Critica Sociale - Anno XXV - n. 13 - 1-15 luglio 1915

206 CRITICA SOCIALZ manicomio lo Stato Maggiore germanico, va lasciato agli spacciatori di cartolme satiriche. Le persone di buon tatto e cli buon gusto vanno più in là: impic– chiamoli tulli, questi sessanta milioni di uomini che 110n sono uomini, e facciamo l'ordine nel mondo eomc fu follo cinquant'anni fa a Varsavia. Dio ri– cunosccrù i suoi! Ebbene: c'è in tutto questo una logica eia spada, crudele ma diritta, che mi piace. * ** Ahi! Ma il Bontempelli, e i bontemponelliani, non si accontentano d'enunciare la loro sentenza. Vo– glio no anche motivarla: e nelle motivazioni tenten– nano e inciampano. Se si limitassero a dire: que– sta razza è feroce, è nociva, e perciò ne vogliamo l'eliminazione, il ragionamento, se non accettabile, ,:;;.11·ebbe rispettabile. Ma essi credono, o mostrano di credere, che il provvedimento distruttore sia giu– stilìcato eia altri motivi; che insomma quella razza, oltre al torlo della prepotenza, ne abbia degli altri, lutti gli altri, e perciò non le spetti nessuna ragion,e civile d'esistere, e perciò sia giunta (come diceva, con grazia latina, il D'Annunzio) l'ora della mieti– lnra. Ora, non tema il lettore un'ennesima (e, in quest'ora, perigliosissima) difesa della povera Kul– /11.r, giornalmente linciata per tutte le strade e dai saggi e dai cialtroni. Certo, mi sorprende un poco ritrovare nella prosa del Bontempelli la vispa favo– lclta dell'improvvisazione latina. contrapposta alla pedanteria teutonica, come la luce e l'ombra nel ballo ciel Manzotti, e che serve così bene ad ogni macaronaro cli Posillipo, nell'ora della siesta, per scnlirsi inlìnitamente più geniale del· professore di Eidclberga. Come ho detto, ogni confutazione oggi è impossibile, e mi accontenterò di trascrivere. Vo– lcLe dunque sapere perché vincono, gli oscurantisti, i p,edanti? Non perché le altre nazioni (confessione preziosa) godano di un organismo bellico meno ca– pace, ma per la sola, semplice ragione ch'esse non si sono mai proposte i « fini criminosi della Ger– mania». Infatti Russia e Inghilterra, come sanno i conoscitori della storia della Polonia e delle vi– cende del Transvaal, non hanno fatto altro che bandir opere di pace, di misericordia e d'illumi– nazione; mentre la Germania non è altro che « la nazione che ha i cannoni più grossi». Un momento. Oui lo scrittore ha un dubbio. Siccome anche i :annoni, per quanto arnesi di bruta malvagità, esi– gono più cervello che muscoli dai loro costruttori, gli sembra utile precisare che « anche riguardo.alla preparazione militare, i Tedeschi sono degli ingros– ::;atori, non dei perfezionatori». Oh, bravo! -Dunque gli uni ingrossano, e gli altri perfezionano; gli uni ~aricano con abbondanza, ma gli altri tirano diritto. Non m'indugio a discutere se ciò provi, o meno, la famosa differenza di « fini criminosi», ma solo osservo che la distinzione è terribilmente .sottile, e che quando uno scrittore arriva a equilibrarsi colle sottigliezze, a giocherellare coi « distinguo », a farsi puntello di due sinonimi per condannare a morLe sessanta milioni d'uomini, quello scrittore è decisamente da assegnare· alla letteratura amena. Già : il bufalo non è soltanto bufalo per le sue corna, pel suo militarismo aggressivo. È bruto, è bestia in tutto. Le scuole, laggiù, valgono gli ar– senali; i trattati di Ruerra son la sLessa cosa dei manuali di filosofia. E ancora, e sempre, la nazione dei cannoni più grossi. Sparano persino nelle sin– fonie cli Strauss! Che differenza c'è fra un.a caser– ma e un'Università? Là s'ingrossano i cannoni, qua BibliotecaGino Bianco i cervelli; ma il risultato è lo sLesso: zero. Un gran fracasso che finisce in fumo. « La merce