Critica Sociale XXIII - n.20-21 - 16 ott.-15 nov. 1913
f CRITICASOCIALE 329 strazione e nell'industria ed anche enormemente es~so, 1!1a,restando gli operai manuali troppo inin– telhgenh per apprezzarlo, esso si risolverebbe sem– pre m in favore e nell'immediato esclusivo interesse . ?ella classe dei capitalisti. Possiamo concepire che, m qu~~te condizioni, ogni effettiva energia economica e politica possa essere tolta alla classe dei lavoratori manual~;_che ogni giovane, il_quale dimo$tri 'qual: che abilità, possa essere Iusmgato a servire agli stipendi dei capitalisti; che, con astuta speculazione sulle dive·rsità di religione, di razza e di sesso, i salariati possano essere così divisi, da rendere im- . praticabile ogni loro azione comune, e da non per– mettere al lo-ro senso di classe di ·elevarsi o,ltre un sentimento di imp'otente rancore e di disperazione. In un proletariato così eterogeneo, le organizzazioni settarie, che vi sorgerebbero, e i loro pugnaci leaders di rivolta, non potrebbero far altro che sfruttare quest6 rancore e questa disperazione per sempre futili spasimi di insurrezionismo, largamente diretti contro i funzionari e i Comitati direttivi delle stesse organizzazioni proletarie! Nello stesso tempo, colla crescente divisione del lavoro, coll'applicazione universale. delle macchine automatiche, e coli'« organizzazione scientifica» del lavoro, di recente importazione americana, la « for– za-lavoro » industriale diventerebbe sempre più quel– la di un automa bruto, privo di iniziativa e destituito di ogni senso di umana dignità, che non reclame– rebbe se non maggior quantità di pane e di birra! È, del resto, un'illusione supporre che il progresso. delle cognizioni, il cresciuto potere sulla natura; l'au– mentata capacità nell'organizzazione degli uomini debbano necessariamente promuovere .il progresso . della comunità o della razza, o anche portare ad un incremento dei salari. II risultato di tutte le no– stre forze intellettuali dipende dall'uso che ne fac– ciamo. Se i lavoratori manuali restano incapaci di acquistare coteste forze intellettuali o di servirsene, e se la classe dei capitalisti continua ad essere go– vernata dal personale interesse e dal desiderio di ricchezza, non. c'è ragione perchè i 2/3 della popo– lazione, che costituiscono la classe dei salariati, traggano un vantaggio· apprezzabile anche dai mag– giori trionfi della scienza. La persistenza e-anzi l'intensificazione di un capi– talismo scientifico nei mezzi e materialista nei fini tenderebbe a sviluppare nelle relazioni internazio– nali delle grandi potenz,e un « impemalismo bismar– ckiano » senza scrupoli, con conseguente aumento de&li armamenti e con spaventevoli guerre perio– diche, che renderebbero sempre più dominante Io spirito militarista. In questo fosco quadro manca ancora il tratto più grave: la rapida diminuzione della natalità che si osserva, nelle razze· «'superiori», in tutti gli strati della popolazione, ad eccezione di quelli più bassi. C01Ia scarsità cosi creata, in particolari distretti, in particolari sezioni del mercato del lavoro, o in par– ticolari strati sociali, è aperta la porta alle razze · o clas~i meno econome, meno intelligenti, meno pre– videnti - agli operai inqualificati delle grandi città, alle razze dell'Europa orientale o meridionale (!), ai negri, ai cinesi· - col risultato probahile di avere così, come già ora in alcune parti degli Stati Uniti, una popolazione così eterogenea, da rendere sempre meno possibile ogni self-government democratico o anche l'effettiva applicazione della politica di un mi- .'nim0 nazionale di vita civile. Se qualcosa di simile dovesse accadere, non sarebbe possibile evitare la malinconica conclusione che, in qualche cataclisma .che non possiamo prevedere, la civiltà caratteristica · .