Critica Sociale - Anno XXV - n. 7 - 1-15 aprile 1915

CRITICÀ SOCIALE 111 Il processo economico non si compie, per cç>sì dire, nel vuoto; esso è in istretto rapporto di interdipen– denza col dispiegamento di tutta la vita politica e so– ciale. Ma questa - così nel vecchio come nel nuovo mondo - è troppo progredita per permettere che i po– poli moderni pieghino sotto il giogo di un feudalismo industriale, il quale sarebbe vivacemente combattuto tanto dall'alto quanto dal basso. Negli Stati Uniti d'America .l'opposizione ai t,·usts è venuta, oltre che dalle classi lavoratrici, da numerosi strati borghesi, agrari e industriali. Fallito il tentativo di regolare per legge i monopolii, ivi si comincia già a ventilare l'idea di soppiantare i trusts mediante la gestione pubblica, diretta o autonoma. Nell'Inghilterra si è avuta la vio– lenta campagna di Lloyd George contro i grandi pro– prietari terrieri, e piani grandiosi di statizzazione del suolo e delle miniere attendono di essere effettuati nei prossimi anni. In Germania, nella stessa Dieta prus– siana, venne proposta da conservatori la nazionalizza– zione delle miniere di carbone. Insomma, diverse cor– renti (socialil:!tica, piccolo-borghese, democratica, cri– stiano-sociale, conservatrice) si appuntano contro la instaurazione di un nuovo feudalismo poggiante sul mo– nopolio privato. Questo tende ad essere sostituito dal– l'impresa collettiva, e con ciò il capitalismo riceve un colpo mortale pe~chè viene a inaridirsi la fonte del profitto Il nostro sistema economico - opina il Jaffé :- è giunto ad una fase critica, nella quale esso rion è più determinato e in.flu_enzato da forze puramente econo– miche, ma (ed in misura ognora crescente) da forze politiche e sociali). Appunto in questo momento è scop– piata la guerra mondiale, che. ha coattivamente sotto– posta tutta quanta la vita economica a scopi politici. Mentre tutte le altre guerre, dal 1815 in poi, non ave– vano influenzato che indirettamente la vita economica dei belligeranti e dei neutrali, nella presente le lotte finanziarie ed economiche hanno quasi la stessa impor– tanza del fattore militare. Sotto l'imperio delle circo– stanze, si è dovuto ricorrere a misure largamente in– tervenzionistiche nei rapporti privati, misure che sono forse i primi abbozzi dell'economia di domani. Noi non possiamo scorgere, se non a linee amplissime, come sarà tale economia; ma una cosa è certa: dopo questa guerra anche il nostro sistema economico dovrà subire nn sensibile mutamento, e non potrà progredire che sulla linea della socializzazione. L'attuazione del nuovo ordinamento, nel quale ogni cittadino si sentir.à più di oggi organicamente con– giunto a tutti gli altri, richiederà - conchiude il pro– fessore Jaffé - siano risolti còmpiti grandiosi e assai difficili. Lo spirito di risparmio, la mobilità, la capa– cità di adattamento, delle aziende private dovranno pas_sare in quelle pubbliche e semipubbliche. Le ener– gie di cui dispongono gli imprenditori privati dovranno . essere conservate e poste a servizio della collettività, come in questi giorni di guerra vediamo accadere. So– pratutto, bisognerà evit'are il pericolo della burocratiz– zazione, che potrebbero rendere nulli od irrisori i van– taggi della auspicata trasformazione. Hlc Rhodus, hic salta! -li'* Proprio vero che non si va in paradiso in carrozza! La grande guerra minaccia di nutrire nel suo capace seno tale una nidiata di problemi spinosi, da far per– dere la testa anche al riformatore sociale più agguer– ri-to e volonteroso. Quind'innanzi i signori politiciens non potranno dor– mire davvero su un letto di rose! Essi dovranno far . fronte alle spese militari e non trascurare i servizi ci– vili; turare le falle del bilancio senza spennacchiare troppo dolorosamente i buoni contribuenti; riesaminare la questione del protezionismo in relazione all'agricol– tura e a certe industrie necessarie alla difesa nazionale; dovranno anche pensare - chi lo crederebbe! - all'in– cremento della popolazione e a mitigare i danni - dal punto di vista militare - della propaganda neo-malthu– siana, che dirada le file dei combattenti, mentre s'è provato che il numerò -dei soldati ha importanza deci– siva nell'esito delle contemporanee lotte di popoli. Le " provvidenze,, di quest'ultima specie non concernono, almeno per ora, l'Italia, paese a forte natalità; ma il . problema è discusso in alcune nazioni occidentali, prime