Critica Sociale - XXIV - n. 17 - 1-15 settembre 1914
CRITICA SOCiALE 267 del lavoro rimunerativo, .meravjglio~i di docilit,a, di abilità e.... di servilismo. Se appena s~ annunzia. un'èr!t di prosperita meno fugace, ecco numerosi lavoranti delle piccole imprese rurali ed urbane lasciare le brighe consuete affluendo· alla ,grande impresa. Persino il padrone della piccola impresa, specialmente se a.gricola, troppo ad essa per lo più vincolato per. offrire r;;e stesso, manda tuttavia alla grande' impresa tutti i membri più energici e in– telligenti di sua famiglia, tanto che alla piccola azienda non lavorano sovente che vecchi e ragazzi; dimostra– ~io~e lampante di quella che in capitalismo è la sua nuova funzione: fare .da vivaio di nuovi operai e da lÙÒgo di deposito per operai divenuti superflui. La grande impresa non solo industriale, ma anche agraria ha bisogno sempre più di questa armata di riserva fornita dalla piccola impresa. L'agraria anche più della industriale, pel maggior bisogno che essa ha, se esercita capitalisticamente, con la tecnica delle mac– chine e della divisione del lavoro, di grandi masse di lavoratori stagionalmente intermittenti. La deficienza di braccia sarebbe ben più grave per la grande pro– prieta terriera, se i piccoli proprietari, sopratutto della Germania oriimtale e al di là dei con:tì_ni,non le for– nissero ogni anno la mano d'opera ambulante taoto sospirata. Perciò, nella produzione ag:ricola come oggi è organizzata, la piccola impresa è indispensabile non gia come concorrente tecnicamente superiore, ma come il più sicuro e .abbondante fornitore di proletari alla .grande impresa, che perciò s'ingegna a creare essa stessa artificialmente delle piccole imprese, per avere più p_roletarL Ecco dunque come la stessa concentrazione del ca– pitale promuove l'aumento delle piccole imprese. Di– mostra ciò essere assurdo il Programma di Erfnrt, quando afferma la fatale· rovina della piccola impresa? Ma il Programma non parla che di quella piccola im– presa, che "ha per fondamento la proprietà privata - nel lavoratore - dei suoi mezzi di produzione "; non dell 'alt.ra, i cui mezzi di produzione più importanti sono in possesso del capitale. Questa nuova piccola impresa è uo organismo del tutto proletario, i cui ti– tolari perdono sempre più ogni interesse alla proprieta privata dei mezzi di prod~1zione e giungono sempre più allo stesso antagonismo di classe del proletariato salariato. Se la vecchia piccola impresa costituiva il baluardo più sicuro della proprieta privata dei mezzi di produzione e qnindi del capitalismo, la nuova rap– presenta invece un elemento dell'antitesi. proletaria contro questa propriet'à privata e quindi anche contro il capitalismo. In quanto gli individui che vi sono oc– cupati sono più isolati, oppressi, sfruttati degli stessi operai della grande impresa, e la loro posizione eco– nomica non è così chiara e semplice come ·quella dei salariati veri e propri, essi sono più difficilmente or– ganizzabili di questi ed è più difficile dar loro la coscienza della loro condizione; essi possono, in deter– minate circostanze, come cru,miri e come elettori dei candidati conservatori,. rendere più .lenta la lotta di emancipazione ·del proletariato; ma in nessun posto essi sono ancora un elemento sul quale il capitale può fon– dare durevolmente il suo dominio. Presto o tardi, i loro interessi di classe .li spingono a fianco del salariato combattente. La vecchia piccola impresa, tramandata dal periodo ill cui prosperava l'artigianato, costituiva uno dei fon– damenti più saldi e più indispensabili della società del iblibtecaGino Bianco tempo. La nuova piccola impresa proletarizzata rappre– senta uno dei suoi prodotti di •scarto, altrettanto inevi– tabile, nelle·.presenti condizioni sociali; quanto il delitto e. la prostituzione,- ma che, come questi, non può essere una sana base della società, La nuova piccola impresa diventa sempre piìi un organismo parassitario, un espe– diente, che grava sulla società e di cui si sbarazzano facilmente e volontieri quelli che ne vivono, appena ne cessa la necessità. Già oggi noi vediamo come in ogni periodo di prosperità le piccole imprese urbane e rurali vengono abbandonate a frotte. Appena conquistato il potere politico e con esso la possibilità di &rdinare · tutta la produzione in conformità ai suoi interessi, il proletariato dovrebbe teni:lere anzitutto a eliminare la armata industriale di riserva. Questo porterebbe però ad un rapido spopolamento delle piccole imprese nella maggior parte dei rami dell'industria, del commercio e dell'agricoltura. Nulla di più erroneo dell'opinione che la produzione socialista non sia possibile se non dopo l'assorbimento di _tutte le _piccole aziende. In tal caso essa non sarebbe possibile mai, perchè la concentrazione• del capitale non . fa sparire completamente la piccola impresa, ma spesso ne pone solamente una nuova al posto della vecchia. L'as- . sorbimento di queste nuove piccole imprese proletario– parassitiche sarà possibile solo colla introduzione della produzione socialista. Questa ultima è la condizione preliminare, non già la consegue??,za, della completa scomparsa della piccola impresa da tutti i campi eco– nomici, nei quali essa è diventata tecnicam~nte su– perflua. Non già la completa scomparsa della piccola impresa dalla statistica industriale, bensi la sua eliminazione dai processi produttivi che dominano la vita sociale, l'assoggettamento di questi al capitale, che monopolizza i mezzi di produzione e tutti i vantaggi del loro pro– gressivo perfezionamento: ecco le condizioni preliminari del socialismo. Che esse crescano nel modo più rapido, è quanto oggi può toccar con mano anche un cieco socialme'nte e politicamente. In questo senso deve intendersi la teoria marxista della concentrazione del capitale, acèolta nel Programma di Erfurt. Così inteso, questo principio, nonchè contra– stare ai fatti reali, offre solo la possibilità di intenderli appieno. Anche· qui, come negli altri punti contestati dal " socialismo critico ,,, la parte dottrinale del Pro– gramma di Erfllrt non esige alcuna revisione. Con ciò non è me stesso ch'io lodo; per0hè il· Pro– gramma d~Erfurt non è affatto opera.esclusivamente mia. Lo schema ch'io avevo proposto fu notevolmente esteso dalla Commissione; e le proposizioni che più furono discusse erano tolte quasi· letteralmente dal Capitale di Marx, il noto paragrafo del quale sulla " tendenza storica dell'accumulazione capitalista ,, trovò la sua parafrasi nella parte generale del Programma. Appunto jn ciò io vedo la forza del Programma di Erfurt e della sua resistenza al mutar delle mode. Finchè il fondamento teorico del socialismo sia il Capitale, il Programma di Erfurt non avrà bisogno di una revisione dei suoi principi. Be1·linO-Friedenau., maggio 1904. C. -KAUTSKY. Ai prossìmi numeri: Il lavoro industriale e la degene1·azione della 1·azza, del prof. E. BERTARÈLLI. L'impotenza clet'ica/e ,. di G. BoNA~rnso.
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