Critica Sociale - Anno XXV - n. 2 - 16-31 gennaio 1915

30 CRITICA SOCIALE resistenza sulla traiettoria nazionale, l'unità e l'indipen– denza trionfarono. Ma dove, per l'eccessiva sua debo– lezza, la borghesia si yide impari alla costituzione d~llo Stato nazionale antifeudale non esitò ad appoggiarsi alle borghesie più avanzate dei paesi limitrofi: è cosi che con l'elettorato monarchico la borghesia polacca ferì a morte - sia pure inconsapevolmente - con lo s~embramento della nazione la rivale nobiltà. La borghesia, come Cesare nell'esempio di Hegel, ha concorso a fare indirettamente la patria solo facendo direttamente i propri affari e appagando i propri istinti di ambizione. Ciò si tocca con mano nelle dinastie. I sovrani, a cagione degli incroci di famiglie regnanti, sono sempre di sangue straniero; ad essi la riverenza pel concetto di nazionalità deve apparire una favola abbastanza grottesca. Gli strati più elevati della bor– ghesia, latifondist~ o mobiliare, confondono in pratir.a i due concetti ben distinti di nazione e di Stato: in bocca agli uomini degli ultimi Stati generali di Francia la parola nazione fu adoperata a significare il solo popolo borghese. La nazione - nella mentalità della borghesia - ·è un'idea essenzialmente politica. Solo la classe lavoratrice (nel sen so vasto a doperato più sopra), per le sue particolari condizio.ni di vita, svin– colate dai contatti sistematici . con lo Stato e con la sua forza, ha elaborato il concetto di nazionalità eticamente, elevandola da idea accidentale, giustifica– trice d'interessi di classe, al valore e alla dignità di un pr-incipio. III. l principi hanno la sanzione nella spontaneità delle leggi razionali. Come in un suo breve " Elogio della Ragione ,, ha detto l'Enrigues, solo per periodi di tran– sitoria contingenza essa può apparire violentata, per uscire dal cimento più luminosa di prima. Ma l'idea nazionale, alla prova dell'analisi dottrinale, si rivela manchevole di quell'attributo di universalità ch'è la sostanza stessa dei principi; essa può perciò venire durevolmente violata. ferò la massa lavoratric"e proietta in questa idea la luce dei principi di morale, facendo di essa un processo analogo a quello del diritto degl'individui di non patire soggezioni e di essere li– beri. Questa idea morale - che riceverà la sua migliore garanzia nella società affratellata delle nazioni - fa considerare alla coscienza del maggior numero come una nequizia la dominazione straniera, e consiglia gli estremi ardimenti della campagna del 1914, per esclu– derne la minaccia. Ma nella coscienza delle classi dominanti questa idea s'oscura, come fa il sole che spegne i suoi splendori appena inclina all'estremo occidente. Per queste classi la na11:ione è un prodotto storico soggetto a mutazioni 1 mercè l'opera delle conquiste e della forza. Dapprima - agli albori della vita capitalistica - si credette che la nazione verrebbe garantita dall'istesso spirito mer– c~~tile che detronizza lo spirito eroico, e che all'atti– v1ta guerresca contrappone l'attività industriale che alla lotta coll'uomo preferisce quella contro le 1 forze nemiche della natura ancora indomata. Poi l'esperienza ha tolto credito a questa veduta. L' Hilferding nella sua recente opera " Das Finanzkapital ,, ha addotto le prove che il neo-capitalismo va diventando il migliore ispiratore d'una politica economica imperialistica ne– cessariamente incurante del diritto di nazionalità dei popoli. Il capitalismo avanzato riaprirà forse - sotto questo aspetto - una fase molto simile a. quella che BibliotecaGino Bianco va fino alla soglia del XVIII secolo: fase di guerre scatenate per motivi frivoli e banali. La politica estera dei vari Stati è l'effetto e non la causa di questo nuovo orientamento di politica aggres– siva, e di animosità sopraffattrice. Con i tr-usts, i Kar-telle, i peots, la libera concorrenza come mezzo d'emulazione a far bene e a buon mercato viene infrenata allo scopo di guadagnar molto e far male. Lo spirito di guadagno - affinatore dello spirito d'avventura - si ammala e degenera in· furibonda ama-· nia di potere e di monopolio. Le nazioni pigliano norma dall'indole delle private intraprese: la gara fra di loro si accanisce perchè lo spirito d'insieme del capitalismo trustificato lo svia dalla concorrenza individuale sul mercato interno verso quella degli Stati sulle grandi arene del mercato estero. Se il Congresso che detterà le norme della pace nella guerra europea dovesse cedere alle sole forze borghesi, l'idea di nazionalità non vi troverebbe soverchie tene– rezze. Per fortuna l'attaccamento mostrato dai lavora– tori alla difesa nazionale dei rispettivi paesi è un tal fatto imponente che dovrà essere valutato dai pleni– potenziari in tutta la sua efficacia storica - se non vogliono tradire i loro mandanti. Cosi, quanto sangue sarà stato sparso per effetti tanto scarsi nella vita del mondo! Qui l'ottimismo giocondo della filosofia storica di Hegel stramazza per terra, come l'asino di Sancio Panza sotto le staffe del proverbioso cavaliere. Quale neces– sità ideale della storia universale assolvono oggi i capitalisti, questi " cavalieri dalla triste figura,, che assoldano lo Stato armato nazionale per potere dettare la legge al mercato cosmopolita? Qui la " nazione ,, è sfruttata nel sangue, nelle opere e negli averi per queste particolari esigenze dei mercanti, così schivi di poesia quanto amanti di prosa secondo la satira del Gi01'nO pariniano! È facile _consolare lo storico con gli eleganti raziocini della filosofia idealistica ..L'idealista dirà che la presente guerra è tutta nella giusta· vendetta che essa fa d'un arciduca ereditario contro il pugnale plebeo che lo spense : tutto il resto non è storico perchè non è vo– luto. Applichiamo un altro esempio che Hegel scrive nella Introduzione alla sua " Filosofia della storia ,,: se per giusta vendetta appicco fuoco al granaio del vicino, e ne segue la distruzione di tutta la città, è quest-0 un fatto fuori dell'azione voluta; fatto esteriore e acciden– tale dovuto al}a circostanza che il granaio è in una casa ch'è vicina ad un'altra casa, e questa ad un'altra ancora e così via. Aoalogamente anche Francesco Giu– seppe voleva solo punire la setta panserbista, ma questa era protetta da Belgrado. Belgrado era vicina (imma– ginaria o consanguinea non importa) di Pietroburgo, e ·questa era rivale di Berlino e così via: onde la " parva scintilla,, dell'atto punitivo è ciò che interessa lo spirito umano, tutto il resto è accidentale e bruta conseguenza della connessione fisica delle cose. Curioso metodo di smacchiare i mantelli dei re e dei potenti del sangue che li tinge di rosso ! Le sterminate falangi di giovani falciate dalla morte non interessano nè contano: la "Ragione umana,, si trova appagata dal trionfo della " Ragione pubblica " attraverso la punizione di chi l'aveva violata con la macchinazione e col delitto. E la punizione del delitto torna ad onore dello spirito umano. Non si rassegna a queste squisitezze intellettualistiche la critica rivoluzionaria della storia. Essa chiede conto

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