·,ddle razze europee occidentali seguirà la stessa parabola percorsa dalla mezza dozz,ina di civiltà che ci hanno preceduto nell'epoca storica; le- succederà un. nuovo ordine sociale sviluppato da una o l'allra delle razze di colore, i negri, i cafri, o i cinesi! Tutto questo può essere per noi nel grembo del tempo, se i pessimisti han ragione di credere che il socialismo è impossibile. Il loro pessimismo è, però, secondo i Webb, basato su punti di vista storici ed economici errati, sull'ignoranza del potere della organizzazione sociale e su una affatto erronea va– lutazione della capacità intellettuale, delle qualità morali e della risolutezza della massa del « popolo ». È vero che la maggioranza degli uomini non ha nessuna idea, nè pessimista nè ottimista, sui mu– tamenti che stanno maturando. Molti prendono sem– plicemente come dato lo status quo e sono onesla– ménte incapaci cli immaginare che possa verificarsi qualcosa di sensibilmente diverso da ciò cui essi so– no abituati. Ma questa è proprio la più grande di tutte le illusioni. Che l'ordine sociale attuale sia h\Wno· o c~ttivo, quel che è _cert? . è c;he esso non perdurerà malterato. La storia c1 msegna ben più ciel fatto del movimento: essa ci informa della na– tuyiè\dei cambiamenti in mezzo ai quali viviamo e ci'. dà, anche, alcune indicazioni circa ·Ja direzione del movimento, che si va svolgendo. . È la storia, sono gli ·insegnamenti della scienw ec-onomica e politica che rendono il socialista fidu– cioso nel futuro e gli clànno un'idea ottimista d_el progpesso che deve verificarsi nel corso delle gene– razioni che verranno. Il confronto, tra le condizioni del principio del secolo XIX e quelle presenti, ci di– mostra che la comunità, complessivamente .conside– rata, è, oggidì, ad un. più_ alto livello. In In~hjl– terra, una parte ben più piccola della popolaz10ne che i;i.onnel 1813 è abitualmente sotto la « linea <ili povertà »; meritre coloro tra i salariati che hanno «margini» utili, per un miglior sostentamento. e per giorni di vacanza, per le spese della organi,;z::i– zione tradunionista, o per la azione politica indi– pendente, sono enormemente cresciuti in nume.ro relativo e nei mezzi. L'intera popolazione, per opera dell'istruzione elementare generalizzata, ha conqui– stato l'accesso ad un minimo di scienza economi.ca e politica, come pure a quello strumento poten– tissimo di risveglio intellettuale, .che è la stampa periodica. Lo stesso lavoro si è in più larga mi– sura intellettualizzato; una parte sempre minore ciel' lavoro è la fatica dura e brutalizzante del passato, più da bruti che eia uomini; mentre una sempre crescente proporzione è quella dell'assistenza alla macchina; in certo modo compatibile con la civiltù e colla qualità di cittadino. In conseguenza di que– sti cambiamenti, la classe dei salariati, alta e bassa, ha, progredito forse più in educazione e in moralità che non nei guadagni mate·riali, e sono i modi e la moralità che rendono il progresso possibile. A .tale proposito è importante rilevare che un enorme e sempre maggiore proporzione d,el proletariato è trasformata. Da un lato, è scemata relativamente la sezione del lavoro inqualificato; dall'altra è• sorta una nuova sezione: la vasta armata degli stipendiati assistenti e dirigenti, lavoratori del cervello anz.ichè delle braccia, « professionisti minori» - maestri, impiegati, disegnatori, capi operai, assistenti - per la maggior parte usciti dalla classe operaia e costi– tuenti la base delle professioni intellettuali, che conta ora forse un terzo di tutto il proletariato manuale .. Il proletariato così trasformato si trova, oggidì, in condizioni economiche e politiche ancora insod– disfacenti, che però, salvo per una infelice mino– ranza, rappresentano un notevole progresso rispetto alle condizioni del proletariato ciel principio ciel se– colo XIX: Diminuite le ore di lavoro; allungata la vita media; ridotta Ja mortalità e la prematura in-
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