intellet– tuale, come quella industriale, non è altro che rac– cogliticcia ». Heine, Bocklin, I.a Cavalcata delle Walkyrie, le Sere di Schumann? Paccotiglia. I mu– sicisti tedeschi? Professori di contrappunto, che tro– vavano delle equivalenze di battute coi segni dell'al– gebra. Non, avete mai ascoltato l~ Patetica? Sembra di assistere a un ballo tirolese, in tondo, su prati abbondanti di réclames di vaccherie. Vi siete mai illusi di rivivere in paganità, dinnanzi alle tele di von Stock? Oibò: ninfe e satiri ritagliati sui solda– tini cli Norimberga. Accademia. Paccotiglia. Vale più un lampo di genialità mediterranea che tutté le elucQbrazioni della Teutonia· rossa, tonda, pesante, butirrosa, bevitrice di birra e masticatrice di suini. Come fa, lo spirito, a scaldarsi sotto tutto quel lardo? Guardate i nostri pittori. Fanno una visita a Monaco, e tornano indietro secessionisti. Guardate i· nostri musici. Prendono a prestito quattro battute dal Wagner e creano dei capolavori. Genialità, genia– lità. Noi abbiamo la scintilla. Quegli altri, i lur– chi, non sanno che adattare, man'ipo.Jare, rimpastic– ciare, speculare sul già fotto. Non è vero che Na– tura non faccia salti. In casa nostra li fa; anzi, vola. Ma lassù cammina al passo - ein! zwei! - disci– plinata, militarizzata anche lei. Le formule, in quei paesi, sono il nutrimento, le salsiccie dello spirito. Non c'è altro, in quelle Leste quadre, salvo la va– nità. La vanità? Certo. Figumrsi ch'essi presumono, proprio in fatto d'intuizioni, d'aver avuto Le capi– tali, il / as e il ne/as di tutta la genialità umana: la polvere e la stampa, Schwarz e Gutenberg. Osano dire - i bruti! - che ci hanno insegnato a sognare con Bach, a pensare con Lutero. E osano aggiun– gere che noi, proprio noi, da. Castaldi derivato da Gutenberg fino a Marconi figliuolo di Herz, abbia– mo dato prova cli quelle famose qualità di « adatta– mento» loro imputate·; e che molta della nostra mu– sica - per esempio -- deve alla germanica il « pa– r-ecchio » giolittiano. Invece tutti sanno che Boito av,eva già scritto il Me{istofele, quando Beethoven pubblicava. le sue Sonate; tutti sanno che Wagner fu costretto a rifare l'Incantesimo del Venerdì santo,. dopo aver ascoltato il Ratclifl. Ma che Wagner, ma che Lutero! Qui, dirà il BonLempelli, le ironie non valgono; poiché « il col– mo dell'intelligenza Ledesca, pei provinciali della coltura, è rap,prese_ntato dai professori d'Univer– sità». E a questo punto,. tirata d'obbligo contro i professori, le Università, gli schedari, i sistemi, ·le barbe lunghe, gli occhiali a stanghetta. Auff! E que– sti nemici dei professori, cioè della Germania pro– fessorale, non hanno ancora capito ch'essi -rappre– sentano la fatale, direi quasi necessaria testimo– nianza de.Jla buon.a· coltura, di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Il 1900 tedesco ha l'Herr Professor, come il cinquecento italiano aveva l'umanista. Ogni energia ha le sue discipline, e ogni disciplina ha le sue deformazioni, le sue esagerazioni, le sue « ca– ricature inevitabili. È còmpito da umoristi superfi– ciali rilevare quesLe apparenze; ma non è prova di acutezza l'ignorare che, come il tedesco è buon sol– dato, malgrado la pedanteria del marciare a çom– pass-o, è anche buon professore, malgrado la pe– danteria degli occhiali e dei f?istemi. Ma, se il sol– dato distrugge, il professore costruisce; e l'odio che può ess.ere votato a quello, per ragioni di legittima difesa, non dev'essere esteso all'altro, per ragioni di sciocchissima offesa. Per fortuna, la patria di Krupp è ancora quella di Koch e di Ehrlich, e fra due cifre - il 420 e il 606 - possono stare tutto

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