Critica Sociale XXIII - n.20-21 - 16 ott.-15 nov. 1913
CRITICA SOCIALE 327 nuità ed efficacia dell'impresa; il secondo sconsigliava, come attristante l'animo puerile, la preoccupazione economica dell'avvenire. Alcuni socialisti poi (ricor– do al ,proposito una polemichetta cla,lempo sostenuta eia me nel1'1tva11ti!) vedevano.in questa edticazione alla parsimonia un'attenuazione dello spirito cli conquista, che si desidera coltivare (è così difficile?) nel proleta– riato. Credo che sia rel.ativamenl.e .agevole e salda la con– futazione cli queste. obiezioni. Il risparmio non è in sè un Sedativo dell'istinto, tHìliss·imo, di migliorare la nostra condizione cli vita: arizi ne è alimento effi– cace. Chi meno possiede, chi non possiede nulla, per– de la speranza lontana, anzi. l'attitudine a concepire qualsiasi agevolezzn di vita; ora è ben noto che sono proprio i ceti men miseri,· tra i poveri, a volere, con maggior fermezza e combattivilil, che le proprie sorti siano migliorate. D'altro canto era vero che il « gruz– zoletto», cui tendevano le Casse di risparmio postali, mentre non si poteva sperare giungesse ad un signi– ficante ammontare, rappresentava quella forma inerte e•« statica», pochissimo sf·mpatica, clell::i .ricchezza:· che tutti noi siarrJo concordi nèl non desiderare si:Ì ad– ditata ai bambini, come il presidio economico della esistenza umana. La forma dell'associazione di previdenza dà un aspetto più moderno, più sociale al,risparmio; lo co– stituisce in attività dinamica e prepara il popolo, dan– nosamente imprevidente, a pensare al poi: ·sia che questo poi se lo debba assicurare da sè o debba vo– lerselo assicurato dalla società. Intanto l'utile tangi– bile del sussidio persuade le ritrose famiglie ad ag– giungere la mira lontana al -vantaggio immediato. Quanto agli scrupoli pedagogici, io non so quale maggiore tristezza possa offuscare la serenitil infan– tile, dei lamenti quotidiani, che odono nelle loro case, e che riempiono i loro compitucci, sino a mutarsi nella fras•~ falla - e per fortuna innocua - dei « genitori che fanno tanti sacrifici per me >>. Ad ogni mQdo si può ·rispondere con un'altra frase fatta: che la °l'ila della infanzia è anche l'infanzia delia vita; e nulla; che sia proprio di questa, deve stimarsi estraneo ad essa. È vera piuttosto l'osservazione, che, essendo cli solito i due soldini pagati dalle famigl\e, c·ome edu– cazione individuale la cosa può giovar poco: ma al– lora nuoce anche meno, non procurando ai bambini nessun sacrificio. E inoltre ai pedagogisti, i quali si accontentano spesso di possibilità teoretiche, non do– vrebbe parere piccolo pregio il valore della mutualità del, SQCCRrsp,:, « tut,t,i,,p,er. u,no,. ur(), per tutti», come dice il motto èhe campeggia negli emblemi della so– cietà: motto a cui, per veriu\, fo credo con qualche tiepidezza. L'utilità della istituzione, dal punto di· vista socia– lista, a me pare piuttosto consista, come dicevo in principio, nella preparazione psicologica che si viene facendo nelle generazioni çhe sorgono, col destare in esse la conoscenza, e quindi il desiderio, l'interesse, il volere, della assicurazione di vecchiaia. Tale diffu~o stato d'animo mi sembra il precedente necessario di una certa ed efficace attuazione del grande provvedi– mento; precisamente come il vago sentimento di egua: glianza civile fu il substrato d'ogni. agitazione politica e delle conquiste costituzionali. Se, fra diecj ann·i, i due milioni di alunni delle scuole d'oggi fosserQ tanti ex-mutualisti, che sapessero quel che vuol .dire. la pensione operaia, e vi avessero fissa la mente, e cono– scessero l'insufficienza çlei provvedimenti e degli isti– tuti a ciò disposti, non ci sarebbe bisogno delle si– gnorili audacie d'un /eoder· politico, amareggiato dal– l'insuccesso, nè delle faticose suggestion_i dei program– mi democratici, per rendere fatale l'assoh-imento ùi questo dovere della società. Non è poi da trascurare un altro vantaggio, che può scaturire da queste istituzioni, le quali, rampollando dalla souola, seguono gli alunni nella loro esistenza; ed è che per essi la scuola si può meglio riallacciare alla vita, penetrarvi, diventarne un fattore attivo e formativo. La chiesa, dal battesimo al viatico, non ab– bandona mai il fedele: e le scuole debbono essere le nostre chiese. ENRICO CARRARA. ,i1 · NEICIELI DELLA rrEORIA , ·,,CH·E COS' ·:e· IL SOCIALISMO ? 8° Gli avvei•sal'i llel socialismo: Lo " Stato distributivo "; Il Sindacalismo e l' .Ana·l'chia. Negli ultimi articoli i Webb ribattono aie.une obbiezioni al socialismo. Anzi-tutto, la fiaba della "fotura servitù n, per cui tutti saranno costretti per legge a lavorare a profitto di tma minOT-anza, sia -pure godendo di u:o.a sicurezza che il vecchio capitalismo non sa– peva dar loro. La legge sull'istruzione elemen– tare, sulle varie assicurazioni obbligatorie, sui salarì minimi dei minatori, sarebbero le prime tappe di questo passag-g-io alla servitù socialista. ·Non riesce davvero difficile ai Webb dimostrare come tutte queste leggi, al contrario, accrescano la libertà degli operai che vi sono soggetti, e come quelle, che 8i riferiscono all'esercizio della industria, segnino il graduale trapasso dall'auto– crazia dell'imprenditore capitalista alla giurisdi– zione democratica della comunità. Il crescere degli obblighi individuali è inevitabi_le, ed è anche con•lizione di libertà, in ogni comunità a densa popolazione; il socialismo non ci entra se non in quanto insiste sul dovere dello Stato, quando im– pone degli obblighi, di porre anche ogni citta– dino in condizione da poterli onorevolmente as- solvere. . C'è anche chi sogna il ritorno a un regime di " piccola; gente ,., - agricoltori, proprietari, arti– giani - alla produzione individuale, alla gilda medievale idealizzata. E in questi ultimi anni assistiamo, nelle classi artigiane e nel mondo degli intellettuali, in Francia come in Inghìlterra, a una rinascenza di questa aspirazione verso una restaurazione medievale in pieno secolo XX. Al " capitalismo • , " radicalismo n , " socialismo ,, , viene contrapposto lo " Stato distributivo ,, o " Stato associativo "; una comunità nella quale, in modo non ben definito, il controllo del capita– lista sarebbe sostituito da una così universale di– stribuzione della proprietà della terra e del capi– tale industriale, che, in una :forma o nell'altra, i lavoratori manuali diventerebbero proprietari, anzichè, od ·oltrechè, salariati. Tutto ciò non cerca sostegno in dati sperimentali o nella storia industriale moderna. ma si. inspira sovratutto alla diffidenza e avver-sione contro tutte le odierne forme. ili demo~ra2iia. Non basta, si dice, il di-
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