Critica Sociale - Anno XXV - n. 15 - 1-15 agosto 1915

228 CRITICA SOCIALE còmpito diverso da quello di sopprimere libertà e di creare egemonie. Arrriinio, che lotta contro l'ege– monia livellatrice di Roma, Vitickindo che - otto secoli dopo - oppone una disperata difesa contro l'imperialismo di Carlo Magno, e giù giù fino allo Stein e all'Hardenberg che rivendicano l'autonomia nazionale della Prussia, rafforzandone lo spirito con ardite e sapienti riforme interne, contro la nuova egemonia francese del primo Napoleone: tutti co– storo sono, storicamente, assertori e interpreti del principio di libertà e del diritto nazionale e possono fare qualche contrappeso a Federico Barbarossa, a Carlo V, a Ot.tone di Bismarck. Giova più, forse, a raddrizzare i giudizi e a tem– perarne le assurde esagerazioni, accennare ad un altro aspetto storico del fatto: ricordare cioè che quella minaccia, che oggi incombe sull'Europa per il disfrenarsi della volontà di dominio nel popolo germanico, venne ·in altri tempi da altri popoli, specialmente da quella Francia, a c1.1i la gloria del– l'Ottantanove pare aver assegnato in Europa il còm– pito di tutrice della libertà. Può essere utile consi– gliare, ali~ moltitudine degli storici. e À€i sociologi unprovvisati, lo studio di quel che fu la Francia 1 in Europa al tempo di Luigi XIV, dall'invasione del Belgio nel 1665 alla pace di Utrecht nel 1713: la politica interna ed estera del Rè Sole ha, anche nei particolari, certi punti di somiglianza veramente cu– riosissimi con la politica tedesca dell'ultimo cinquan– tennio, cominci~ndo dal prevalere, nell'economia del– lo Stato, delle tendenze mercantilistiche. E la lettura della poderosa opera di Alberi Sorel (un francese, come- ognuno sa) su l' Europe et la réuolution française insegnerebbe a costoro che, anche prima che il Còrso fatale stabilisse la sua dittatura, la Francia della, Rivoluzione aveva ripres·o, nella poli– tica estera, le tradizioni dell'ancien régirrie, e che la così detta guerra d' afiranchissement, che essa dichiarava, sulla fine del 1792, d'iniziare contro la tirannide dei despoti per il diritto e la libertà dei popoli, mirava in realtà ad attuare un sogno seco– lare di egemonia. Tutto ciò, che qui io ho appena accennato e che potrebbe esser dimostrato ampiamente, ha impor– tanza per questo: che, una volta fissato come l'o– dierno sforz~ germanico di egemonia non· differisca dallo sforzo analogo che in passato compierono al– tre ·nazioni, e come esso non sia l'espressione di una tendenza etnica, ma di un complesso di cause storiche; ne derivano queste conseguenze: 1 ° per abbattere ogni sogno di egemonia n_on·basta ab– battere la forza di uno Stato o di una stirpe, con la vittoria di altri_ Stati o di altre stirpi in cui quel sogno potrebbe rinnovarsi; 2° quello che giova ve– ramente ad allontanare ogni· attuale o futura mi-' naccia non è la sconfitta di uno Stàto o di un gruppo di Stati, ma è l'ehminazione, ove sia possibile, di quelle condizioni· e di quei fattori storici, da cui il sogno egemonico, che oggi tiene in ansia tutto il: mondo, è stato generato. . · Nella ricerca di questi fattori troppi si sono fer– mati alle apparenze esteriori o hanno voluto indul-. gere alle passioni prevalenti; ma v'è stato più di uno, anche fra gli studiosi italiani (1), che l'ha com– piuta con serietà di intenti e di metodo e ha contri– buito a porre in luce tutto il cumulo delle cause storiche e attuali, economiche, demografiche, poli– tiche, psicolò'giche, onde è stato prodotto il terri- (1) Cito, fra gli altri scritti pubblicati In Itallà, 11libro ciel CARLÌ su la ricchezza e la guerra, molti ottimi articoli pubblicati nena· R-lforma Sociale e ·1n altre Riviste, e l'Inchiesta della Rivista Scunt/.a, di cui ha riassunto obiettivamente e serenamente I risultati l'amico Rlgnano, 1n uno studio· sintetico ohe m•olfrlrà 19 spunto per un altro articolo