Critica Sociale - XXIII - n. 19 - 1-15 ottobre 1913

CRITICA SOCIALE 299 avviene. tan,lo spesso, era coi meno, e per essi, deve credersi, sarà l'avvenire. * ** Porre una questione ne-i veri suoi termini è la condizio!1e prima e più importante per agev~larne I~. solu!-1o_ne_.E dov_rebb'e~sere ambizione dei par– l1!1 sociahst1- europei - d1 fronte all'oft'ere sempre più insopportabile degli armamenti - di abbando– nar? .te 1:redicazioni astratt~ e·senti~ent.ali, e .le op– J)OS\Z!om purai:nenL~ negative e qmnch fatalmente stenh; per avviare ,il 'problema alla sua vera solu– ~i01~erazionale e radicale, che è quell;i che abbiamo mrheata. Il motto d'ordine dell'antimilitarismo socialista sia dunque: la Costituente europea per l'Unione poli– tica di t.ulli gli Stati d'E11ropa. MARIO Gov1. v. La scuola 1•u1·ale. L'istruzione del popolo è senza dubbio una conqui– sta del proletariato. Prima della Rivoluzione fra,ncese, la cultura era un privilegio della nobiltà e del clero, privilegio, invero, ampiamente intaccato dalla borghesia. E negli stessi « diritti dell'uomo», l'istruzione appare come un ter– mine vago, come una richiesta indefinita, non fra le urgenti e le impellenti. Certo che le prime maestranze ·industriali furono n~la grande maggioranza composte di analfabeti. E quando Jules Ferry, il grande creatore della scuola elementare moderna e laica, proclamò, dalla tribuna parlamentare. francese, la necessità di togliere ai re– ligiosi l'istr-uzione primaria e di renderla nazionale ed obbligatoria, perchè tutti i figli del popolo doves– sero frequentarla, aggiungendo ohe sarebbe stato questo il monumento aue perennius della democrazia repubblicana, molt.issimi applaudirono, molti ap-pro– varono, ma pochi hanno penetralo l'altissimo pen- siero del legislatore. . II proletariato l'ha più tardi compreso a spese della propria esperienza. Quando ha visto che l'abbaco, il sillabario, il disegno, la geqmetria si risolvevano poi in paglié' superiori, in orari meno gravosi, in libertà di movimenti, allon non solo ha approfittato di quel tanto di istruzione che i Comuni gli apprestavano, ma ha picchiato all'uscio coi sassi, e ha preteso insegnamenti più completi, scuole serali, scuole d'arli e mestieri, istituzioni integratrici della scuola. L'ultima siua conquista in Italia fu la legge Orlando, che, integrata poi con quella Daneo-Credaro, forma un corpo di legislazione arditamente democratico. Sarebbe utile, senza dubbio, stabilire sino a qual punto la « gloriosa impresa » ha costrette queste leggi . allo stato potenziale. Il nervosismo, da cui erano pervasi i maestri dell'Unione Magistrale nell'ultimo ~oro Congresso, è la più convincente •prova, che gli msegnanti, per i primi, sono convinti che, per anni molti, difficilmente_ si potrà parlare di miglioramenti i,erii per la scuola e per chi della scuola vi~e. " ** Sarebbe però negare l'evjdenza affermare che, in questo ultimo periodo della vita italiana, la scuola elementare non abbia fatto passi da gigante. II nu– mero delle scuole, che il 1° gennaio 1900 era di 53.259 in soli otto anni è salito a ben 63.618. ' · Numerosissimi i Patronati scolastici, i Ricreatorii i Dopo-scuola, le Bibliotechine circolanti, le Soool; serali e quelle di arti e mestieri. Ma anche qui la campagna è la grande Cenerentola, e la scuola elementare trionfa e trionfa solo nei centri urbani. II prof. Camillo Corradini - il valente direttore dei servizi dell'istruzione primaria e popolare - in più occasioni ha çleploralo la disuguale influenza eser– . citata dalla attuale legislazione scolastica. « Se si paragona - egli scrive nella sua <e /s/ru:::ione pr1111f1rwe popolare ~n //alia n - la media generale (cieli a11;alfabetismo) ~1 48,5 con quella di 68,8, quale er?, ali atto del censimento del 1872, si potrebbe a primo aspetto ritenere che un progresso, e, se si vuole, anche abbastanza confortante si sia finora ot– te nuto . Ma, effettivamente, trattando~i di una percen- ' t ~p.le .'cosL elevata, quale è il 68,8 per cento, non può g 111d 1<?ars1 .troppo grande la riduzione del 20 %- E s1 agg-mnga che tale riduzione ha un valore -piut– tost_o t~or1co che reale; po-ichè la maggior parte delle reg10n1. del Regno resta ancora al disotto della per– centuale generale, che per la Calabria è ancora del 78 per cento. Eppure queste considerazioni non dànno ancora una adeguata notizia della profondità del male. Infatti è noto che, nei maggiori centri, e specialmente nei ca– poluoghi di pro_vincia,.i.! numero degli analfabeti, per molte favorevoli cond1z10111, è molto minore che non nei centri pjù piccoli, nei Comuni rurali e nelle bor– gat~ dell_a stessa I?rovincia. Cosi, per esempio, nel Laz10, g\1 analfabetl sarebbero 43,8 %, ma, se togliamo Roma, s1 sale ad oltre 51 %- Nella provincia di Napoli s! hanno le percentuali del 54 e 59 % a seconda che si_contemrla o si esclude la città di Napoli; e così per Firenze, nspettivamenle il 45,6 od il 50 % ». Carlo Zanzi, nel suo « Ordinamento della Scuola Popolare /la.liana ii, rileva poi il fenomeno doloroso della recidività dell'analfabetismo, fenomeno che ha la sua ragione d'essere nel poco che si insegna nelle prime tre classi elementari. La legge 15_ luglio 1877 ·porta dall'età di 9 a· quella dii 12 anni l'obbligo d~lla frequenza alla scuola, ma questo obbligo vige per i Comuni che hanno il corso superiore obbligatorio, e non per gli altri che sono i più e sono rurali. L'operaio, inoltre, ha mille mezzi e mille occasioni per aumentare le sue cognizioni, nelle scuole serali, n~lle scuole professionali, coi _giornali, coi libri che ha a facile portata di mano. Invece il contadino, ob– bligato ad un esagerato lavoro nella stagione buona, a una vita isolata nell'inverno, disimpara presto anche il poco che ha imparato. E poi, sempre per il fatto che le istituzioni si creano e funzionano per quelle classi o categorie che sanno far valere meglio i pro– prii bisogni, noi vediamo che, ariche in centri emi– nentemente agricoli, i ceti medii borghesi degli affit– tavoli arricchiti, dei medii proprietarii, degli arti– giani, degli esercenti, hanno dato impulso alla scuola esclusivamente a proprio vantaggio. Dalla Statistica dell'Istruzione primaria raccolgo dei dati interessantissimi. Bevagna,· in provincia di Perugia, ha il Ginnasio comunale e non ha la sesta: Bobbio (Pavia) ha Ginnasio .e Scuola Normale e non la sesta; Trevi (Perugia) Ginnasio e Scuola Tecnica e non la sesta·: Melfi (Potenza) Scuole Medie e non la sesta femminile: Carcare (Genova) Ginnasio pareg– giato e non quinta e sesta: Palmi Scuole Medie e non quinta e sesta; S. Arcangelo di Romagna Scuola Tee-

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