Critica Sociale - Anno XXIV - n. 13 - 1-15 luglio 1914

CfitfiCA sociALE 197 nata a sfasciarsl per l'etérogeueiLà delle cat~gorie - che la .compongono. Dall'Internazfonale uscirono i socialismi .nazionali in seguito all'evolversi del la tattica socialista verso la conquista dei pubblici . poteri; più l'evoluzione del metodo dunque che non la diversità della sua composizione ne preparò il dissolv,imento. Sotto questo rapporto, un'orga– nizriazione nazionale ha assai meno da temere. In ogni paese il socialismo ha un suo proprio punto di partenza fissato dalle obbiettive ·condi- . zioni di sviluppo civile e politico, non modificabili aci a:rbitrio. Se in Italia il proletariato rurale pre•· vale di gran lunga su quello industriale e se, nello stesso proletariato industriale organizzato, l'arti– gianato e la piccola indilstì·ia banno una parte co– spicua,, non è detto che il socialismo debba atten– dere la sua ora per entrare in azione, ma è natu• rale che si modelli sulle condizioni di fatto che trova e prenda quindi una fisonomia tutta sua particolare. · A, noi è commessa una matassa più arruffata da sbroglia-re, ecco tutto;, Noi abbiamo.·il pl'oblen1a deHa sovrapopolazione e dell'emigrazione, ·scono– sciuto in altri. paesi o -non così-preoccupante coma da noi,. e questo influisce notevolmente sull'atteg– giamento politico del pi'oletariato. Maggiori diffi– coltà, per tanti rispetti, di fare della buona orga– llizzazione, marcia più stentata e faticosa, oscilla– zione di pensiero e impossibilità, sia pure, di defi~ llire i rapporti col Partito, al modo istesso che questo si trova imbarazzato a definire, i propri di fronte alle organizzazioni. Osserva il Pagliari che il movimento proletario italiano è " socialista in tea.ria e mazziniano in fatto ,,. Io preferirei dirà tassalliano, perqbè sa– rebbe difficile negare alla ·nostra organizzazione cooperati vista un'ideologia colletti vhita, la quale 110n era nel pensiero di Mazzini, ma è certo però che, pur senza aver l'intenzione di esiliare la ·coo– perazione dal socialismo - cosa a cui non pensa ueppure il PagJiari - non sono infondati i dubbi che la coopera;ziòne suada ad una politica piccolo– borghese, di patronato ancor più che di classe; e ciò senza scapito del tono e dell'atteggiamento rivoluzionario, ,perchè il ri voi nzionarismo (gli avve– ll imenti ultimi ce ne offrono una irrefragabile prova) è proprio dell'artigianato e della fase arre– trata. Potrei ci.tare mille esempi a dimostrazione di quest,o assunto: che, ove prevale l'artigianato, l'azione delle masse -oscilla tra il tumulto e il ri• furmismo democratico-sociale, che è un po' ,Hverso dal riformismo di classe. Al-Congresso di Mantova i:i ebbe un riverbero di questo stato di fatto; chie• tlere una politi'ca più aècentuata per le no!!ti·è masse significa prendersela di più col Governo e coi suoi organi giudiziari e polizieschi e niente affatto colla borghesia capitalistica, che per i più è un mito, e ci'ò anche quando le masse si recla• mano· dal sindacalismo rivoluzionario. Ovvio dunque appare che il socialista debba fare princ_ipalmente assegnamento sul proletariato della grande industria; nell'artigianato, nella mez• zadria, nella cooperazione si potrà avere il fer• mento rivoluzionario, ma la molla della lotta di classe e delle profonde trasformazioni sociali è qui. L'azione di. questo proletariato sarà riformista perohè tiene conto della realtà., ma sarà, per con– verso, la sola rivoluzionaria, perchè la sola autica– pitalista. La. Confederazione