Critica Sociale - XXIV - n. 18 - 16-30 settembre 1914
280 'clUTICAS0ClA1E borghesi quanto nelle classi proletarie, una m,en– talità proclive ad accettare i pesi e i doni del militarismo; che per tal modo sarebbe riuscito, nientemeno, a identificarsi con la stessa civiltà tedesca, la nuova e mirabile civiltà industriale. Altro che le antitesi spenceriane, di cui discorrevo dianzi! E si capisce del pari - grazie alla sobilla– zione universale in Germania della credenza che esistesse un mondo' diabolicamente e ferocemente anti-tedesco, il quale avesse giurato il completo esterminio della civiltà e del popolo tedesco - si capisce agevolmente come non ci sia nessuno in Germania che possa dubitare un istante non es– sere questa innocente stata aggredita dai suoi nemici .... Ah! che il militarismo e l'imperialismo prussiano non potevano meglio farla in barba alla propria gente! . Gli è che ogni istituzione sociale segue la pro– pria logica. E la logica del militarismo è una logica di ferro. Esso ha saputo così saturare di sè lo spirito tedesco, e della propria assoluta in– dispensabilità nel collaborare in prima fila alla prosperità e alla grandezza della patria, che non ha tardato a diventare il dominatore. E tutto gli è stato concesso dal popolo tedesco, dalla borghesia e dal proletariato; fino a che, quando gìi è parsa giunta l'ora di un colpo decisivo, che potesse as• sicurare per sempre l'egemonia dell'Impero e della casta, non ha esitato a gettare la Germania tra le fiamme del più terribile e mostruoso incendio di guerra. Ma la borghesia e il proletariato, a guerra finita, si inchineranno a meditare se fosse vero che l'espansione economica e civile della Germania avesse bisogno della forza delle armi per realiz– zare e proseguire la sua marcia. Questa marcia era vittoriosa, innegabilmente per virtù propria, per la virtù della scienza e della preparazione, dell'organizzazione e della tenacia del popolo te~ desco. Un popolo che queste virtù ponevano quasi alla testa della civiltà, un popolo che con queste virtù aveva già effettivamente conquistato tanta parte di mondo, bene poteva affidarsi con piena' sicurezza alla efficienza conquistatrice pacifica e irresistibile di.tali sue forze. Questo ad ogni modo, che corrispondeva alla realtà dei fatti, doveva essere il punto di vista del partito socialista, il suo motto, la sua battaglia. Era già abbastanza che il militarismo guerrafondaio avesse attratto e abbacinato la borghesia. Il proletariato, se vo– leva liberarsi da una con-esponsabilità di aggres– sione, di spogliazione e di barbarie, doveva al– meno vigilare e controllare le mosse dei suoi reggitori imperiali e militari; perchè non era difficile prevedere che il militarismo, giunto come in Germania a un grado di elefantiasi spaventosa, che cominciava a impensierire la stessa borghesia e a -farle sentire fortemente gli oneri del colos– s~ile mantenimento, avrebbe cercato la prima oc– casione per precipitare nell'azione, in cui trovare nuove giustificazioni e nuove prede. Certo era oramai troppo tardi per fermare il mostro; ma il non averlo nemmeno tentato dimostra quale sia effettivamente la mentalità imposta in Ger-' mania dal militarismo a tutte le classi indistin– tamente: dal militarismo imperiale, che, dopo avere piantato la sua ·egemonia in Germania su borghesi e su proletari, è partito in guerra per piantarla sul mondo, o press'a poco. • Che se dobbiamo ascrivere alla intransigenza teutonica i risultati negativi che compiangiamo, a che cosa sia valsa cotesta tanto vantata intran– sigenza, la quale ci fu