Critica Sociale - Anno XXIV - n. 8 - 16-30 aprile 1914

CRITICA SOCIALE 125 della turba, chiedere lumi al genio ch'è solo. Fu in quel tempo, per fortuna, che il. pittore parigino Bo– ronali - legato il pennello alla ·coda d'un somaro - lo incaricò di schizzare un paesaggio dell'avvenire; e il pubblico sorrise anche ai futuristi italiani, convinto che gli scherzi loro fossero della. stessa specie .... Ed ecco, finalmente, s·orgere la musica futurista nella persona di Balilla Pratella: il quale Balilla si presen– tava scamiciato e scarmigliato, nell'atto di prendere a sassate Wagner e· Beethoven e di gridare evviva ai rumori, ma già aveva vinto un ·concorso governativo e mei'itate le lodi d'un maestro (ohimè, non futurista): Pietro Mascagni. IV. - Necessità della def01•ma1tione. Certo, sciocchi e folli non eran tutti. Di Marinetli, è sempre da rimpiangere che un istinto indomabile di chiasso e d'indisciplina abbia traviato una genialità e una fibra assolutamente superiori. Ma egli - che ha pure scritto ·un libro bome Mafarka - · è pur sempre l'assetato di réclame che qùìndici anni fa provocava apposta degli incidenti di automobile, perchè i giornali parlassero dell' " illustre poeta italo-francese ,,. E· però anche il Pratella aveva dato, effettivamente, buone prove di sè; e cosi tre o quattro fra i poeti; e così - fra i pittori - il Severini; e meglio il Boccioni, se– duttore astutissimo d'una certa folla mondana che dagli artisti vuol esser conquistata come una donna, un po' coll'eleganza e un po' colla monelleria, un po' col risolino e un po' colla risataccia .. Quanto . agli altri, purtroppo, pulvis et umbra: gente, come disse il Prez– zolini, che ha l'intelligenza nella veste e· non in casa. ·Ora, tutto ciò non bastava, e non basta a sovvertire il mondo; Forse ha trovato il Pratella - tra le giovani speranze musicali pur rifiorenti nella penisola - un solo, non risibile assertore? E ne ha tro"Vati il cenacolo pittorico? È da ricordare come il povero, grandissimo Ugo Valeri rifiutasse - per quanto ostinatamente ri– chiesto - di farne parte; e come Mene aliontanal>sero subito due forze quali il Bonzagni e il Romani. Come non bisogna dimenticare il caso di Gian Pietro Lucini, legato per un attimo - ma solo per un attimo - al– carro della letteratura Marinettiana, dal quale non tar– derà a sciogliersi il solo forte alleato superstite: Gio– vanni Papini, questo ebreo errante dell'ideale, pel quale il futurismo non ha rappresentato che un "momento,,, che una tappa; ma che già se. ne scosta, come le ultime polemiche dimostrano. Ora, ci si Rpiega benissimo. la bancarotta d'un partito il quale (per riferirci ancora al gi.udizio Prezzoliniano) non ha· fatto che crear luoghi comuni coll'aria di combatterli; d'un partito di nova– tori i quali di tutto ci ha:n dato, meno che del nuovo. Futurista, forse, il disprezzo dell'inerzia sentimentale? Av:evamo già letto K.ipling e gli americani. Futurista, l'odio aÌ passato? Già J-ullls :Vallés, or sono cinquanta anni, dichiarava di preferire un litro a un'anfora etrusca.. E le parole in libertà;? 'Prescindendo dal fat~o che le conoscono i selvaggi, e che le conoscevano i trogloditi (tant'è vero che questa non è evoluzione, ma negazione dell'arte) ricorderò soltanto quel Giuseppe Fioresi, "au– tor bolognano ,,, che fin dal 1827 rantava di queste delizie: Gennaio = gelo + freddo Febbraio = inverno + tormenti .... precorrendo il dolce stil nuovo Marinettiano e chia– mando "idioti 11 (anche lui!) gli uditori che non lo comprendevano. E forse l'arQade settecentesco, alla iblibtecaGino Bianco guisa dell'aedo futurista, non aveva già imparato a trarre