Critica Sociale - XXV - n. 17 - 1-15 settembre 1915

i CRITICA SOCIALE condannarlo - il pensiero di quanti· avevano- lottato, nei seeoli scomparsi, a qualunque partito fossero ascritti. « Noi abbiamo - diceva - il culto del pas– sato. Non è invano che tutti i focolari delle gene– razioni umane hanno fiammeggiato;. ma siamo noi, -noi che marciamo, che lottiamo per un nuovo ideale, siamo noi i veri eredi del focolare degli avi; noi ne abbiamo preso la fiamma, voi non nè avete custodit'o altro che la cenere».· (Gennaio 1909). · « Noi salutiamo - scriveva egli nella Introduzione alla Storia socialista della Rivoluzione, laddove ei tenta, come di-ce egli stesso, di « riconciliare Plufarco, Michelet ,e Carlo Marx» - noi salutia~o con uguale rispetto tutti ali eroi della volontà. La storia - sia pur concepita come uno studio delle forme econo– miche ~ non dispenserà mai gli uomini dal valore -e dalla nobiltà individuale. Il livello morale della so– cietà di domani sarà segnato dall'altezza morale delle coscienze di oggi. Proporre come esempio tutti i com~ battenti eroici,- che, da un s"ecolo in qua, ebbero la passione dell'idea e il sublime disprezz~' della morte, è fare, dunque, opera rivoluzionaria». Cosi, in tutto ciò ch'egli tocca, ristabilisce la ge– nerosa sintesi di, tutte le forze della vita, e ovunque impone l•asua grande veduta: panoramica dell'unive·rso, il senso dell'unità multipla e vivente delle· cose. Que– sto equilibrio ammirabile di elementi innumerevoli suppone in chi lo effettua· una magnifica salute del ~orpo e dello spirito, la padronanza dell'essere. Jaurès la possedeva, e per questo era il pilota della demo– crazia europea. Come vedeva lontano e chiaro! Più tardi, quando si rifarà il grande processo della guerra presente, egli vi comparirà come un formidabile ·testimonio. Che cosa non ha egli, preveduto? Si sfoglino i suoi discorsi -da oltre dieci anni (1). È ancora troppo presto per citare, nel mezzo della mischia, talune sue deposi– zioni, che saranno vindici davanti all'avvenire. Ri– cordiamo solo, del 1905, la sua angoscia della guer– ra mostruosa che s'avanza (2); - la sua ossessione -<1 del conflitto, ora sordo, ora acuto, semp-re profon'do -e pauroso, fra Germania e Gran Bretagna» (18 di- cembre 1909 (3); - la sua denuncia delle· manovre --OCCulte della finanza e delle diplomazie europee, favo– rite dal « torpore dello sp-irito pubblico»;. - la sua -netta valutazione di tutte le r-esponsabilità; - la sua preveggenza dell'atteggiamento addomesticato che :Conserverebbe, in caso di guerra, il Partito socialista tedesco, a cui egli spalanca 'in faccia (al Congresso di Amsterdam, 1904) lo specchio della sua orgogliosa debolezza, la mancanza di tradizione rivoluzionaria, -La sua « impotenza formidabile » (4); - la sua previ– sione dell'àtteggiamento che certi capi del socialismo francese, Giulio Guesde fra gli altri, avrebbero preso nel c_onflitto fra i grandi-Stati (5); - e, più in là dell:a guerra, 1a sua previsione delle conseguenze prossime -0 lontane, sociali e mondiali, di questa mischia dei popoli .... Fosse vissuto, che cosa avrebbe egli fatto? Il pro– letariato europeo aveva gli occhi s~ di lui; aveva (1) Oppure gli estratti che ne dà CARLO-RAPPOPORT nel suo ll)>ro -eccellente: Jean Jaurù, l'homme, le penseur, le soclallste, con pre- 1azlone di .Anatole France. (Ricordiamo che questa ottima e 1ntere1- 11antlas1ma .A.ntologla Jaurtsslana è In vendita alla Ubterla del• l'..Av11nt11, v)a B. Damiano, 18, Milano, al prezzo di L. 5,liO).- 4,nche è da leggere Il volume di R11:1n! LEGAÌID: Jean Jau,·~s. (2) BAPPOPOB-T, op. clt., pag. 10-77. (BIIbidem, pag. 2s,. (4) Ibidem, pag. 81. (i) Ibidem, pag. 889-'l°0, ibHotecaGino Bianco f-ede in ·1ui, · come disse- Camillo Huysmaris, nel di– scorso pronunciato su11~ sua· toii:1,ba, "a nome dell'In– ternazionale òp~raia (1). Niun dui>bi-0che, dopo· aver .comba.ttuto la -guerra fin-·che ogni sperànza d'impe- dirla non fosse· perduta, ei si sarebbe· inchinato le,al– mente al dovere comune della difesa· nazionale e vi avrebbe partecipato con tutta _lasua energia. 