Critica Sociale XXIII - n.22-24 - 16 nov.-16 dic. 1913

354 CRITICA SOCIALE dovrei.e coi1sentire in questo: che, nella risposta al di– scorso della Corona come già nel discorso medesimo, manca qualsiasi richiamo a quella che fu la nota più caratteristica del risultato delle recenti elezioni. Dan– dovi l'aria di ignora.rei, di mentalmente _sopprimerci, YOi sopprimete il fatto stesso delle elezioni. La Camera prE:cedent.e fu sciolta, lutti lo ricor– diamo, sopra una fiera parola di Giovanni Giolitti; parola che suonò come una sfida'. solenne. A noi che combattevamo l'impresa di Libia, e non l'impresa soltanto, in se stessa, ma ed anche,. in via subordinata, il modo come· era stata iniziata e con– dotta· in. ciascuna sua fase,. dall'llllimatum alla Tur– chi.a, di non lieta memoria, alla soppressione tempo– ranea del Parlamento nei primi mesi della guerra, al decreto di sovranità che la spingeva all'estremo e all'irrevocabile, e poi via via alle conseguenze e ai provvedimenti -finanziarii e così di seguito; !'on. Gio– litti, con una di quelle grandi scmplicizzazioni così care alla sua mentalità, riducendo tutte le questioni ad una. sola, alla principale, e sfuggendo alle molte– plici subordinate, rispondeva nelle ultime sedute della XXIII legislatura a un dipresso con queste parole: cc Va bene; voi sostenete insomma che si deve abban– donare la Libia. Accettiamo la sfida; su di essa, fra voi e noi, pronuncerà il suo giudizio il paese)). Così furono indetti i comizi i.. Il paese avrebbe giu– dicato. Tutte !'altre questioni passarono in seconda linea, o addirittura sparirono·. Perciò la relazione al Re dell'on. Giolitti era la negazione cli ogni program- · ma concreto. Tantochè potè essere magnifi'camente rappresentata dalla caricatura del nostro Scalarini nell'Avanti!, sotto forma di un bel quadro- tutto bianco ed immacolato, simbolo del vuoto perfetto. (lnter- 1·u=ioni). FEDERZONI. Ha insultato gli "ufficiali morti per la patria! TURATI. Quella relazione sciorinava bensì, retro– spettivam~nte, l'i1wenlario cli tutti i progressi del paese, convertili in altrettanti meriti der Ministero. L'on. Giolitti ascriveva a proprio vanto, forse con un po-' di jattanza, perfino la fecondità delle nostre donne (Si ride all'Estrema Sinistra); ma sulle que– stioni scottanti che interessavano il domani, mante– neva il silenzio più sepolcrale. Anéhe la guerra, la guerra per la quale si era sciolta la Camera, non era più che un ricordo, un glorioso ricordQ finchè vi.pia– ce; senza conseguenze cli sorta, neppure contabili; la guefra·, in quel documento, tutti avete avuto questa · impressione, non ci costava un baiocco, era stata com– battuta grati.s, coi denari evidentemente di uno zio d'America, dal momento che non si rifiniva di van– tare come non ci avesse costretto nè a fare dei de– biti, nè a prendere denaro a prestito all'estero, nè a scogitare nuove imposte, nè a rallentare comunque i lavori pubblici e gli altri servizi civili, che anzi, malgrado la conquista, gli avànzi di bilancio cresce– Yano, come nel regno cli Golconda. Non era insomma più vera la sentenza, che si attribuisce a Federico il grande, che per la guerra tre cose sono necessarie: denaro, denaro, denaro. La genialità italiana giungeva ancora a questo: conquistare un nuovo continente e non spendere un soldo. Dunque non l'ombra cli un programma: la Libia era tutto il programma. Ora voi ricordate certamente che noi, turchi d'Italia, come ci chiamavano una rnlt,a (oggi, per dir vero, si è smesso cli qualificarci così), avevamo sull'impresa cli Libia mollo nettamente dichiarato il nostro dissenso; il più nettamente e fortemente che per noi si potesse. Era stato per noi un momento molto difficile della vita nostra cli •partito, un momento, debbo soggiungere, mollo doloroso. Allorquando, così inopinatamente, almeno per chi non era addentro nelle segrete cose, la guerra venne dichiarata, per noi socialisti italiani (socialisti, ripeto, e italiani, e sono due sostantivi e di uguale valore per noi) prendere• posizione decisa, era cosa estremamente delicata e penosa. Tacere e assumere così la solidarietà con un'iniziativa che stimavamo disastrosa, sarebbe stato vile; insorgere, in quel mo– mento, poteva apparire fellonia. Ci fu poi rimpro– verato ironicamente il nostro contegno come equi– voco. Se avessimo allora eccitato alla rivolta, ci aueb– bero dichiarato cento volte traditori della Patria (CÒm– menli), traditori di fronte al nemico; del non aver gridato in quell'ora il « via dall'Africa! » per le piazze d'Italia ci si fece taccia cli opportunismo, si tentò di cavarne una presunzione cli tacito e larvato consenso ... MONTI-GUARNIERI. :f: naturale! TURATI. Lo so. Non si deve mai pretendere dagli· avversari nessun· se~so di equanimità. Una voce a destra. Non abbiate rimorsi. TURATI. Non ne abbiamo affatto. Certo è che, nei limiti e modi che l'essere italiani ci consentiva e ci imponeva, noi negammo all'impresa, allora e poi, ogni solidarietà, molto nettamente. Il Paese, dunque, alla fine fu interrogato. Fu in– terrogato essenzialmente su questo, giusta la fiera pa– rola dell'on. Giolitti. Come ha risposto il- Paese. Il Paese ha risposto. Ha risposto', dopo la nostra campagna elettorale, proseguita per un mese in tutti i collegi d'Italia, chiara, precisa, senza mezzi ter– mini, senza sordine. E ha· risposto· (ripete, non vo– glio fare gonfiature che sarebbero di pessimo gusto) ha risposto rimandandoci, qui· semplicemente raddop– piati. Non dirò che siete stati sconfitti; sebbene 'le sconfitte siano spesso mòlto utili anch'esse, ·e ci in– segnino molte cose, che, apprese e riconoi:;ciule a tempo, salvano dal p_eggio. Ma, insomma,' non avete vinto. In questo metto pegno che almeno consenti– rete. Per concludere che non avete vinto, non occorreva - nevvero? - che noi fossimo ad un tratto diveputi - la maggioranza. In qual caso è mai accaduto che l'op– posizione tornasse alla Camera in maggioranza, e c0- me potrebbe ciò accadere mai in Italia, dove è sem– pre il Ministero che, come suona la frase consacrala, « fa le elezioni )J? Ri-corderete (!'on. Giolitti deve rico.rclarlo meglio di chiunque) quando· si fece la battaglia dell'ostru– 'zionismo, la battaglia memorabile contro le leggi scellerate. Anche allora fu sciolta la Camera, e allora noi tornammo qui pochi più che non ne fossimo uscitt. Eppure a tutti fu chiaro il verdetto del Paese. Cadde allora !'on. Pelloux, e con esso la reazione politica fu travolta per sempre, e forse fu ~alvata la monarchia;-e allora sorse, o risorse, !'on. Giolitti. Sis– signori, !'on. Giolitti è sorto o risorto anche lui, in quell'occasione, da·! canto intonato alla Camera del– l'inno dei lavoratori. (Si rie/e). Ricorda, on. Giolitti, quando proprio con quel canto s'è inaugurato que– st'aula? (Si ride).

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