Critica Sociale - Anno XXV - n.4 - 16-28 febbraio 1915

62 CRITICA SOCIALE bero rioa'Vm-e. Ma ba.sta osservare che non. è neces– sario i'ntrodurr-e elementi 1u10\"inell,a macchin,a, dello SI.aLo: si trrut.terebbe soltaqto, da parte di qu,e,st-0, di ut,LLizzalJ'e meglio gli organismi dei quali d-ispone. Co– m.e già è stato dello, la Croce Rossa potrebbe ap– pr,ontame la mobi,litazi-one nec,essari,a, pe,r r,end-e,r,ep•r-on– ti ed effìcaoi i soccorsi in caso di bisogno, ed il Genio l\1il1iLar,epot1,ebbe esplicare l'opera cli osseTvazi•one, di ooo-rdi•na,zione, cli pr,evenzione per l•e costruzioni si.smi,ohe. Noa1 rimaT11eboe che a provv-edere al'~'org,u– nismo ,oent.ral-e. *** Da tutto ciò r.is, ulta abbastanza chiaramente che la, responsabilità del Governo in tutti gli inconveni,enti che si hanno a 1·amrentare quan-Le volte la i-nstabili-tà d-el s·uo-lo produce cl.anni e mi-elie vittime umane a migli,a~a, non si limita semplicemente al momento in cui ,il disastro si pr,oduce. Essa va mo~to più lon,tano e, se pm,e la oolpa. può venirne attenuata per quianto rigwarda I'occasi·on,e, non v1::1l,e scusa alcuna per la, manoan,za cli un'azione .di previd,enza basa.La -su q,ua,nto sioain,o venuti cl.ioenclo. RAFFAELE PIRRO. lf'RA LIBRI E RIVISTE I!'atti e commenti intm•no alla g11,e1•1•a, Inviandoci il "pezzo ,, che segue, l'amico Etto·re 1ltfa1•chioli ci avve1·te che esso deve conside1·a1·si come affatto pe1·sonale e non pretende ce·1·to ·ai impegna1·e altri che il suo auto1·e, "socialista eterodosso, lranco– ti?'ato1·e,inte·rvenzionista, germanofobo e.... antisocialr democratico ,,. Lo si senti?'à anche troppo, leggendolo. Tale dichia1•azione, ad ogni modo, c·i dispensa dalle riserve cli rito. . La C. S. In Russia, di fronte ai socialisti ortodossi, adoratori di quel papiro da museo archeologico che è il pro– gramma massimo (perciò si chiamano massimalisti), si è costituito in questi ultimi anni un gruppo di socia– listi cosi detti " liquidatori ,, , perchè vogliono liquidare tutta la pesante e ingombrante eredità del passato. Io penso che, dopo la grande esperienza storica della conflagrazione europea, le dottrine e la tattica del mo– vimento socialista dovranno subire in tutti i Paesi una radicale revisione, e ovunque sorgeranno i " liquida– tori ,, contro i tradizionalisti. Il riformismo fu certa– mente un atto di liberazione; ma su di esso grava an– cora troppo la tradizione. In Italia, i riformisti di si– nistra sono legati ai rivoluzionari, cioè ai vessilliferi del più stantio tradizionalismo (parlo di quelli in buona fede, non dei demagoghi e dei politicanti arrivisti); quanto ai riformisti cli destra, essi tendono a staccarsi sempre più dalle classi lavoratrici e a diventare un Partito strettamente parlamentare. Noi aspiriamo, invece, a un socialismo popolare, au– dacemente innovatore, agile, aderente alla vita, fluido come la realtà, elastico (Turati è pregato a non fare dell'ironia su questi aggettivi!); in altri termini, mi– riai;no a un socialismo senza dogmi e senza fo1·mole fisse, in conformità alla concezione dinamica che ci siamo fatti della vita. La vita è un'energia che supera continuamente se stessa e non può essere costretta entr'o le maglie di alcun sistema; meno che mai entro sistemi fondamentalmente statici, quali il collettivismo, il comunismo, il cooperativismo integrale e simili. Il paradiso terrestre è anche più problematico di quello celeste. La lotta, la concorrenza, la competizione si possono portare a un livello più alto, ma non soppri– mere. Esse sono, d'altronde, condizioni necessarie perchè vengano alla luce le forze latenti che dormono in noi. Pe1· aspe1·a acl ast1·a è la nostra divisa. La legge della vita non è quella dell'adattamento passivo, ma del superamento attivo; dalle ce~lule agli orga– nismi, dagli individui alle nazioni, tutte le entità vi- BibliotecaGino Bianco / venti sono soggette a questa legge. Il mond_o orge.: nico si mantiene e si sviluppa attraver&o un gmoco d1 equilibrio instabile, per cui l'ambiente e l'energia in: terna di ogni organismo, di ogni monade cercano d1 superarsi a vicenda. La vita è più grande