proposta più volte a mo– dello1 si vede fin troppo miseramente. In un re- BibliotecaGino Bianco gime feudale e militaresco. la battaglia politica si impone. Guai al partito che non l'intende, e che gira la pregiudiziale illudendosi di averla superata. La battaglia avrebbe pure concorso a dare a una parte almeno della borghesia il senso. del pericolo militarista, quando in uno Stato il militarismo (l'imperialismo non ne è che l'espres– sione politica) è tutto, e la fa da padrone asso– luto; e avrebbe svelato il trucco interessato e professionale, per cui da un lato il militarismo lavora a tutt'uomo per imbevere le menti e gli spiriti del concetto della sua utilità e necessità, mentre dall'altro è ancora esso, proprio esso, che si affanna a creare,. a provocare, a inventare se occorra, con tutte le falsità e tutte le perfidie, i pretesti e le occasioni dei malintesi, degli odi, delle contese e delle guen:e. · Una battaglia, una rivoluzione pblitica: questi i còmpiti immediati di un partito socialista contro un regime politico del tipo di quello imperiale germanico. Del resto, o prim11 o poi, il còmpito non sarà evitabile. Vincitore, il militarismo im– pèriale troverà un popolo reso più sensibile e insofferente dalle miserie, dalle atrocità e dalle vergogne della guerra; vinto, troverà il popolo in armi per liquidarne definitivamente la pesante, insostenibile e ripugnante eredità. Marx, dirrienti– cato su questo punto in Germania, avrà ragione anche in Germania, e la sua formula politica contro i regimi dispotici troverà attuazione. · E quanto all'intransigenza, speriamo che si vorrà soltanto riflettere dai socialisti tedeschi che la avrebbe sottoscritta ... anche il Kaise1'. GIOVANNI MERLONI. LE50HTI DEL DIRITTO IHTEHHAZIO Si di,oe ,e si ri·pe•te che fra le vittime auguste della gu,erm ,e.urop,ea - olt,11eil porutefìce, il pacifismo, il so,c,ialismo - vi sarebbe anche ... il diritto inte-rna– zion,a!oe. I p.iù a,coaniti nella. macabra i-roni,a s,oino, naturalmente, i, nazion,a.lisLi: non tanto, in v•e.rità, p,erohè ,essi si inalbe,rino di f,ron.Le ad ogni conce– zione che superi i confini d ,e.fl ,en,azioni, quanto per– chè essi sono avvertiti, d,a, un sicuro islìnfo, che, quanto me.gli•o s-i radichino le garnnzi,e d•ei r,ecip,roc.i ct,ir.i-ttie de)l.e r,ecipr,oche, obbligazioni fro gLi ::il:ati, Lanto minore ,speranza ha cli v,igoi,eggia.i:,eJ'.ego,isrno naziona·le, che, quando si ,gonfi e si ip,erLrofìzzi, di– venta irnperiahsmo, ,e cioè espansione dell'attiv ,i.tù pro– pria con ,sacri-f1cio v,io,f.entod,e,l,l,eattività altrui. Io non sono nè un fan.a,ti,co segu:JJoe del paci.fìsrno belante, nè un arnmira,toi,e ,entusi.ast;a del dir,itto in– temazional,e. Ap·punto· p,eirohè io· l'ho in&egnato per qualche anno., so quan 1 to mals,iouri sieno i suoi fon– clainenti g·iurid+ci, ci·oè le ,effe;ttive garanzi,e dei rap– porti che lo cootituiscono. Io dicevo, talvolba, scher– zando, ohe insegn•avo il diri1Jto internazional•e, ap– punto p,erchè non ,esisteva; che se fo&&eesistito, non l'avrei potuto in&egnare, non &a<pend-010. (Par,lavo - s'int,e,nde - del cli,riUo internazioruil,e pubblico, e non cLel privato, che sarebbe altro di– scorso). Pffl'ò quella mia boutade, era un consaputo pa,ra– dosso, di cui non maggior vaLore hanno le solite o.b– biez~oni, d,i tutti i nazi,onalis-ti... e di tutti gli igno– ranti•, che il diritto intemazi,onale non esi,ste perchè manca un l~gi•slaiore superstatuale e sopratutto per– ohè manca una coazione. Il bello è che gli stessi na-
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