sulla Critica. BibliotecaGino Bianco bile duello. È faeile comprendere che, se la pas– sione della Germania fu accesa dall'impressione che ella corresse il rischio di essere, da un momento all'altro, soffocata e schiacciata da forze di ne– mici invidiosi, noi non riusciremo a spegnere quella fiamma di odio e di inimicizia, finchè non avremo rimosso quelle circostanze onde l'impressione, giu– sta od esagerata, potè esser prodotta : eccetto che noi non ci culliamo nella fallace e incivile illusione di poter sopprimere il popolo germanico o di potere costringere m una diuturna impotenza tutta l'ener– gia di cui esso dà oggi testimonianza. E, se anche vorremo attribuire gran parte di quella errata im– pressione ad una esaltazione psicologica di tutto un popolo, eccitato anche dalle dottrine di teorici e di politici, pervertito dalla stessa ebbretza che ispirava le frequenti concioni del suo Imperatore; e tuttavia siamo convinti che quell'esaltaz10ne non si sarebbe manifestata -0 non avrebbe avuto sì gravi conseguenze se non in un popolo, di cui andava ogni giorn-o crescendo la forza numerica e la, con– seguente virtù di espansione, di cui l'energia di produzione ·economica ed intellettuale, nell'agricol– tura e nell'industria, nelle Università, nell,e offi-cirre librarie e nelle applicazioni della scienza alla pra– tica, andava crescendo in modo da premere- con urto sempre più frequente e più esteso nel meccanismo della vi'ta materiale e morale di tutti gli altri po– poli, sicchè potè da questo venirgli l'inesatta im– pressione di un altrui antagonismo le cui forze ge– neratrici e-rano· invece soltanto nella sua foga ·di crescere e di dominare; se di tutto ciò noi riusci– remo a persuaderci, non potremo evidentemente pensare che basti aver. abbattuto sul campo di bat– taglia le forze militari della (}ermania per poter riposare in una prospettiva _di pace lunga e senza mm.acce. No. Se, per esempio, dovesse contro la Germa– nia attuarsi l'incivile rappresaglia che minacciava il Ministro russo di agricoltura, in un!intervista avuta eon un giornalista francese quattro -0 cinque mesi addietro, guando la sorte delle armi volgeva favo– revole, sm Carpazi, alle milizie dello Czar: chiu– dere cioè tutti i mercati dell'Intesa e delle sue co– lonie ai prodotti dell'economia tedesca; allora sl che si scatenerebbe un nuovo uragano e la vicenda della guerra, che noi vorremmo troncare nell'im– mensità del sacrificio attuale, si protenderebbe lun– gamente, indefinitamente nell'avvenire. Se per tutte le guerre è ver9 che il risultato de– gli· avvenimenti militari solo in parte determina le conseguenze delle guerre stesse, l'osservazione è, per il conflitto attuale, più vera che mai. Saranno le condizjonj ,sancite nel f~turo Cof!,gresS-Oquelle · che contr1b"mranho a render ·effim 1 era -0 durevole ·'\a paee futura; e il te@re di coteste condizioni, oltre che' dallo svolgimento della guerra e più ·che da esso, sarà determina!,<> dall'attitudine e dall'inten– zione ehe i diplomatici avranno di sentire e di inter– pretare il desiderio di pace delle nazioni da essi rappresentate.- Possiamo consentire che una vitto– ria delle arnii germaniche renderebbe più difficile una soluzione pacifista ( diciamo cosi) dei problemi che· il Congresso dovrà discutere e definire (e per questo sopra tutto è logico e opportuno l'augurio di sconfitta delle armi germaniche); ma dobbiamo anche riconoscere che neppur la vittoria dell'Intesa . vale, per se stessa, a garantire una soluzione che assicuri un· lungo periodo di pace. 'Nel suo discorso al teatro Dal Verme (che io non esito a chiamare magnifico, se anche non ebbe 'una grande plasticità oratoria), Vand,ervelde espres– se con molta giustezza un pensiero che moltissimi di noi già avevano: che cioè, se anche non si pos– sono nconoscere impulsi esclusivamente o preva-

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