Critica Sociale - Anno XXIV - n.16 - 16-31 agosto 1914
254 CRITICASOCIALE ben s'intende che l'operaio vi,ene sfruttato come in ugni altra azi,enda capitalista, con l'unica diffel'enza che il profitto, invece che ad una persona sola, va all'associazione dei consumatori. Conclusione: la neutralità, che, mentr,e può dare soltanto scarsi risultati pratici, presenta pericoli gra-· vi cli d-egenerazione del movimento cooperativo, è senz'altro da abbandonarsi se si vuole avere una garanzia contro deviazioni, un'utile misura di pre– cauzione contro ad-esioni non desiderate, un mezzo per impedire che, p,er l'afllusso di elementi non so– cialisti, le Cooperative cessino di essere strumento .cli lotta degenerando in grette botteghe. Quanto più gli operai riconoscono la necessità di ad-erir,e con– temporaneamente all'organizzazione politica, al Sin– dacato· e alle Cooperative, tanto più si stringono i rapporti fra le· divers·e forme di organizzazione pro– J,etaria. Le varie forme di organizzazione conservano ],a loro autonom~a, dirigendo i loro sforzi allo sco•po comune: la trasformazione del lavoro salariato in Javor,o cooperativo·. " Il rnondo in a1•mi "' In questi ultimi tempi la parola d'ordine tra le file socialiste è la lotta senza quartiere contro la febbre Llegli armamenti e le tendenze imp,erialiste del capi– talismo. L'arsenale intellettuale per questa lotta si è ora ,arricchilo di una nuova arme; alludiamo al libro cli HuGo ScHULTZ- << II mondo in armi», testè edito dalla libreria del Vorwèirls di Berlino. Hugo Schultz, che in due volumi, «Sangue e ferro», ha già tratteggialo, col metodo fornito dalla conce– zione materialistica' deila storia, !'-evoluzione d•eila guerra ·fino al peTiodo napoleonico, passa ora in rasse– gna i più impo-rtanli fatti della stori,a guerr-esca e mi– litare d-el secolo XIX. 0.egna di speciale menzione è la prefazione ove viene sviluppalo il concetto socia– lista cle,JJamilizia. La lotta contro il militarismo vien ora condotta solt,anlo come episodio della grande .lotta di classe fra operai e capitalisti, onde il proletariato non ne vede con suffici-ente chiarezza il vero scopo. Si comprende come gli ideali di civiltà e di pace insiti nell'idea so– cialista occupino un certo posto in tutte le conside– razioni antimilitariste, ma può avv,enir,e spesso che, sollo l'influsso di tradizionali ideologie borghesi ram– pollanti dal razionalismo del secolo XVIII, questo posto diventi eccessivo. Vi sono molti socialisti che, n,e,Jcampo della lotta contro il militarismo, si sba- 11azzano del modo di giudicar-e ch'è proprio del so– cialismo e lavorano ideologì,camente all'abolizione del– l'esercito attuale senza desiderare seriamente che esso v,enga sostituito da altro sistema di difosa. Un si– stema di -difesa ha senso soltanto nei rapporti con lu guerra, la quale è esclusa dal bagaglio d'idee del socialismo. Il socialista abborre la guerra, nemica mortale di ogni civiltà, e nel fondo della sua anima non· può avere simpatia per qualsiasi milizia, poichè qu·esta diminuisce m,a non annulla le possibilità d'una guerra, e una vera guerra di popoli sarebbe assai più sp,av,entosa che le guerre localizzate del XVIII se– colo, condotte con piccoli ,eserciti di gente assoldata, quasi segreg,ata dalla vita civile. Questo modo di vedere non è condannevole se si guardi dal punto di vista degli scopi ultimi della no– stra evoluzione civile; ma è da resp-ingersi senz'altro se si consideri il corso reale del processo storico e i sedimenti lasciati nella coscienza degli uomini. L'an– timilitarismo concepito come politica di abolizione è vuota ideologia, proletaria o borghese. Già la parola « abolizione » è presa ad imprestito dalla ideologia razionalistica deUa democrazia borghese; il socialismo proletario non ignora e non cancella le categorie sto– ri·ohe contrastanti alle sue tendenze, ma s'impossessa BibliotecaGino Bianco del loro contenuto, che non è