dell'am– biente, _quantunque .da esso ~ipen~8:i le circost_anze esterion non sono le cause direttrici dell'evoluz10ne. L'evoluzione, osserva magnificamente il Bergson, non è spiegabile senza un impulso originale o uno slancio vitate .... In base a simili idee, si capisce come non possiamo accettare il determinismo meccanicistico insito nel ma– terialismo economico. Anche nella sua più matura e completa formulazione, quale si può ricavare dall'esame degli ultimi scritti dell'Engels, codesta teoria resta pur sempre deterministica ed ambientistica: l'interdi– pendenza dei fenomeni, il rovesciamento della p·rassi, ecc , non bastano a sanarla della sua incapacità fondamen– tale a darci una spiegazione approssimativamente esatta della realtà storica, che è la realtà concreta per eccel– lenza. Troppo spesso si confonde e si identifica la astrazione (e il determinismo materialistico non è, in fondo, che un'astrazione) colla concretezza. Di conse– guenza, non possiamo ammettere che il materialismo storico sia una dottrina adeguata a renderci ragione dell'immane urto di popoli cui assistiamo. *"* A questa opinione ader_isce anche FIJ.JPPO CARLJ, il quale, studiando nella Rivista di Sociologia l'evolu– zione economica della Germania contemporanéa, può affermare cbe questa evoluzione " è la più solenne smentita della teoria della popolazione di Malthus, e la diametrale negazione della dottrina del materialismo storico di Marx ,,. Per il Carli il primo motore della presente guerra resta il fattore demografico.· Al di là dei fenomeni politici, economici, spirituali, ci sono i movimenti della popolazione - -determinati da condi– zioni organiche irreducibili, e cotesti moyi1:11enti costi: tuiscono il substrato fondamentale su cm s1 eleva ogm ulteriore fenomenologia sociale. E' di qui che deve pren– dere le mosse chiunque voglia indagare le cause più profonde ed immanenti della conflagrazione. L'equili– brio europeo si è spezzato ,per la eccessiva vivacità con cui la Germania ha reagito all'aumento della popo– lazione. Nella volontà di consolidare i risultati della politica nazionale, nell'ansia di stringere al suo suolo tutta la sua popolazione esuberante, la Germania andò oltre il segno, e si foggiò un'organizzazione militare che fosse atta ad appagare le sue rapaci brame di so– praffazione e dominio. Nell'impeto delle sue energie superatrici, stretto in un nazionalismo violento e mi– stico,. l'Impero tedesco non vide più che se stesso, perdendo di vista i! mondo. Tanto peggio per il mondo, se questo si fosse mostrato poco disposto ad assecon– dare le direttive teutoniche. Affi.nchè - secondo il Carli - si possa attuare armonicamente il. -ritmo di azioni e reazioni tra la popolazione e la produzione svolgentesi in ciascuna nazione, sarà necessario elimi– nare l'influenza qegli elementi perturbatori (protezio– nismo e militarismo eccessivo) e far trionfare il prin– cipio dell'assoluto rispetto del di?'itto delle genti. Il che, in sostanza, significa far trionfare le supreme ra– gioni dello spirito. Soltanto cosi sarà possibile che la conquista della ricchezza avvenga in guisa da conci– liare il principio etico-nazionale col principio etico– umano. *"* Parlando a Parigi su la gue1·1•ae la vita di domani, EM1LI0 BouTRoux, il noto filosofo idealista francese, dopo aver lumeggiato tutti i lati esecrabili della guerra, ha soggiunto che essa ha anche dei lati utili. Anzitutto, dal punto di vista fisico, essa fa acquist.are le seguenti abitudini: sobrietà, pertinacia, agilità, ca– pacità di sforzi straordinari, resistenza ostinata alla fatica e alle sofferenze di ogni sorta. Dal punto di vista morale, essa ci insegna a praticare il dovere della tolleranza in materia di opinioni, ci educa ad essere pazienti, libera le nostre anime dalle passioni egoistiche e ci apprende delle virtù positive, come il coraggio, la decisione, l'intrepidezza, lo spirito di sacrificio. Intellettualmente, poi, la guerra è una terribile ed efficacissima lezione di realismo. Il pericolo che, nelle scuole, minaccia l'intelligenza, è che essa prenda se • I

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