Critica Sociale - Anno XXV - n.4 - 16-28 febbraio 1915

CRiTICAsùciALt ILVERO EGRANDE PROBLEMA ..PRESENTE L'azione del Partito socialista ufficiale, di fronte al conflitto europeo, è stata finora di un nullismo asso– luto. E ciò per colpa non di uomini, ma di una defi– cienza org·anica nella comune concezione dottrinale del socialismo e dell'azione socialista cli fronte ai problemi internazionali, che lascia· ogni socialista anche colto, che a tali problemi non si sia mai applicato, completa– mente disorientato e fatalmente indeciso (quando sia uomo ragionatore che voglia rendersi conto della sua azione) allorchè essi si presentano nei fatti in modo· improrogabile. L'Italia (Governo e Popolo) si trova innanzi al caso più grave che le si sia presentato da quando essa po– liticamente esiste; innanzi a pericoli di una gravità estrnma: non soltanto a quello che diventi per sempre impossibile la realizzazione delle sue legittime aspira– zioni e di altri vantaggi ora effettuabili, ma a quelli di una diminuzione e compressione effettiva della sua po– tenzialità politica ed economica, di un vassallaggio più grave e minaccioso di quello di cui fino ad ora ha sofferto, e di una necessità ancor maggiore che nel passato di grandi difese militari, di fronte a minaccia d'attacco che sarebbero assai più gravi e concrete. Posta l'Italia davanti al gravissimo problema della condotta da seguire per uscire nel miglior modo dalla crisi, che ha fatto o detto il Partito socialista italiano per risolverlo? Nulla. Eppure, essendo esso non sol– tanto un Partito di educazione e di preparazione rivo– luzionaria, ma anche un Partito politico parlamentare, doveva porsi e risolvere quel problema, dandone, sia pure accanto alla sua soluzione più rigorosamente ideale, teorica, conforme alle finalità e ai criteri socia– listi, anche quell'altra che della prima contenesse, nella maggior misura possibile, la parte oggi praticabile; mirando così ad attuare, anche in questo caso, quel compromesso fra le pure, astratte, rigorose esigenze ideali e dottrinali, e le contingenze reali del momento presente dell'evoluzione politico-sociale, che è la pra– tica stessa del socialismo non avulso dalla vita, ma fattore attivo di quell'evoluzione. Il Partito socialista . ' rnsomma, non può pretendere che la crisi europea sia risolta come se esso balzasse improvvisamente al po– tere in ogni Stato d'Europa; perciò prospetti pur,e. e sostenga quella soluzione che esso darebbe allora del problema internazionale - liberazione di tutte le na– zioni da ogni soggezione straniera e loro unificazione politica, disarmo totale e generale, federazione europea, democratizzazione degli Stati, ecc. - ; ma, posto che oggi iutto ciò è impossibile, esso deve cer·care e vo– l~re che, di tale soluzione, si attui qu'lnto più è possi– bile e che si attuino le condizioni più favorevoli a rendere podsibile il resto domani. Tale sola, a me sembra, sarebbe una vera azione in– ternazionalisticamente fatti va del Partito socialista. * ** Esso invece si è dato a discutere sulla neutralità e sull'intervento, cioè, non sul complesso problema inter– nazionale alla cui soluzione, in un senso o nell'altro, l'Italia dovrà dare il suo contributo di consiglio d'in– tluenza e magari anche d'azione coercitiva, ma a discu– tere intorno a due soluzioni preconcette della questione particolare, se l'Italia debba o meno usare mezzi coer– citivi. Certamente la questione di usare o no tali mezzi è BibliotecaGino ts1anco altamente importante, ma non è che una questione subordinata; alla questione dei mezzi è pregiudiziale quella degli intenti da proporsi; i mezzi si conformano agli scopi e non questi a quelli; e solo quando si sia ben deciso a che fini si aspira, allora si può valutare· quali mezzi siano più convenienti, quali troppo onerosi o aleatorii, e cosi di seguito. Viceversa, risolta prima la questione dei mezzi, è pregiudicata· ma non affatto avviata a soluzione quella dei fini: resta sempre da risolvere il vero problema di ciò che deve fare l'Italia, ossia dei fini cui deve tendere e degli interessi ohe deve tutelare, o colle armi, o con altri mezzi di consiglio o di pressione. Anzi, il problema è meno che mai risolto, se si vuole la neutralità. E infatti si è concordi nel vo– lere una neutralità' non passivamente indifferente, ma accompagnata da una vigile attività e da una forte preparazione militare ad• ogni evento; quindi, per i neutralisti, si presenta più che per gli altri il problema: esclusa la guerra,'che cosa dev'e fare l'Italia nella neu– tralità? A che cosa deve essere pronta a rinunziare o a rassegnarsi in cambio della pace? quali fini, e con quali mezzi, deve perseguire? di fronte a questo o a quell'esito della guerra, quali direttive ·dovrà seguire a tutela delle sue ragioui e dei suoi interessi? e a che cosa dovrà mirare la sua azione nel futuro Congresso europeo? Per gli interventisti, invece, tali grosse e urgenti questioni sono avviate a risolversi da sè, per– chè ·colla guerra alla Monarchia austro-ungarica è già deciso a che cosa si mira; l'Italia con essa si pone, sia pure con speciali riserve e con propri speciali scopi, dalla 'parte dell'Intesa e la guerra deciderà. il ·resto. Ma per i neutralisti tutte quelle gravi questioni re– stano angosciosamente sospese. Si vogliono, anohe dai neutralisti, tanti obbiettivi che sono evidentemente impossibili se vincono gli Im– peri, e si vuole altresì la neutralità; e sta bene: ma come si deve cercar d'ottenere quegli obbiettivi nella neutralità? Non dico affatto cbe ciò sia impossibile, m~ ai neutralisti incombe, più ancora che l'onus pro– bandi, ·l'onus quaerendi. E se essi, in luogo di bizan– tineggiare sull'intervento e sulla neutralità, si fossero proposti di studiare e discutere, sia pure soltanto nei suoi- obbiettivi finali e nei suoi criteri fondamentali, quel programma d'azione che l'Italia dovrebbe e po– trebbe esplicare, pur restando neutrale, avrebbero fatto la più utile e persuasiva propaganda per la neutralità. In mancanza di tale concreta determinazione socia– lista delle direttive dell'azione italiana, la neutralità, -tanto più se intesa come assoluta, non persuade, perchè · i più si chiedono: E poi? E trovano dinnanzi il vuoto, il buio, il nulla. E i più intendono la neutralità come rinuncia, disin– teressamento, indifferenza; e non possono quindi con- -sentirvi; perchè sentono che, essendo socia.listi, non si può essere indifferenti di froute a ciò che si fa oggi nel i:noncloe tanto meno di fronte a.ciò che si minaccia cli fare. Insomma, tenendosi fuori dalla questione, ogni critica è facile, quanto inconcludente e quindi inefficace. .,:,. È ben vero che non sono stati i socialisti i sòli nè i primi a impostare malamente la questione: per l'in• tervento o per la neutralità.; ma questa è più o meno la posizione mentale di quasi tutte. l'opinione italiana, che afferra subito il lato più passionale delle questioni, trascurandone ogni altro. E la questione è subito de• generata nell'altra, esclusivamente passionale: per l 1 in-

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