Critica Sociale - Anno XXV - n. 7 - 1-15 aprile 1915

110 CRITICA SOCIALE vrillon mosti;a come si sia venuta formando nel secolo scorso una simile filosofia, da Hegel, ·Fichte, Schopen– hauer, a 'freitschke e von Bernhardi; ,ricorda come la guerra sia in Prussia da secoli considerata quale una industria (il nome stesso di guerra - Krieg - basta a evocare in una testa tedesca l'idea di profitto e di acquisizione; Krieg deriva, infatti, da Kriegen, che si– gnifica ottenere, acquistare, ecc.); chiarisce come la formazione della filosofia della forza - di cui il Nietzsche fu soltanto un epigone - sia stata coeva alla creazione della Germania moderna, e corrisponda perfettamente agli istinti e ai bisogni delle classi dominanti, che sono quelle che improntano la psicologia delle classi popo - lari, ubbidienti, docili, pecorili, ammiratrici della forza brutale, dello Stato, dell'autorità in genere. Di fronte a cotale ideologia aggressiva, predatrice, originante dagli stessi istinti di razza e di nazionalità, ogni altra ideologia pacifista, umanitaria, internazionalistica, do– veva fallire, e la prova manifesta di cio si ebbe nello atteggiamento di coloro i quali di quest'ultima filosofia s'erano, a parole, fatti banditori. Gli è che in nessun altro paese come in Germania appare vera la teoria delle étites; da un lato, ci sono alcune forti personalità plasmatrici, dall'altro, c'è la creta passiva, imbelle, supina. Su questa argilla molle lavorò l'aristocr,azia del pensiero e del~a spada; e insegnò çhe la guerra è · la politica per eccellenza dello Stato, il giudizio di Dio, l'esame dei popoli; che solo la guerra può eliminare la sproporzione tra le energie vere di una nazione e la situazione che essa occupa nel mondo. Insegnò questo ed altro, e tutto il popolo, nel momento supremo, fu praticamente compreso .della verità del– l'insegnamento. La fusione tra dominati e dominatori fu completa, e cotesto fenomeno sociologico di primis– sima importanza deve far ben riflettere coloro i quali credono che alcuni principi astratti di partito possano avere un'influenza qualsiasi sull'evoluzione di un popolo. Nell'articolo del Chevrillon, che è in continuazione, sono riportati alcuni passi di autori pangenµanistici, i quali dimostrano luminosamente la volontà della Ger– mania (o delle sue alte sfere, il che fa lo stesso) di attaccare i suoi nemici a destra e a manca. Special– mente l'Unsere Zukunft del von Bernhardi (scritto nel 1912) sarebbe bene leggessero coloro che serbano le loro simpatie per la causa tedesca. Sono del von Bernhardi queste parole profetiche: " a malgrado delle utopie degli apostoli della pace e di tutti i bei discorsi degli uomini di Stato; a malgrado delle catene di carta, colle quali la politica europea cerca ostacolare ,e for– midabili forze latenti del nostro popolo, si ode avvici– narsi il passo di Dio, che infrangerà tali. catene come tele di ragno! ,, Nella Riforma Sociale del febbraio-marzo 1915, W. EGGENSCHWYLER parla di alcune probabili conseguenze della guerra, e, dato l'inevitabile aumento dei gravami tributari, prevede una crescente dipendenza degli Stati dai loro propri creditori (resa particolarmente preoc– cupante dal pericolo di una ulteriore' concentrazione finanziaria) e una fuga su larga scala dei contribuenti schiacciati. Mentre ora il fisco assorbe in media dal 15 al 18 °/ o del reddito nazionale, alla fine della conflagra– zione si dovrà arrivare al 35 o al 40 ¾, almeno pei cittadini agiati. Costoro cercheranno in tutti ,i modi di sfuggire alle unghie dell'esattore, e si avrà una nuova èra nella storia politica del mondo, caratterizzata dalla migrazione dei forti contribuenti dai paesi ad alte im– poste verso quelli a imposte più basse. L'europeo ricco, attivo e intraprendente si abituerà a " razionalizzare ,. la propria nazionalità, a scegliere la propria patria, come sceglie oggi la professione, la casa, la moglie. Sarà la vittoria del cosmopolitismo pratico. Una tale evoluzione porterà alla libera concorrenza fra gli Stati, i quali dovranno trasformare i loro metodi di Governo e d'amministrazione, secondo il modello delle imprese industriali private. Allo Stato proprie– tm·io dei sudditi. subentrerà lo Stato st?'Umento della nazione. Un numero crescente di cittadini si abituerà a vedere nel proprio Governo non più un'entità sovra– naturale, ma una azienda industriale come un'altra, un semplice· fornitore di ginstizia, di sicurezza, di istru– zione, ecc., da giudicarsi unicamente secondo la bontà e il prezzo· dei servizi resi. Di qui, necessariamente, una