Critica Sociale XXIII - n.22-24 - 16 nov.-16 dic. 1913
360 CRITICA SOCIAL,E rebbero provale· ad esuberanza nella lotta quotidiana e ben più civile del lavoro e nei sacrifici diuturni che dura per alimentare, oltre a sè ed ai suoi tutta la masnada di piovre e di parassiti eh~ lo d/ssangua. (lnter'l't1::ioni - Rumori - Commenti al ce;itro e ; destra). E la nuova era, il nuovo cinquantenario, non comincia più dalla Libia e dal sufTragio universale, ma, con sopportazione degli imperialisti, dal suffra– gio universale soltanto, malgrado quella « non for– tuita coincidenza» che la filosofia dell'on. Orlando aveva rilevalo. E per le spese militari si torna al vecchio criterio, che almeno.':. non significa nulla mentre sembra si– gnificare qualche cosa, dei « limiti delle nostre con– dizioni economiche)) puramente e semplicemente. E non si parla più cli' una colonia cli popolamento ... ma il brano relativo alle speranze libiche è troppo caraLlerist.ico perchè non metta conto di rileggerlo lestualrnenle alla Carnera. Se, nel vano sforzo cli con– ciliare la decenza con la verità, lo stile si fa alquanto coni.orto, e nella sinl.assi il soggetto piglia t.alvolta il posto 'dell'obbietto, I.a linea, dirò così, del concetto non è meno curiosa e _non è meno bizzan:a. ((Il sacrificio cli quelle giovani vite· (così il testo della risposta che ci si propone), la tensione di tutte le energie ciel paese una legge suprema cli necessità nazionale determinò e giustifica. La espansione colo– niale, cui nessuno Stato moderno, anche se ·retto a larghissima democrazia, ha dimostrato di potersi sot– trarre ... )) - Parentes.i: non è notevole; onorevoli colleghi, Cl}esi parli dell'espansione coloniale come di qualcosa pur troppo di incleprecabile, come il colera o come il terremoto? t insomma il concetto della « fa– talità storica )J che ritorna alquanto attenuato. l\1a gli altri Stati cui si allude sono ben più solidi e ricchi del nostro, hanno patrimoni i. cli due o trecento mi– liardi, dove il nostro è forse di sessanta, hanno reci– diti cli cinquanta o sessanta miliardi dove il nostro raggiunge sì e no i dieci od i dodici. ORLANDO ,V. E., relatore. Lo fanno in propor– zione molto maggiore. La proporzione sta. TURATI. Non è questione di proporzioni fra chi dispone del superfluo e chi manca persino del ne– cessario. Com'lmq,ue, cotesta espansione coloniale in– deprecabile, continua testualmente il relatore « crea complessi ed ardui doveri, ~ne/e (quest'o « o~de )) è veramente epico, on. Orlando!), mentre l'un popolo apporla all'altro i benefici di una civiltà più progre– dita, non può esso prescindere dalla considerazione dei propri interni bisogni, ma deve a questi _propor– zionare lo sforzo. Auguriamo quindi (auguriamolo pure, chè tanto non costa nulla) che, per saggezza cli uo_mini («per saggezza di uomini )),·onorevoli si– gnori ciel Governo!) e per fortuna di eventi (invoca– zione allo stellone!), in un avvenire non lontano de– rivino dall'impresa concreti beneficì e ai cittadini della Patria e alle genti della Colonia, e che per tal modo acquisti l'Italia, oltre che maggior forza, nuo~i titoli di benemerenza nella storia dell'umana civiltà». Traduzione in lingua povera: che il cielo, se pure la cosa è 1Jossibile, ce la mandi buona! (Ooh! ooh! - Si 1·icle). Libia od Italia'! Egli è, o s_ignori, che fra le infattrnzioni del 1911, cli cui il cliscorso· reale è l'eco in ritardo, e queslo preciso momento, passò di mezzo l'esperienza e la discussione, passarono sopratutto le elezioni per l'ap– punto, e passò la nostra propaganda elettorale, la quale, oggi t-anto più che lo stadio acuto della guerra, la guerra contro la Turchia, è superato, potè essere anèhe più recisa che nei primi momenti. La quale propaganda è stata una negazione senza riserve. Si è negato lutto; si è negato che )a Libia possa onestamente chiamarsi una colonia; un dominio sì, ma non una colonia, nè di popolamento, nè cli- sfrut– •tamento, salvochè di sfruttamento... della madrepa– tria; si è negato che una nazione come l'Italia, grande esportatrice di uomini e in carestia perenne di ca– pitali, potesse mai colonizzare una terra 'senza· terre come quella; si è negai.o che pos~a mai trattarsi di · una vera impresa borghese capitalistica, e si è pro– clamato non trattarsi invece che di un semplice bluff pseudo-capitalistico e pseudo-nazionalistico, poichè si volgerà in danno irrimediabile dell'economia e della finànza della patria, di un bluff che non fu altro se non un enorme inganno, un'audacissima speculazione sulla ignoranza di economia e cli geografia e di ·sto– ria che è cli tutti gli italiani e cli tutte le classi, mentre un vero nazionalismo e un vero e fisi.ologico colonia– lismo l'Italia avrebbe modo cli fare, quando essa, che ha già più cli cinque milioni di suoi figli nelle lon– tane Americhe,. seguisse le vie naturali che l'esperien– za ha insegnato, ma migliorando e munendo di ri– sorse la stoffa de' suoi emigrati e spiegando· un'ac– corta ed abile 1:iolitica dell'emigrazione; e anzièhè proclamare una sovranità puramente formale su con– tinenti sterili e eternamente· nemici; dove non emi– greranno che soldati e funzionarii e fornitori affa– risti, potrebbe con infinitamente minore sacrificio di uomini e di pecunia, creare, specialmente nell'Ame– rica del Sud, non una, ma dieci nuove Italie, più fio– renti un giorno dell'Italia madre, aumentando· a que– sta ricchezza e civiltà, scambio di immiserirla e di imbarbarirla. -•Tale, onorevo1i colleghi, senza sottintesi o mezzi termini', la nostra propaganda elettorale; anche per effetto della quale, alla: sfida « Libia o non Libia )> bandita dal presidente del Consiglio, il popolo nel suo complesso rispose «Italia)). Potrebb'essere (< Ita– lia senza Libia»; certo per il maggior numerb almeno, dovrebb'essere « Italia prima della Libia)). Il quarto d·'oradi Rabelais e il fiasco del nazionalismo borghese. Le illusioni dei socialisti di destra. · Onorevoli colleghi, l'ora della resipiscenza è presso a scattare; noi non abbiamo· più che da vigilare e da attendere. E se la ignorò il discorso inaugurale pro– nunciato ·cl.al Re, non potrebbe ignorarla la Camera, che di quella resipiscenza in cammino è la espres– sione essa stessa: Due coefficienti poderosi concor– rono ad affrettarla. Da un lato, il quarto d'ora di Ra– belais, il minuto dei conti da saldare, che pende su cli noi sempre più inesorabile ed improrogabile. Dal– l'altro lato, la delusione di quel nazionalismo bor– ghese a intenti di sfruttamento di classe, che si era illuso, per un momento, di potere, colla storiella del– l'Africa da conquistare, dei beduini da combattere delle oasi da spartire e delle dune del deserto da co: Ionizzare, divergere le forze e le aspirazioni del pro– letariato dalla buona battaglia con'tro i loro privilegi
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