Critica Sociale - Anno XXV - n. 11 - 1-15 giugno 1915

CRITICA SOCIALE 169 bero sapere che ai momenti fortuna ti altri ne suc– cedono nei quali si sicontaoo le coru,eguen.ze, dirette . o indirette, delle imprudenze commesse. In Francia si è tentata un'intesa tra lo Sta.to, i Dipartimenti e i Comuni allo scopo di non sovraccaricare il mercato in tempi prosperi e di procurar lavo110nei momenti di generale cliisoccupazi,one; e pare che il tèntativo abbia portato buoni frutti (l); non è dunque da esclu– dere che anche da noi n~n possa essere fatta uguale prova. Un altro provvedimento, a cui s'è più volte pen– sato· in Italia, per rimediare con la politica de.i la– vori pubblici alla disoccupazione della classe ope– raia, è quello di favo,rire l'emigrazi<:me interna da\le provincie ove abbonda la ·mano d'opera alle pro– vincie dove scarseggia. E poichè le prime sono di regola, le settentrionali e le .centrali (soprattutto la 'R,emagnia) e le seconde sono di regola le meridio– nali, parrebbe questo il modo ,ideale per rimediare ad un inconveniente del Mezzogiorno (povertà -di opere ·pubbliche e d,ifficoltà di eseguirl,e). con l'eli-, 111inareun inconveniente delle altre pa:r:tidel Regnp.: fo questo senso furono fatte proposte, al Congcres,so· intern.aziona>le ·sulla disoccupazione tenuto .a Milano nel 1906, d:al Montemartini e da altri, e anche qual– cosa di concreto si è tentato mediante l'opera delle ··Cooperative romagnole; ma è certo che, se nel Mez– zogiorno vi fossero condizioni tali da rendere pos– _sibile su vasta scala una buona retribuzione della·· mano d'opera quale pretendono i romagnoli, vi· ri– marrebbero gli st<essi lavoratori meridi,onali senza lasciare il posto agli altri. Oltre che nel caso eccezionale della disoccupa– zione, lo Stato può g,i-ova•re agli interessi della classe operaia tutelandola nei riguardi degli appaltatori di opere pubbliche. A questo scopo il vigente.« Capi– tolato g.enerale sugli appalti dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici » fa obbligo agli imp·resa,ri di _P.agaregli operai almeno ogni quindici giorni, vieta 11 lavoro notturno senza un permesso speciale del– l'ingegenere direttore, fissa la durata del lavoro nella misura massima di 10 ore su 24; stabilisce sanzi,oni speciali nel caso l'imprenditore non abbia provve– duto all'assicurazione degli operai contro gli infor– tuni. Nelle riforme poi al Cap,itolato suddetto, stu– diate dal Ministero sino dal 1910, si è proposto di far obbligo agli impresari di paga,re gli operai solo in dena'ro contante, e di vietar loro il truk-system, cioè di somministrare merci agli operai, sì direttà– mènte che per interposta persona, senlla richiesta degli operai •e senza autorizzazione scritta della di– rigenza, come pure di pagare le mercedi nei Locali di pubblici esercizi. Altre .clausole a tutela dei Lavo– ratori voleva introdurre nei capitolati per appalti d'opere il ministro Gianturco; meritevole di atten– zione fra tutte quella sul salario minimo. L'on. Gian– turco,. inispirand.osi .all'esempio• dell'estero (2), rite– neva il principio del salario minimo fuori d'ogni di– scussi,one ove l·o Stato si asteng-a d,all'·imporre un tasso legale di salari, e solo si limiti ad assicura-re che negli appalti pubblici venga corrisposto il sa– lario corrente sul mercato. Quanto all'applicazione del principio, tra il sistema preventivo (belga-fran– cese), che accerta il salari-0 minimo corrente prima della concessione del-l'appalto e lo deduce in con– tratto in cifre precise o con riferimento a precisi ·elenchi generali, e il sistema repressivo (ingles.e), che rimanda l'accertamento al caso· di contestazione (1) LAVEROUE et HElCRY, opera citata, vag. 107. (2) Vedul In proposito Avv. MEUC0I0 RUINI: Le clausole tutrici ael lavoro nei pubbUci appalti presso gli Stati esteri. Roma, 1906. Bibt.ioteca Gino Bianco I • in corso di lavori tra impresa e