Critica Sociale - Anno XXV - n. 13 - 1-15 luglio 1915

198 CRITICASOCIALE il massimo di concordia, reale o apparente - e an– che l'apparente, in momenti come questi, ha il suo valo1,e. C'è questa concordia? Distinguiamo intanto: nel fatto e nelle parole. Nel fatto, c'è. È cos_a nota ed antica come.... le due tendenze, che le divergenze, nel socialismo italiano (credo anche neJJ'estero), sono assai più di vocaboli e di tono, che di so– stanza e di cose. Davanti poi a una « necessità» imminente e im– ponente come quella creata dalla guerra, la diffe– renza nel fatto, si riduce al minimo. Tutti fanno la st;ssa cosa, su per g;iù._Chi la fa_ ~ene, chi _la fa male. Chi sa serbar 1 amma e la dmltura socia– lista· chi la smarrisce. Spesso, per ironia del fato, chi più la smarrisce è chi più schioccava, prima? la frusta della sua intransigenza. Ma, nel fatto, s1 è tutti eguali. Nelle parole, è un'altra cosa. Ci son donne che cedono·, o subiscono l'assalto maschile, accordando in sè l'atteggiamento me~tale e verba\e al.... fisico. Ci sono altre che contmuano a dir no!, no!, anche quando, col corpo., dicono, ,anzi, fanno e lascian fare di sì. Questione di tempera– mento e di educazione. Ma se cli differenze conviene parlare, io credo che n'.on si debbano stabilire tanto fra sinistri e ri– voluziònarl, quanto fra i rivoluzionar~ st~ssi, ~ra loro; e fra la Direzione o la Segreteria r1voluz10- naria, e l'Avanti! -Anche qui, io non so se il dissenso sia di vera concezione e dottrina, o di temperamento. Quando ricordo che M. Serrati aveva ricQTiosciuto ed ap– provato, nel Comitato della Confederazione ~el La– voro, che lo sciopero non si sareb~e fatto lll caso di o-uerra; e poi, per più e più mesi, parve vagheg– aia~lo e prepararlo suJl'Avanti!; penso che anche per lui sia applicabile la similitudine (tut_t'altro che irrispettosa) della donna che non vuol r1con_oscer:e il fatto .... che si sta compiendo. E non per 1pocr1- sia o civetteria (parlo di Serrati, non della donna) ma per una sincera ribellione deil'anii:no ad adat: tarsi a proclamare la nostra cap1tolaz10ne davanti all'inevitabile. Fatto si è che chi ha assistito alle sedute del Gruppo e dei Segretar! del Partito, ~1-22 maggio; chi ha ascoltato con profonda attenzione la note– volissima dichiarazione di Lazwri (la chiamo note– volissima non per dire che pendesse verso il rifor– mismo ma perchè. era rigorosamente «socialista,»), e ha l~tto l'Avanti! dei giorni subilo successivi, ha notato una dissonanza, tanto più Sl!radevole perchè, proprio in quei primi momenti del grande evento, occorreva dare, pronta, p\astic" diritta, franca, senza bronci recriminatorii e vani, l'intonazione al Partito, al proletariato! Dissonanze dunque fra riformisti e l'Avanti!? No: fra l'Avanti! e i suoi amici di frazione. Ma questa dissonanw c'è anche altrove. Chi fu a Bologna il 16 maggio, e udì le discussioni e guardò le de~i– berazioni, può rilevare la discrep~nza che v'è, rn ciascun rappresentante, tra la pratica del suo ope– rare, e il voto che diede e darà nei Congressi, quan~ do si tratta di sceglier le tattiche o di nominare la Direzione. Vjviamo da anni molti in questo equi– voco, e non ne ha colpa la Direzione rivoluzio– naria, piuttosto che la massa del Partito. Ma, tornando alla proposta Trèves, io credo, an– zitutto, che, per una naturale a.ivision di funzioni, essa Direzione non fosse indicata ad entrare in quel Comi/alo straordinario di azione; e che, dal nostro punto di vista di frazione, noi abbiamo tutto l'inte- BibliotecaGino Bianco resse di far sì che la Direzione del Pa1·tito, rivo– luzionaria, serbi