destinato a morire. Si comporla ci9è col militarismo come col suo genitore, il ca,pitalismo, che non può neppur esso venir an– nientato prima che dai suoi lombi non siano stati generati tutti gli elementi per un nuovo sistema di produzione. Un antimilitarismo, che abbia soltanto in vista la soppressione di tutto ciò che ha attinenza con J.a guerra, è pericolosamente affine al pacifismo borghese; si trova d'un I.ratto nell'àmbito di quelle concezioni che, se non sono mere utopie, corris,pon– dono ai segreti desiderii della reazione. La paro.Ja d'ordine del disarmo ha doppio senso: se non si fa una netta distinzione, può darsi che s'imbo~chi una via sulla -quale s'incontrano i compagni meno desi– derati. Noi possiamo intendere il disarmo nel solo senso che l'intendeva Engels, cioè come d,emocratiz– zazione dell'esercito, come sostituzione all'esercito permanente dell'arm,ament.o g,enerale del popolo. Ciò realmente non significa disarmo, può anzi signifiÒa-re u!l armamento maggiore. Nel puro senso della parola, disarmo vuol dire ben altra cosa, cioè il ritorno al– l'esercito di coscritti o di, ,assoldati, la ~·inunci.a al dove,i,e generale di concorr-ere alla difesa della na– zione, in breve, il sacrificio di tutti quegli elementi che nel corso dei tempi hanno indebolito il carattere del militarismo concepito come -potenza a sè e come organizzazione di difesa delJ.e classi dominanti. Ma questo è l'ideale segreto dei reiazionart ed è anche consapeivole o no, l'ideaie dei pacifisti borghesi. Pie~ coli eserciti di soldati di mestiere possono, meglio che gli eserciti di masse, tutelare i ,p•rivilegi della nO'biltà e della borghesia e tenere soggetto il ne– mi,co interno. Contro ribelli male armati ci vo– gliono, e bastano, buoni fucili e cannoni; non il nu– mero dei soldati importa ma la fiducia che in essi si può riporre. Questo è senza dubbio il pensiero ohe inspirò la propaganda paci,fista dello Czar. Sarebbe anche, un errore combattere, il militarismo dal p1unto di vista m.oraie. L'o1:rore p,er la guerra non è affatto un.a caratterislioo di classe, riscontran– dosi nel sentimento etico di tutti i popoli. I rappre– sentanti de.J popolo più terribilmente guerriero del N-0TclAmerica, gli Irocchesi, hanno clichiaooto che tutte le crudeltà da loro commesse non avevano al-. tro scopo che la pacificazione definitiva delle loro ler!'e. Nè è tutta i1pocrisia ohe uomini di guerra come Moltke abbiano avuto contro la guerra fiere parole. All'orrore per la guerra si accompagna l'esal– tazione dell'eroismo guerriero, cosi come ·il proleba– riato oo),ebr·a, a buon diritto, i suoi eroi rivoluzionari, non meno violenti e sanguinari dei gu,errieri bor– ghesi. Sarebbe di cattivo gusto dipingere il prole– tariato come 11Jnangelo di pace biancovestito; nè il banchiere è uno spadaccino turboJ.ento, nè l'op·eraio offre l'altro guancia quando riceve un ceffone. li proletariato è una classe in lotta, animata da sensi guerrieri; se odia la guerra borghese, è -perchè que– sta non gli conviene, perchè disturba e, ostacola l,a sua guerra, la guerra che deve svol'ge,rsi su un campo internazionale, e perchè la guerra borghese grava quasi tutta sulle sue spalle. Se la pralioa della lotta di classe ripudia tutti i metodi violenti, pure il con– cetto di rivoluzione non è del tutto separabiJ.e dal concetto cli violenza, e la paura inestirpabile, che gli aYV-ersari hanno, di possibili violenze da, parte d'un proletariato insorto è per la democrazia socialista una J.eva di forza di importanza non trascurabile. Perciò la politica di pace della classe operaia non <leve degenerare in un pacifismo ideologico e filan– tropico, ma deve tendere alla conquista della potenza delle armi e alla demoo.ratizz-azione dell'esercito. Il senso guerresco è, anche nella lotta di classe, un grande impulso: è, in certo modo, il fermento di agi– tazione. (Berlino). f. v.
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