ottimo partito dall'onomatopea; solo che l'arcade faceva fare cip-cip ai rosignoli e Marinetti. fa fare pum-pum ai cannoni? E Pratella, non che di Strauss, non è fi– gli nolo settimino di quell'Erik Satiè, che nel Figlio delle stelle inaugurava l'anarchia dei toni e la soppressione delle battute? E i pittori che ci hanno dato in più dei cubisti d'oltr'alpe, se non quel tale dinamismo che re– gala ai cavalli sette paia di gambe per mostrarcele in movimento: dinamismo da istantanee male sviluppate? Lo stesso Papini, un giorno, ha finito per ribellarsi contro questi novatori che incollano - faute de mieux - dei baveri di velluto e dei mustacchi di stoppa sui loro ritratti. Ma questa non è l'arte, ha gridato, è il museo Grévin ! O se è arte, dico io, pecca un pochino di pessimismo; poichè già nel 1450 - se ben ricordo - il pittore Carlo Crivelli incastonava nei manti, delle sue madonne, le gemme che non sapeva dipingere .... ·V.-'-'-'- La dej01•ma1tione si compie. Bisognava, dunque, crearsi una specialità nuova: ed ecco i futuristi, improvvisati maestri d'energia politiche, allearsi e gareggiare coi cenacoletti nazionali~ti. Ma questa deformazione in extremis non era avvenuta senza trapassi curiosi. V'era stato persiuo un tempo in cui il duce della schiera, il Marinetti, aveva bandito indulgenze per Gaetano Bresci.. .. già una decina d'anni fa, al tempo degli epici duelli Turati-Labriola, il poeta era capitato una volta in -un'aula " tutta rossa di so– cialismo ,,, aveva ascoltato fremendo i due oratori, e naturalmente le sue simpatie d'esteta erano andate verso la loquela più accesa e più spregiudicata del 'napole– tano. Il fondatore di cenacoli patriottici e il. futuro di– fensore dell'impresa ·libica ave:vano allora in comuue il gusto di atteggiamenti ribellì, derivati dai libri e dall'umor giovanile. Labriola predicava gli scioperi generali; Mari netti scrive'{a liriche rosse come quelle prediche. Si videro appunto cinque anni dopo, i segni cli quelle accensioni tradirlli dai primi manifesti del futurismo, celebranti insieme la rivoluzione e la guerra (necessarie entrambe ali'" igiene del mondo,,), la bar– ricata e lo sclwnappel, il regicida e il conduttore di eserciti. Politica da letterati, come si vede. E però quella confusione di principi, quell'insalata d'ideali non garbò troppÒ alla folla, che in genere ama veder chiaro nelle cose e gusta gli esteti a tempo e luogo. Ora, nè i partigiani della guerra nè quelli della rivoluzione furon paghi del nuovo Messia, e si fischiò dalla platea proletaria come dai palchi reazionari. Anzi, Giulio Dè Rienzi, già sin d'allora nazionalista, gu~tò così poco quel sospetto apostolo della terza Italia che esaltava insieme Oberdan, Bresci e Bava-Beccari~, da appiop- . pargli - con salace allul!lione alla sua sete di réclame - il famoso epiteto di " poeta Pink ,,. .Allora il poeta, trascurando i regicidi e le barricate, si votò tntto alla esaltazione patr·ia; e fu visto uno dei suoi diRcepoli - il· migliore, il Buzzi - osannare al generale Di Bernezzo e alla bella guerra dopo aver cantato la schiavitù delle filandiere,. e i poveri che stampano sulla neve "l'orme con le dita,,, e il sasso tirato contro "le bagascia di seta dei padroni ,,. Il futurismo prendeva co~i, ùecisa– mente, il suo posto nella tenzone politica. Era tempo! La sera della sua prima esibizione pubblica al Lirico, mentre le risate e gli urli minacciavano di soffocare le declamazioni del nuovo verbo, il poeta grid.ava un indimenticabile "abbasso l'Austria!,, che cangiava im– mediatamente i fischi in applausi, gli insulti in osanna;

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