'Lo aveva proclamato al Congresso di Stoccarda (1907), in pieno accordo su questo· punto con Vandervelde ·e con Bebel: « Se rinà nazione - ei <lkeva - in qualsiasi circostanza, rinunciass"e · in prevenzione a difendèrsi, farebbe- il giuoco ·dei· Governi di violenza, çli barba– rie e di reazione .... L'unità rimana si · effettuerebbe nella servitù se risultasse dall'assorbimento delle na– zioni vinte in una nazione dominatrice ». E, di ritorno a Parigi, rendendo conti'.) del Congresso ai socialisti francesi (7 settembre 1907, al Tivoli Vaux-Hall), egli imponeva loro come un duplice dovere, là guerra alla guerra fin che questa non è che" una minaccia all'oriz– zo~te, e, all'o-ra della crisi, la guerra p-er là difes3. della 'indipendenza na~ionale. Questo grande europeo era un grand-e francese (2). Ma è altrettanto cért'o -che il .dovere patriottico, compiuto con fermezza, non. gli avrebbe. impedito d-i conservare il suo ideale umano è di spiare,· vigile scolta, la prima ocoosio~e per ristabilire l'unità la-ce– rata. Certo, mai non avrebbe lasci -to andare il va– scello_ socialista ali~ de-riva, come i suoi deboli suc– cessori. È scomparso. Ma, come le fulgide luminosità che seguono il tramonto, al disopra dell'Europa sangui– nosa su cui scende il crepuscolo, risplendono i riflessi del suo lucido genio, la sua bontà nella lotta aspra, il suo ottimismo indistruttibiJ.e anche nei <lis.astri. Una pagina di lui - pagina immortale, che non si può leggere senza emozione -e r:appres-enta il buon Alcide; Ercole dopo J.esue fatiche,_ che si riposa sulla terra materna: « Vi hanno ore - <:lglidice - nelle quali noi pro– viamo, a premere la terra, una gioia· tranquilla e p·ro– fonda come la terra medesima .... Quante volte, cam– minando nei sentieri a traverso i campi, io mi son detto a un tratto che era la terra che io calpestavo, che io ero suo, che essa era mia; e, senza pensarvi, raUentavo il passo, perchè non valeva la pena di af– frettarsi alla sua superficie,. perchè ad ogni passo io la sentivo e la pos"sedevo intiera e la mia anima, se posso cosi esprimermi, camminava in profondità. Quante volte, anche, sdraiato sul bordo di un fossato, verso il· declinare del giorno, col viso riuolto all'o– riente dolcemente azzurro, a un tratto pensavo che (1) " Noi slamo, a traverso Il mondo, dieci milioni di operai orga– nizzò.ti , pel quali Il nome di Jaurès lncarn·ava l'aspirazione la più nobile e la più completa. Io ricordo ciò ch'egli fu per gll operai degll altri Paesi. V~ggo ancora I delegati stranieri attendere ch'egli avesse parlato per fissare la loro opinione _deflnltlvà; e, se anche non eran9 seco d'accordo, amavano accostarsi almeno alla sua opi– nione. Egli era più che la Par'ola; ·era la Coscienza ..... ,. (2), Chi mal ha parlato più nobilmente di lui. della Francia eterne, - " la Vere.Francia, che non è rtassunta ln un'epoca e 1n un gtorno, nè nel giorno di molti secoli fa, nè In quello d'lerl, nia la Francia tutta lntlera, nella successloTie de' Ruol giorni; delle sue notti, delle sue aurore, del suol crepuscoli, delle sue ascensioni· e d~lle ~ue · cadute, e che, a traverso tutte queste ombre mescolate, tutte queste luci Incomplete, tutte queste vicende, se ne v.a v.erso ·una piena chtarttà ch'es•a non ancora ha r•ggtunto, ma il cui presentimento è nel suo pensiero I " (1910). Veggs,sl Il magistrale quadro ch'egli ra della storta rrancese, e Il megnlOco elogio della Francia, nella conferenza del' 1905, che gli- al lmpedl di pronunciare a Berllno e ohe fu letta In sua vece da Ro- berto Flscher. · ·

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