Critica Sociale XXIII - n.22-24 - 16 nov.-16 dic. 1913

CRITICA SOCIALE 361 e il loro parassitismo, ingarbugliare ed imbrogliare la lotta delle classi, e Carlo Marx dalla soffitta farlo salire sui tetti per. rovesciarlo a fracassarsi nella via. Le quali_ridicole e bambin.esche cose si ·annunciavano con la frase altisonante quanto vuota: che la nazione avrebbe assorbita la classe .. L'ora della resipiscenza sta per scattare: e quel « via dalla Libia! » che, con insigne malafede, ci si rimproverò di non volere, mentre era e fu sempre il termine ultimo di tutto il nostro pensiero, chi sa che non lo intoni la borghesja italiana più presto che altri non creda. E ·se non sarà l'abbandono, potrebbe essere pur sempre una Libia in edizione economica, una Libia - non dico proprio nella forma che pro– poneva Bissolati - ma in qualche modo incapsulata, messa nell'impossibilità di nuocere troppo e di troppo divorare; una Libia, vorrei dire insomma « eritreiz– zata ». Perchè, dopo tutto, 50 milioni all'anno per la Yilleggiatura dell'Italia laggiù non sarebbero ad ogni modo mezzo miliardo; 700 milioni, quali sono ora a un dipresso, di spese militari, per troppi che siano, non sono il miliardo verso cui s'è presa la rincorsa; e taccio di tutti gli altri lucri cessanti e danni emer– genti, economici, politici, morali, che il militarismo ad oltranza trae seco e che una soluzione casalinga del problema ci potrebbe evitare. Ma anche tale soluzione casalinga, tale soluzione mediana sarà tanto più facilmente conseguibile, tanto più prossima alla soluzione estremista che noi cal– deggiamo; la diagonale, nel parallelogramma delle forze, tanto più s'accosterà al nostro lato, quanto più n·oi rimarremo fermi, irremovibili, nelle nostre posizioni ideali. E questo è il torto dell'on. Bissolati e dei suoi amici, che piegano verso un possibilismo il quale, anche loro malgrado, deve tradirli; e dimen– ticano, parlando di « fatti compiuti», che non vi sono mai fatti veramente e irrevocabilmente compiuti nella società e nella storia; e, appellandosi al « meno peg– gio», non considerano che il peggio d'ogni peggio è l'abdicazione di un partito, è l'abbiosciamento di un ideale, è la rinuncia che una classe faccia della pro– pria anima, del proprio avvenire. (Bravo! Bene! al– l'estrema sinistra). Perchè la rinuncia all'opera di audace rinnovazione è al tempo stesso rinuncia, per forza di cose, a qualsiasi opera di savia e ragionevole conservazione. Le riforme promesse. Finestre dipinte nelle nuvole. L'on. Orlando e la Commissione hanno avuto cer– tamente l'intuito di tutto quello che io dico. Ma tale intuito non li spinse che ad attenuare, a togliere, a cancellare ciò che nel discorso reale era. troppo stri– dente colla realtà delle cose. Mancò loro il coraggio di affermarla, di constatarla. Certamente non pretendiamo che voi diciate tutto e solo il nostro pensiero ... ORLANDO V. E., relatore. Non ci mancherebbe altro! Ella mi ha già elevato agli onori di Dante Ali– ghieri con quei suoi commenti, e ora ... TURATI. Ma, se due pensieri voi avete dinanzi, che siano in conflitto, e non sapete eleggerne uno, almeno accennateii entrambi; dite il conflitto. Non valetevi dell'uno soltanto per rinnegare e per distrug– gere l'altro,· e così reciprocamente; perchè a_llor~ sul vostro foglio, dove pare che siano parole, è 11bianco perfetto. Nel discorso reale, dopo l'elogio della Li– bia, a un dato punto si snocciola il rosario delle pro– messe all'Italia ed è tutta una parte della piattaforma elettorale .socialista che viene in qualche modo presa a prestito. Manca la base concreta: mancano i mezzi alle riforme, che nella piattaforma socialista corri– spondono all'arresto delle spese militari e delle spese africane. Perciò le riforme promes_se non hanno so– stanza, sono decorazioni pure e semplici di simme– tria, sono finestre dipinte-. Ma almeno in quel discorso c'è un muro più o meno resistente per dipingervi quelle finestre: c'è la Libia, nella quale si fa le vist.e di credere. Voi, nella· risposta, avete demolito quel muro; e le vostre finestre dipinte sono dipinte nelle nuvole. Dove è dello più intensa produzione, politica di lavoro, legislazione sociale, che son frasi così vaghe da parer simili al nulla, voi trovate modo di annul– larle, di evaporarle ancor più, parlando di provvi– denze nel campo economico-sociale, di solidarietà che si afferma nelle opere di previdenza, di mutnalità e di cooperazione. Voi parlate poi di coltura; e certamente la coltura dovrebbe essere la massima nostra preoccupazione, tanto più col suffragio universale, il quale, senza la · coltura, rischia di tradire e di ferire se stesso. Dove i mezzi e i modi per elevarla davvero? Voi sapete che la coltura e la guerra, la scuola e la caserma non sono buone vicine. Parlate di scuole medie, superiori e popolari; ma, on. Credaro, dovremo -forse far pagare ancora dalle famiglie degh operai e della piccola borghesia l'au– mento degli stipendi ai professori delle scuole me– die? Ecco un argomento concreto, sul quale una ri– sposta sarebbe lume pr~zioso a questa discussione. Parlate poi di legislazione civile e di riforme co– raggiose almeno in questo ·campo. Non so se alludiate a quel progetto del contratto d'impiego, del quale nella vostra risposta, e non nel discorso del Re, sem– bra essere un cenno, ma il quale ho timore non sia per fare molto cammino, <lacchè l'on. Nitti lo voleva dapprima, ma !'on. Giolitti glie lo fe' disvolvere, come in più di un çliscorso fu fatto chiaramente sentire. Per il suffragio femminile. Accennale infine alle riforme che debbono riguar– dare le donne. Ma,· mentre così alti suonarono gli elogi dell~ prova fatta dal suffragio degli analfabeti, e mentre voi toccate del concorso sempre più essen– ziale delle donne nella produzione della ricchezza, il coraggio vi manca ·per soggiungere che dunque or– mai anche le donne, al pari degli analfabeti potreb– bero esser tolte dal novero degli animali domestici e convertite in cittadine. L'on. Giolitti diceva: per la donna prima le ri– forme patrimoniali civili, poi, a suo tempo, il sufTra– gio; e sbagliava profondamente, perchè quelle rifor– me, non riguardano che in minima parte il prole– tariato ... GIOLITTI. La patria potestà serve anche per il pro– letariato. Le famiglie degli operai ,si occupano dei loro figli come quelle dei ricchi. TURATI. Forse anche di più, perchè di regola nè li mettono a balia nè li mandano in collegio; ma il Codice civile poco le interessa perchè non hanno in– teressi patrimoniali da regolare, non doti, nè ere-

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