la sua configurazione e i suoi po– teri, e svol~a l'opera sua durante questo periodo, nel campo ctelle sue attribuzioni. Cosi avverrà che noi potremo obiettivamente con– statare quale sarà il suo contegno, in che cosa si differenzierà da noi, quale consistenza rimarrà a certe dottrine negatrici e assolute, dopo il cimento col fatto. lo riconosco altresì che la Direzione del Partito, come l'organo nazionale del Partito. hanno funzioni politiche loro proprie, hanno una missione anche ideale da compiere, per la quale necessariamente si crea una divisione di lavoro con gli organismi lo– ca_li?politici, e sopratutto amministrativi ed econo- mJc1. . Ma vorrei - e mi contenterei - che questa di– visione non fosse antitesi: che, se l'opera è diversa -- anzi, se una è opera sopratutto· di parole e di idee (utilissima e santissima certo) e l'altra è di fatti - l'una non negasse, non .svalutasse. non scon– fessasse, non distruggesse l'altra! Ora (qui è la radice del male), su questo arduo e tremendo problema della guerra, noi non ci era– vamo preparati ad alcuna armonia di concetti e, conseguent-emenle, di azione. Dei rappol'ti ·fra pro– letariato e patria, s'era cominciato- a discutere quan– do già il nembo ruggiva all'orizzonte: cioè neJle peggiori condizioni per discuterne obiellivam,ente e senza tema di compromettere una tesi pratica ed imminente, con delle teorie. · Si p,erdurò nell'equivoco di confondere quel che è sentimento e idealismo patriottico (che ognun sente un po' a modo suo, come tutti gli altri af– fetti, come il valore in battaglia, cosa eminente– mente soggettiva e irtdip,endente da preconcetti •di scuole) con quel che è il fatto della convivenza na– zionale, la realtà positiva dei rapporti che ciascun proletariato ha con la terra dove dimora. Si fidò neJl'efficacia di una minacciosità vaga, e forse (se è vero che le re•sistenze dell'Austria ad un accordo con l'Italia si fondavano sulla presun~ zione e sulla fiducia di tumulti interni in caso di mobilitazione) si cooperò a demolire la neutralità che si voleva difendere. Sono incidenti che suc– cedono, negli ironici paradossi della storia. Sopra– tutto, non si voJle comprendere, con visione larga e veramente socialista, che l'azione contro le guerre è in molta parte nulla se non è fatta internazional~ mente; e che, svolta da ciascun proletariato socia– lista per conto. proprio, in casa sua, non solo rie– sce inefficace, ·ma, se ottenesse l'intento, ciò sarebbe a totale beneficio delle nazioni straniere cioè delle borghesie che vi comandano, mentre il proleta"riato più recisamente violento contro la propria nazione s'illudeva di agire, per sè, contro la borghesia di casa propria! Altra sarcastica facezia che i fatti preparano a chi non li guardi con occ~io che ~bbra~cia in ]_argo, e non intenda che, se S! concepisce mternaz1onal– mente il proletariato, si dovrà vedere internazional– mente la classe capitalistica, e non guardare e osteg- . giare solo quella che. si ha su! coJlo in patria .. Per ripetere una mi.a espress10ne della polemica dibattutasi lo scorso inverno sull' Avant.!, noi chie– diamo - prescindendo da qualunque sentimento particolare verso il proprio paese, e ponendoci dal punto di vista del più indifferente cosmopolitismo - che verso la propria nazione si adopri lo· stesso criterio e trattamento che verso le altre. Non di più.- E allora risulta chiaro che chi non voglia cadere in un nazionalismo verso lo slraT).iero deve riconoscere il rapporto di necessità (sto sul ter– reno del più freddo praticismo) che lega ciascun

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