non avrà una direttiva precisa se non il gim·no in cui avrà una. soliaa slJina dorsale, formata da un nucleo di proletariato omogeneo del grànde indùstr-ialismo privato e pub– blico. La materia grezza non manca ormai più in Italia per la formazione di questo nucleo di avan– ij~ardia; tutto sta nel sa.perla lavorare; epperò mi I • blibtecaGino Bianco pare accettabile il consiglio del prof. Pagliari, il quale vorrebbe che i socialisti dedicassero mag– giori cure all'organizzazione del proletariato in- dustriale. · Facendo principalmente assegnamento su quèstò non si giunge all'assurdo di destituire di qualsiasi efficacia il ,movimento cooperativo, il quale, pe1' dei socialbti, in tanto vale in quanto non si sperde 1 non si isola, non si allontana dal movimento sin• dacale, ma lo sussidia, lo aiuta, lo tonifica e con eiìSOsi fonde per il supremo sforzo liberatore. Cer– cando le cause del rachitismo della nostra orga• nizzazione sindacale e le probabilità del suo risa– uamento, io non ho voluto deprezzare la forma cooperativa; almeno non ne ho avuta l'intenzione. RINALDO RIGOLA. flumtnto dell'lmpo$ta o Mono.polio dti• fiammiftri? Lo staio attuale dell'industria deifiammiferi. L'idea di far concorrez,e il consumo dei fiammiferi al ristoro de·lla pubblica finanza non è affatto nuova in Italia. Fin dal 1894 il Governo italiano pareva propenso ad affida.re il monopolio della fabbrioazione e della ven d ita dei fiamrnif.eri a ,pochi grandi pro– duttori, coi quali era già venuto ad accordi qua.si definitivi: ,ma in seguito scartava tale forma di im– posta per dar luogo a quella di jabbricazione. La quale., fin dal suo primo anno di _piena ed intera applicazione (esercizio 1895-96), rese allo Stato lire 7.000.000. Nell'esercizio l91H2 rese L. 11.000.000. La « Relazione sull'amministrazione delle gabelle » 1894-95, enu.mera.ti gli inconvenienti di un possibile m,onopo lio, conclud e esprimendo il oonvfocimento che la nuova imposLa risponderebbe egregiamente a•llo scopo di gi:ovare alla pubblica finanza senza ledere menom:amente gli interessi dell'industria e senza ag· gr.avare troppo i contribuenti. Senonchè, dopo 20 anni di esperienza, lo Stato, nell'ultimo rimaneggiamento di tasse ed imposte, pare si.a ritornato al suo punto di partenza. Aumento dell'attuale imposta o mono• polio? Noi, ritenendo l'aumento dell'imposta sui fiammi• feri 'lii.) provvedimento securament.e red_ditizi9, ma non risolutivo, crediamo che lo Stato d-ebba logica– mente preferirgli il monopolio; anzitutto perchè quel genere di imposta favorisoe la formazione dei Sin– dacati industriali; in secondo luogo perchè l'imposta sui f~ammiferi non evitò uno solo degli inconvenientr,. prospettati come esclusivamente ine·renti al monopolio e dannosi ai consumatori: prezzi elevati, depres· sione del consumo, offesa alla libertà del lavoro, co· stesa eid estesa vigilanza statale, ecc. Che anzi li fà. vorì, li alimentò quanto avrebbe fatto il monopolio statale. Vediamo, infatti, come si svol!le quest'industria nel· l'ultimo ventennio: Pri,ma dell'imposta: concorrenza spietata fra tutti i fabbricanti grandi e piccoli. - Dopo l'imposta: questa, nella sua pratica applica• zione, elimina i deboli, incapaci di fronteggiare, nè coi· contanU, nè col credito, il pagamento delle mar· che; perm.ane la concorrenza non meno spietata fra i rimasti, ca~ono i mediocri, rimangono i forti. - In bre,·e: nel 1899, dopo solo 4 anni di piena applica-

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