi sull'espe– ri,enz.a nella sua integrità, non sopra un frammento .di essa. È del tutto arbitrario tentar di spi,egare con le leggi meccaniche, vere solo per una parte della esperienza, tutta intera la realtà; ed è pessima me– tafisica quella che dalla varia combinazione degli ele– menti sensoriali crede· poter ricavare tutta la vita dello spi.rito· nella sua inesauribile ricchezza. Il di– fetto principale del positivismo è appunto quello di voler ricalcare tutta la realtà su.J tipo della realtà fisico-matematica, facendo rientrare per forza negli schemi fisico-matematici il mondo del nostro spirito. Dal falso presupposto che non vi sia altra, forma di sapere se non quella che ha il suo perfetto modello BibliotecaGino Bianco nelle s·cienze naturalistiche, esso è portato a una concezione meccanicistica dèlla cosci-enza e della filo– sofia, dalla quale so~o banditi come insolubili tutti quei problemi che, dal suo punto di vista ristretto ed unilaterale, non possono avere una soluzione ade– guata. Per un'illusione di prospettiva, esso attribui– sce alla natura del sapere umano quell'insuffioenz,a che è, invece, propria del suo metodo e del suo si– stema partkolar-e. A prescindere da altre numerose obiezioni, il po– sitivista si aggira in un curioso circolo vizioso (1). Egli afferma di- partire dal dato sensoriale, dal fatto; ma, così facendo, rtori può dipartirsi dalle norme del suo pensiero, non può metter da parte il suo io, ohe unifi,ca, distingue, giudica i contenuti dell'espe– rienza. Tal.e, unificazione e distinzione non si può fare senza presupporre come esistenti a priori le norme del pensiero, quelle norme• che Kant chia– mlva le categorie. Il fattb presuppone' quindi le ca– tegorie, le quali non si possono in alcun modo de– durre dal dato sensoriale. Il positivista empirico pre– tende, al contrario, cavare le catego,rie dal fatto, ca– dendo cos,ì nella forma classica del circolo vizioso, che consiste nel p•resupporre ciò che si crede di spie– gare genericamente. Senza le norme universali del pensi-ero, i dati sensoriali ci apparirebbero caotici, disgregati, isolati da quel contesto organico che è la vita de.I.Lacoscienza. Esprimere dal fatto la sua essenza intelligibile, penetrarne la ragione profonda, elevandolo in tal modo ad un grado superiore di ve– rità, è l'opera -eterna del pensiero, che d{lll"umàna e r,elativ.a contingenza del fatto ci fa salire. alla divina e assoluta necessità dell'idea. Il grossolano empirismo, che esalta il fatto divino al di sopra, dell'umanità della legge, non s'accorge di invertire i termini, togliendo ogni valore alla ri– oer,ca filosofica, che non avrebbe più ragione d'esi– stere se nel fatto vissuto. si avesse· la più perfe.tt- . rivelazione del reale. Senza pensie-ro non vi è filo-· sofia; an,che i più accaniti positivisti e intuizionisti, quando si sforzano di darci una completa visione di noi stessi e del mondo, sono astretti a oJ.trepassa·re il momento vissuto per sollevarsi ad un concetto uni– versale. Ed è appunto l'universalità del concetto, che ci p,ermette- di ·estendere an,che ai fenomeni, che ac– cadono nella natura fuo.ri della vita s-enso,riale·, que– gli eLeme.nti inte,l]jgi bili, c he il pensiero ,ci rivel.a in tutti i fatti sentiti. · Quanto all'agnosticismo, cui necessariamente met– ton capo il posi,tivismo e il naturalismo (non paTlia– mo del materialismo, chè oggi nessun pensatore se– rio osa più proclamarsi materialista), esso, deriva dal concepire erroneamente la relazione della realtà alla cosci,enza come qualcosa. di accidentale, che potrebbe anche non esistere. Secondo una tale veduta, lo spi– rito non è che un fenome,no tra gli altri fenomeni delfa natura, un processo transitorio del'l'evoluzi,one cosmi-ca, che ha avuto il suo principio ed avrà la sua fine nel tempo, senza aggiungere o togliere nulla ali.a realtà de.lJ.'e,ssere, che permane eternamente al di fuori di esso. Ma una simile veduta è criticamente insostenibile. Anzitutto, concepire un quid prima del pensiero, da cui nasca il pensiero, è impresa disperata. Perchè · un tale quid, se è posto in qualche maniera reale, è già rivestitò delle forme del pensiero, è, per così (1) Vedi C1titu1·a filosofica dell'anno 1918, rase. •-5.

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