operai, l'on. Gia~– turco pref.e·riva quest'ultimo, parendogli che offrisse modo di segui-re oon maggiore èlasticità gli atteg– giamenti mutevoli· del mercato del'lavoro. ·Quanto al metodo di accertamento del .salario corrente, l'ono– revole Gianturoo intendeva lasciarne il còmpito al– l'Ingegnere. capo 'del· Genio- Civile o ad un suo spe– ciale delegato, ritenendo impossibile affidarlo con vero valo~e di decisione giudiz.iaria alla· magistra– tura cLeiprobiviri o agli Isr.ettori del lavoro o ad altri con ca:r.attere arbitrale. fra le sanzioni poi con– tro l'impresa, in caso ·di inosservanza del liniite:·im– postole,- doveva esservi l'esclusione per tre anni dalle aste pubbliche e, in caso di recidiva, l 'esclusi one definitiva. Simili proposte, che già erano sta.te con– cretate in articoli,. sono .rimaste da allora le ttera morta, e. ness,uno ·pare si senta oggi il' coraggi-o di rito,rnarle in vita. _ Lo Stato ..no.n si limita 'in Italia a proteggere i la– vo,ratori di fronte agli appaltatori, mà oerca anche · di surrogaré. questi, còrfquelli n\.ediante imprese ooo– perative .. È noto come l'applicazione drelle.Coope~ rative di lavoro nel campo degli appalti d'oper.e co– stituisca un fenomeno caratteristi-e-o del movimento operai,o itatiano. La prima. legge che facilitò aLle C1Jopera.tive di produzione e lavorò l'assunz.i-orte di pubblici appalti fu.~uella dell'll luglio 1889, n. 6216, proposta dall'on. Giolitti a modificazione delle nor– me sulla contabilità generale dello. Stato. Con essa si di.spose che potessero stipularsi a licitazione o a trattativa privata contratti per appalti d'opere con .associazioni cooperative di pro.duzione e lavoro le– galmente costituite fra operai, sottraendole all'urto della libera concorrenza e di più agevolandole nei pagamenti e nella costituzione della cauzione. A tali agevoilazioni la legge del 1889 pose due limiti: uno relativo all'importo, l'altro alla natura degli appalti, non. consentendo, che venissero affidati ali~ Coopera– tive se non gli appalti non eccedenti le 100.000 lire e nei quali predominasse il valore deH.a mano d'o– pera, pel timo,re che solo, dove il lavoro ha predomi– nanza assoluta sul capitale sia esso in grado di ri– nunciare all',opera dell'intermediario. Ma con legge del 12 maggio 1904 il limite relativo all'importo degli appalti fu elevato a 200.000 lire e l'altro fu tolto; con legge 19 aprile 1906 le facilitazioni circa la cau– z.ione fu estesa anche alle Cooperative che concor– rano a.Ile pubbliche gare insieme agli appaltatori; i-nfine con legge 25 giugno 1909 fu consentito alle Co.operative di assume-re, anche a trattativa privata, qualunque appalto sino all'ammontare di due mi- . lioni, purchè si;mo riunite in r.egolare Cons<!rzÌio sot– to La sorveglianza -governativa. Queste non piccole misure di privilegi-o o di « protezionismo implicito », come si legge neHa circola,re 10 luglio 1911 a firma Nitti-Sacch1, hanno favorito il sorgere di numerose associazioni c.o,ope-rative .di produzione e lavoro in va.rie parti del Regno, e .soprattutto nell,a bassa pia– nura padana, terra classica del bracciantato. Da una statistica pubblicata nel 1911 dal Ministero del Te– soro (Ragioneria generale d'elio Stato) si rileva che .al 31 dicembre 1909 erano inscritte nei registri pre– fettizi 547 Società co,operative, per la maggior parte di produzione e lavo-ro, e quasi tutte aventi sede nelle provincie d:ell'al-tae media Italia. Dal 1889 al 1909 figurano poi concessi alle Goopera-tive dalle ammi– mstraz.ioni dello Stato 3434 appalti, pe·r un importo totale di L. 70.741.346,92, con un aumento di lire 14.273.927,15 sull'importo degli ·appalti concessi a tutto il 1907. Le provincie nelle quali dal 1889 al 1909 venrue stipulato un maggior numero di contratti d'appa,lto tra le amministrazioni dello Stato e le Coo– perative furono le seguenti :

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