fra tutte la Francia e l'Inghilterra. Di esso tratta ap- BibliptecaGino Bianco punto il .New Statesman, l'organo di Sidney 'iV'ebb e dei socialisti fabiani inglesi. • Dopo la guerra (si legge nél numero del 20 marzo 1915 di cotesta Rivista) parecchi paesi avranno sofferto per-. dite ingenti di uomini, e le statisticl:ie sui saggi di natalità saranno compulsate con un interesse finora sco– nosciuto. La diminuzione della popolazione è ornai di– venuta una tragedia nazionale per la Francia; la nata– lità diminuisce anche in Inghilterra, specialmente in paragone della Germania, la quale, tuttavia, ha un alto saggio di mortalità infantile. Fra pochi anni probabil– mente tutte le grandi Potenze saranno allo stesso li– vello, e, ·di esse, solo la Russia sarà in grado di au– mentare adeguatamente la sua popolazione. Per l'Inghilterra, la questione venne già affrontata nell'ottobre 1906 dal Webb in una serie di articoli stampati sul Times. Tali articoli si basavano su di una inchiesta originale compiuta da una Commissione della Società Fabiana e riguardante alcune centinaia di fa. miglie. L'inchiesta diede per risultato che la limita– zione volontaria della prole era largamente praticata nei medi ceti, e speqialmente nelle famiglie previdenti e parsimoniose. L'esperimento fu ripetuto lo scorso anno 9otto gli auspici del prof. Pearson e del Laboratorio Galton. Con dati più numerosi, si approdò alle stesse conclu– sioni di prim"'a: le abitudini malthusiane e le manovre abortive essere principalmente in uso tra quegli strati delle popolazioni lavoratrici che hanno un tenore di vita relativamente alto. Circa le cause di que'sto fenomeno, non occorre certo lambiccarsi troppo .il cervello per trovare nna rispoi,ta. Tutti sappiamo che la natalità dimin-uisce perchè le famiglie numerose rappresentano un pesante fardello economico per i genit_ori. La questione si riduce, per– tanto, ad alleviare cotesto fardello e a dare un valore economico ai fanciulli. Il problema (afferma lo scrit– tore, che probabilmente è lo stesso Webb) deve essere aggredito ·senza dilaziol'le, poichè è impossibile igno– rare il grave e pauroso ammonimento contenuto nel rapporto del Laboratorio galtoniano : " se il movimento continuerà inostacolato per altri 40 anni, esso signifi– cherà il disastro nazionale completo e irrimediabile per l'Impero inglese ,,. Bisogna,rendere i ragazzi un'attività economica, e non una passività, come sono ora. Tale è il programma demografico del New Statesman; è un programma che può essere anche bello, purchè si sappia contemperare l'attività economica dei fanciulli colla loro salute e coi loro bisogni di istruzione ed educazione; ma noi, ri– cordando tutte le esperienze storiche· di altre nazioni, rimaniamo un po' scettici sui suoi risultati pratici, perchè non crediamo che, con misure legislative qual– siansi, si possa in.durre la gente a far figliuoli o di– stoglierla dal rendere ottusi " gli strali d'amore ,,. Dopo la conflagrazione si avrà quasi certamente un incremento di natalit_à, come lo si ebbe dopo le guerre napoleoniche; ma c~ò, più che opera di legislazione, sarà opera dell'oscuro istinto di specie o di una invi– sibile mano provvidenziale (lasciamo l'alternativa per– chè non abbiamo risolto il massimo problema della filosofia), che sembra segnare il ritmo ciclico alle col– lettività umane. * ** Una sintomatica estrinsecazione della mentalità so– cialdemocratica è quella di W. HEINE (deputato al Reichstag e pubblicista tra i più quotati) sulla Rivista pangermanistica Sil,ààeutsche Monatshefte. L'ottimo Heine, in cortese polemica con un conservatore prus– siano, si meraviglia della meraviglia delle classi bor– ghesi tedesche relativamente al contegno assunto dalla Socialdemocrazia dall'agosto 1914 in avanti. - " A che tanto stupore ? - Non siamo forse tutti della stessa pasta, gnocchi eiusdem farinae ? La socialdemocrazia non è (testuale!) in tutta la sua essenza puramente tedesca, non ha essa forse le sue radici nella J(ultu1· tedesca? L'idea internazionale dei socialisti stranie1•i era una fantasia, un sogno, al quale realmente la So– cialdemocrazia non ha mai creduto. L'Internaziona– lismo vero consiste in rapporti culturali tra i vari po– poli e i vari Stati (cosa che nessun "borghese,, ha mai revocato in dubbio); e tali relazioni sono impre– scindibili, dato il grado di civiltà ormai raggiunto.

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