limitazione della burocrazia improduttiva, e un più BibliotecaGino Bianco sobrio apprezzamento dei possibili vantaggi di nuove ingerenze statali, di nuove spese pubbliche. Naturalmente, sarebbe assurdo pensare çhe tutti i maggiori contribuenti debbano trasportare i loro penati dall'Europa negli altri Continenti; ma coloro che re– steranno svolg·eranno una maggiore 1;tttività politica, e minacceranno di trasformare le attuali democrazie in altrettante plutocrazie di stampo americano. Potrà ovunque crearsi una specie di trust delle influenze politiche, in intima dipendenza dai trusis già esistenti. Come sottrarre lo Stato moderno al · pericolo di una evasione dei migliori contribuenti e di una futura ti– rannide plutocratica? Per ottenere ciò - secondo l'Eg– genschwyler - occorrerà tutto un sistema di misure politiche, costituzionali, amministrative, che possono rinchiudersi in due parole: decentramento ed economia-. Diminuire l'imposizione, ridurre lo sfruttamento sta– tale, ecco l'àncora di salvezza! Ogni obbligo sia ristretto a coloro che l'hanno voluto o che si possono presu– mere averlo voluto; ogni spesa sia sopportata da co– loro ·che l'hanno votata e a cui profitta; ogni decisione sia presa in un cerchio possibilmente ristretto di• per– sp11e, con bisogni ed interessi possibilmente omogenei, per rendere più diretta la responsabilità di ognuno per le sue decisioni. Soltanto le funzioni statali inte– ressanti ugualmente tutti i cittadini, o che non siano possibili senza la collaborazione di tutti (giusti-zia, pub– blica sicurezza, difesa nazionale), siano dirette da un Parlamento centrale rappresentante la nazione intera. Tutte le funzioni giovanti principalmente od esclusi– vamente ad una parte dei cittadini, ad una classe pro– fessionale, o richiedenti ·speciali attitudini tecnic_he (ferrovie, poste, educazione, politica doganale, ecc.) si.mo conferite ad assemblee speciali, rappresentanti queste classi e disponenti di risorse proprie. Si dia ad ogni cittadino la facoltà di specializzare il proprio con– trollo nel ramo di amministrazione che maggiormente l'interessa e di pagare le sue imposte là dove esercita il suo voto. Si discentri quanto si può l'attuale lavoro parlamentare mediante rappresentanze speciali. delle classi particolarmente responsabili e competenti. . Si cerchi, in una parola, di parare all'attuale -ipertrofia del lavoro parlamentare con una 1iuova separazione dei poteri, con una specializzazione del lavoro parlamen– tare, che sola potrà salvare i moderni Parlamenti dal divenire assemblee puramente decorative, parassitarie. Più è grande il numero dei deliberanti e degli argo– menti da defiberare, più illusoria è l'influenza di ognuno sul voto totale, più illusoria la responsabilità di ognuno pei suoi atti. D'ora innanzi non vi può essere progresso politico per altra via che non sia quella della limita– zione e della separazion~ de! poteri. Le grandi assem– blee eterogenee, occupantisi nello stesso tempo di mille cose diverse, che nessuno ha il tempo di approfondire, sono la morte di ogni libertà, di ogni self-gove1·ne– ment; da esse non può promanare che un•o~·ribile con– fusione delle competenze e un infesto culto della irre– sponsabilità. ' Sempre in tema di previsioni, EDGARDO JAFFÉ tratta nel fascicolo del dicembre scorso dell' Archiv fih• 8ozialwissenschaft unà Sozialpolittk del fattore pro– pulsivo dell'ordinamento economico capitalistico. Mi– nutamente l'autore descrive la tendenza evolutiva del capitalismo, che dal sistema della libera concorrenza passa a quello del monopolio, nel quale si vede l'em– brione di una nuova economia a base collettivistica. A parere del Jaffé, la guerra affretta notevolmente co– testo sviluppo e porta l'odierna vita sociale a un punto di risvolto. Economicamente considerato - scrive il .Jaffé - il sistema capitalistico è possibile tanto colla libera. con– correnza quanto col monopolio. Anzi, si può ammettere· che quest'ultimo è la forma ad esso più adatta, in quanto permette di eternare l'odierna ripartizione del reddito. Un feudalismo industriale è, quindi, dal puro angolo visuale economico, non solo possibile, ma pro– babile, quale risultato di una evoluzione economica la– sciata a se stessa. Senonchè, noi possiamo considerare cotesto pericolo come già superato. Il monopolio si manifesta come uno stadio transitorio a forme com– pletamenfe nuove di organizzazione economica; e la molla propulsiva di tale transizione si impernia su mo– tivi politici, più che economici.

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